Carlos Alcaraz sfila a Madrid accanto a Rafael Nadal, sorride ai fotografi, stringe mani, si gode i riflettori della cerimonia dei Laureus Awards come se nulla fosse. Ma dietro l’eleganza da gala resta il retrogusto amaro della sconfitta con Holger Rune a Barcellona e soprattutto un muscolo che tira, scricchiola, avvisa. L’adduttore della gamba destra, per la precisione. E se il red carpet racconta l’immagine di un ragazzo che si gode il proprio status, la realtà è che Alcaraz si sta giocando le prossime settimane col cronometro in mano, in bilico tra il desiderio di esserci e la paura di saltare il torneo di casa. È successo tutto troppo in fretta. Domenica perde la finale dell’Open di Barcellona, e non è solo Rune a metterlo alle corde. Già nel secondo set, Alcaraz avverte un irrigidimento preoccupante. “All’inizio del secondo set, tutto era molto intenso e sentivo che il muscolo adduttore della gamba destra era molto contratto”, ha spiegato dopo il match. Tradotto: crampi, dolore e quel senso di instabilità che nel tennis, soprattutto a questi livelli, non si può ignorare.

Il problema non è solo tecnico, è anche strategico. La stampa spagnola parla di esami in arrivo, si sussurra di una risonanza per valutare il danno e capire se sia il caso di fermarsi subito o di rischiare. Perché la stagione corre, i titoli da difendere sono tanti, Roland Garros su tutti, e Alcaraz non può permettersi passi falsi. Eppure, Madrid è Madrid. Il Masters casalingo, l’abbraccio del pubblico, gli occhi puntati su di lui. Fermarsi significherebbe rinunciare a un simbolo. Giocare, forse, significherebbe fare un errore più grande. “Avremo due giorni di riposo, che avrei avuto comunque se non mi fossi fatto male”, ha detto Alcaraz con un tono che prova a rassicurare, ma non dissolve l’incertezza. “Parlerò con la mia squadra, faremo dei test, ma sono fiducioso che non mi influenzerà a Madrid”. La verità è che domenica, contro Rune, ha stretto i denti: “Ho faticato a continuare e a mantenere un buon livello. Sono state due settimane di gioco ininterrotto, ed è stata una vera sfida. Oggi non è stato possibile, ma ho dato tutto quello che avevo. Non so se avrei potuto spingermi oltre”.

E ora? Ora tutto è una questione di tempo. Letteralmente. Il sorteggio gli dà un piccolo vantaggio: la sua metà di tabellone non comincerà prima di sabato, mentre la parte alta (dove c’è Djokovic) parte venerdì. Tradotto: 24 ore in più per decidere. Alcaraz aspetta i referti, si confronta con il team, e intanto studia il calendario. Se dovesse saltare Madrid, la prossima tappa sarebbe Roma. Ma anche lì non si può arrivare zoppicando. Intanto la trama si complica. Il tabellone di Madrid ha messo Alcaraz e Djokovic dalla stessa parte: semifinale ipotetica tra il numero 2 e il numero 4 del seeding. Un déjà vu carico di aspettative. I due non si affrontano dal Roland Garros 2023, quando Carlitos crollò sotto il peso dei crampi. Ma la memoria dei tifosi spagnoli va soprattutto al 2022: semifinale a Madrid, vittoria di Alcaraz in tre set, esplosione definitiva di un predestinato che lì conquistava il primo dei suoi due titoli consecutivi sul cemento spagnolo. Ora però il copione è meno scontato. Le immagini della passerella ai Laureus fanno da contrappunto alla tensione crescente. Sorrisi con Nadal, abbracci, applausi. Ma sotto lo smoking resta un dubbio pesante. Vale la pena rischiare? E quanto conta, davvero, per un ventunenne già proiettato verso Parigi e Wimbledon, il dover dimostrare a casa propria che è ancora il re? Alcaraz lo sa bene: Madrid lo ama, ma non può permettersi di barattare il lungo periodo con una partita di troppo.