Novak Djokovic non è uno che lascia cadere le cose per caso. Alla vigilia del Masters 1000 di Madrid, con tutti gli occhi puntati sul futuro del tennis mondiale, il serbo prende la parola e si toglie qualche sassolino dalla scarpa. Lo fa difendendo Carlos Alcaraz, il ragazzo terribile di Murcia, il “fenomeno” che, per qualcuno, non sta più mantenendo le promesse dopo un avvio di stagione segnato da alti e bassi. E lo fa con una dichiarazione che suona come una lezione per la stampa, per i tifosi spagnoli, ma anche come un messaggio in codice a Jannik Sinner e al pubblico italiano che sogna già il nuovo padrone. “No, non capisco le critiche ad Alcaraz”, taglia corto Djokovic intervistato da Eurosport Spagna, in un passaggio che sembra scritto per fermare la giostra della retorica. “L’atmosfera e la tradizione del tennis in questo paese sono altissime. Le aspettative sono enormi dopo Nadal, Moya, Ferrero, ma stiamo parlando di un ragazzo che a 21 anni ha già vinto quattro Slam. Quanti altri possono dire lo stesso? Cosa volete di più? È incredibile quello che ha già fatto”.

Djokovic sa come mettere in fila i numeri che fanno male a chi cerca sempre il prossimo predestinato: 24 vittorie, 5 sconfitte nel 2025, due titoli, Rotterdam e Montecarlo, la finale a Barcellona, la semifinale a Indian Wells, quarti a Melbourne e Doha. Ma per qualcuno, sembra quasi il minimo sindacale. “Capisco che in Spagna ci si aspetti sempre Nadal, ma quello che ha fatto Carlos è già nella storia. E ve lo dico io, che in carriera ho visto passare intere generazioni”. Non c’è solo difesa, c’è anche il gusto della stoccata. “Carlos ha fatto qualcosa che nessuno ha mai fatto nella storia del tennis a quest’età. Le probabilità sono tutte dalla sua parte: sono convinto che completerà lo Slam molto presto”. Djokovic riconosce la fame di vittorie, la mentalità spietata, il bisogno di scrivere pagine nuove. “Lui stesso ha detto che vuole essere ‘il migliore della storia’. Rispetto questa ambizione, rispetto il desiderio di andare oltre, ma forse è ancora presto per parlare di storia”.

Dietro la difesa di Alcaraz, c’è il monito alla generazione che sta bussando alla porta: non basta qualche mese da numero uno per poter dire di essere al vertice, serve reggere la pressione, la costanza, il fuoco sacro. E qui la freccia, indirettamente, arriva anche a Sinner, che tutti danno già per nuovo dominatore e che Djokovic studia da vicino. “Stiamo vivendo un’epoca in cui tutto è accelerato: ogni sconfitta pesa come un crollo, ogni vittoria come una rivoluzione. Ma il tennis, quello vero, è una maratona. E Carlos, come Jannik, dovrà dimostrare di saperci stare a lungo”. Il tabellone di Madrid li mette dalla stessa parte: Djokovic e Alcaraz potrebbero incrociarsi in semifinale, riedizione di sfide che hanno già cambiato la narrativa del tennis contemporaneo. Sinner osserva, ma è chiaro che nessuno, per ora, ha intenzione di fare sconti. “Le rivalità si costruiscono con i fatti, non con le aspettative”, sembra suggerire il serbo, che con il suo solito sorriso sarcastico chiude ogni polemica e rimette tutto in discussione. Intanto, Madrid si prepara allo spettacolo. E Djokovic, che di questi giochi di potere è il direttore d’orchestra, lancia il suo messaggio: “Lasciate stare le critiche, fate parlare il campo. La storia non si scrive con le chiacchiere”.