Sembrava tutto perfetto. Il sorriso di Montecarlo, il trofeo alzato davanti a un pubblico in visibilio, il dominio sulla terra battuta. E invece, dietro quella maschera da predestinato, Carlos Alcaraz stava crollando. Dentro. Nel giorno in cui tornava a sollevare un Masters 1000, lo spagnolo più atteso del tennis moderno ha deciso di raccontare una verità meno comoda. Una crisi profonda. Personale. Silenziosa. Che ha rischiato di allontanarlo dai campi. “È una combinazione di tutto”, ha spiegato in una lunga intervista a Marca. “Mi sono venuti in mente un sacco di pensieri: fermarsi, fermarsi per una settimana, saltare un torneo, fermarsi per diversi mesi, continuare ad allenarsi, prendersi una vacanza e poi allenarsi per quello che verrà…”. Non è un vezzo da campione tormentato. È un crollo vero, esploso dopo la vittoria a Rotterdam, apparentemente l’inizio dell’ennesima ascesa. Invece no. Ai quarti di Doha le prime crepe, poi Indian Wells con la semifinale persa contro Jack Draper (“quella sconfitta mi ha fatto molto male”) e infine Miami, uscita immediata contro Goffin. La goccia che ha fatto traboccare il vaso. E Carlos lo dice: “È stato il fondo. Non sapevo nemmeno cosa dire alla stampa. Dovevamo fermarci, sederci, capire cosa stesse succedendo”. In un mondo che pretende perfezione continua, Alcaraz ha fatto una cosa rara: ha deciso di ascoltarsi.

“È dai momenti brutti che impariamo di più. Ho imparato a concentrarmi su ciò che conta davvero. Spesso diamo importanza a troppe cose che non lo meritano”. E quel tempo ritrovato gli ha restituito anche il tennis. La rinascita è cominciata proprio a Montecarlo, dove ha dominato il torneo battendo anche Lorenzo Musetti in finale. Ma è dentro di sé che ha vinto davvero: “Quando una cosa ti ha fatto male da poco tempo, non riesci mai a metterla in prospettiva. Per questo avevo bisogno di fermarmi qualche giorno. È stata una delle cose migliori che potessi fare”. Ed è in quel momento che torna, inevitabile, il nome di Jannik Sinner. L’unico davvero in grado di tenergli testa. L’ombra costante. “Tutti si aspettano una finale con Jannik”, ha detto Carlos, senza nascondere l’attrazione reciproca di una rivalità destinata a scrivere pagine epiche. “Io penso solo a me stesso”, aggiunge, “ma so che ci sarà una sfida. E sarà bellissima”. Sinner, sospeso per tre mesi a causa del caso Clostebol, non ha perso il suo trono: rientrerà a Roma ancora da numero uno al mondo. Alcaraz, però, gli ha rosicchiato terreno.

E il Roland Garros sarà il primo vero banco di prova per capire se il digiuno agonistico dell’altoatesino peserà, oppure no. Carlos lo sa: “Avevo perso entusiasmo, motivazione. Non riuscivo più a divertirmi. E per me, che vivo di istinto e felicità, è la fine”. Una crisi che ha scosso anche il suo staff. Ma che ha prodotto un effetto forse inatteso: un Carlos meno bambino, più maturo. “Ora so distinguere tra ciò che mi serve davvero e ciò che posso lasciar andare. E quando vinco, lo sento dentro in un modo diverso”. Il risultato è stato il titolo di Montecarlo. Ma il significato va oltre la coppa. È il segnale di un ritorno. Forse il più difficile: quello con sé stessi. Carlos è tornato. Jannik sta tornando. E il tennis mondiale può finalmente riavere la sua sfida più attesa. Ma se c’è una lezione che Alcaraz ha capito sulla pelle, è che serve sempre qualcuno che ti faccia da misura. Da riferimento. Da fuoco nelle vene. Serve un rivale. O un obiettivo impossibile. E l’assenza di Sinner ha dimostrato quanto conti, anche senza toccare il campo.
Il paradosso è che i suoi avversari, invece di approfittarne, si sono quasi smarriti. Alexander Zverev, dopo la sconfitta di Melbourne proprio contro l’altoatesino, ha messo insieme sei vittorie e sei sconfitte, inciampando al primo turno sia a Indian Wells che a Montecarlo (dove ha perso da Berrettini). Ha parlato apertamente del contraccolpo subito, della fatica a rialzarsi. Carlos Alcaraz, fresco vincitore a Montecarlo e ora in testa alla Race, ha confessato: “L’assenza di Sinner mi ha ucciso”. Detto da lui, che sta dominando sul rosso, è molto più di un’ammissione: è un riconoscimento di gerarchia. Sinner, senza toccare la racchetta, è rimasto il riferimento assoluto. E ora il ritorno è vicinissimo. Roma lo attende da numero uno del mondo. Alcaraz è l’unico che tiene la scia.