Adriano Panatta, intervistato dal Sole24Ore, ha scelto di parlare del tennis di oggi e lo ha fatto con il suo stile netto, ironico, tagliente. Si comincia da Jannik Sinner, ovviamente. “Ha subito un’ingiustizia assoluta”, dice Panatta, riferendosi al caso Clostebol. “Ha dato l’impressione di sopportarla bene, ma sono convinto che si sia allenato più di prima. Qualche problema all’inizio potrà averlo, ma c’è un grandissimo divario tra lui e gli altri”. Quanto alla prudenza mostrata da Jannik nel dire che non ha grandi aspettative per Roma, Panatta lo “liquida” così: “È solo modestia. Non fa parte del suo carattere dire ‘voglio vincere subito’, ma la verità è che nessuno ha approfittato della sua assenza. Né Alcaraz né Zverev hanno brillato”. E proprio su Alcaraz arriva la prima stoccata: “Non ha la costanza e il rendimento omogeneo di Sinner. Quando gioca al 100% è difficilissimo batterlo, anche per Jannik. Ha più soluzioni di gioco, ma Sinner è talmente perfetto in quello che fa che per batterlo Carlos deve andare oltre il normale”.

Panatta sa che il tennis italiano si regge oggi su una figura centrale: “Serve un campione. Uno riconoscibile, anche fisicamente. I bambini vedono Sinner, vedono uno educato, perbene, numero uno al mondo, e vogliono emularlo. Come succedeva ai tempi di Tomba con lo sci”. Ma per costruire un grande campione ci vuole anche e soprattutto un grande team. E, infatti, sul tema allenatori, non ha dubbi: “Vagnozzi è equilibrato, preparato, e ha un buon rapporto con lui. Non serve per forza un nome altisonante. E la scelta di lasciare Piatti nel 2022 è stata la conferma che Sinner è un super professionista. Io non so se ce l’avrei fatta, a lasciare chi mi aveva cresciuto”. Ma è fuori dal campo che Panatta individua la vera forza di Jannik: “Vince, dice la verità, anche quando prende decisioni impopolari. Non è andato alle Olimpiadi, non è andato da Mattarella, ma la gente lo adora lo stesso. Perché percepisce la sua onestà. Pensa solo a migliorarsi e alla sua carriera. Punto e a capo”.

Poi c’è Lorenzo Musetti: “È già un campione, è stato nei primi dieci. Diverso da Jannik: ha una compagna, un figlio, questo lo ha stabilizzato. Ha detto di voler vincere Roma? Non è presunzione, è mentalità da top ten. Deve solo smettere con certe imprecazioni inutili. Ma è un ragazzo intelligente, ci riuscirà”. E sul rovescio a una mano: “Federer ha giocato tutta la carriera così. Certo, Federer era Federer. Ma quello di Musetti non è da meno”. Spazio anche ai giovani: “Cobolli è bravo, un po’ estemporaneo. Cinà l’ho visto solo un set, è una creatura. Diamogli tempo”. E poi Jasmine Paolini: “È la più intelligente del circuito. Fa ragionare le valchirie che tirano forte, e quando le fa ragionare, loro non capiscono più niente”. Panatta non risparmia neanche le riforme del tennis moderno: “Finché esiste il Grande Slam, esiste il tennis. Il vero tennis è tre su cinque. La nuova Davis? Il doppio conta troppo. Una volta valeva il 20%, ora il 33%. È sbilanciata”. E chissà se un giorno il tennis riavrà un Panatta. Lui ci spera. “Mio nipote Adriano ha 13 anni e vive per il tennis. Vedremo”.