Tempi duri quelli in cui viviamo, e di difficile interpretazione. Capita persino che gli Ultras Italia abbiano almeno un po' di ragione. Ma come dice il detto: anche gli orologi rotti segnano l’ora giusta due volte al giorno. I tifosi della Nazionale hanno diffuso, come tutti i gruppi ultras ormai, un comunicato via social (sulla pagina "Romanticismo ultras"), in risposta alle polemiche degli scorsi giorni e alle parole di Gennaro Gattuso, che ha definito “vergognosa” la loro contestazione durante la partita con la Moldavia. Ecco cosa dicono gli ultras: “Dopo le vicende degli ultimi giorni ci troviamo costretti, nostro malgrado, a specificare le nostre posizioni ed a chiarire le gravi inesattezze che stanno circolando. In primo luogo, riteniamo inaccettabile, o meglio irresponsabile, il comportamento del nostro ct che, con una Nazionale che rischia di non qualificarsi al terzo mondiale consecutivo - cosa impensabile per la nostra storia calcistica - anziché assumersi responsabilità tecniche ed umane dei risultati deludenti, ha preferito scatenare ed alimentare, con dichiarazioni assurde, un processo mediatico ai danni della propria tifoseria”. Una mancanza di rispetto, sostengono i membri del gruppo, nei confronti di quella “stessa tifoseria composta da persone che, da anni, macinano migliaia di chilometri per sostenere una squadra che troppo spesso non rispecchia il valore e la passione del proprio popolo”. Eccoli i punti cardine dello spirito degli Ultras Italia: valore e passione, derivati dello spirito italiano. Concetti ultimamente, prosegue ancora il comunicato, mal incarnati dai calciatori azzurri “che, da mesi, dimostrano nessun attaccamento alla maglia dando l'impressione di considerare la Nazionale come il luogo dove rifugiarsi solo per evitare le pressioni dei club. Rammentiamo a questi signori - chiamarli nuovamente giocatori sarebbe un complimento - che il rispetto passa, non solo dai risultati, ma anche da gesti minimi come venire sotto il settore a fine partita, cosa che dovrebbe essere più che dovuta”. Va detto che i risultati, e le prestazioni di gran parte della squadra, sono ingiustificabili. Bastano le statistiche per dimostrare la mediocrità di questo percorso nelle qualificazioni della Nazionale: era dal 1984 che l’Italia non perdeva due partite nel girone di qualificazione (in quel caso per l’Europeo) e quella contro la Norvegia a San Siro è la prima sconfitta casalinga nel girone per il Mondiale. A peggiorare la situazione arrivarono le dichiarazioni di Gattuso sul sistema di accesso alla fase finali del torneo, a suo dire rivedibili.
L'attacco a Gravina
“Chiudiamo con quello che rappresenta la causa primaria dei problemi che il movimento calcistico italiano sta vivendo da anni: la gestione di Gabriele Gravina”, prosegue il comunicato degli Ultras Italia, “se è vero che ‘il pesce puzza dalla testa’, allora avrebbe dovuto assumersi, da tempo, le proprie responsabilità e presentare le dimissioni”. Se la Nazionale versa in questo stato Gravina non è esente da colpe. Ma le responsabilità stanno davvero in ogni parte: dalla direzione tecnica alla federazione, fino ai calciatori. “Infine - ma non per importanza - vogliamo portare alla luce l'ennesima gestione disastrosa della biglietteria. Tifosi costretti ad ore di fila fuori dallo stadio, davanti a sportelli inadeguati, ammassati e senza organizzazione, con rischi inutili per l'incolumità dei presenti: il tutto, rammentiamo, per ritirare un biglietto già acquistato on line settimane, anche mesi, prima. Un modus operandi che giudichiamo indegno”. Qui il gruppo si rivolge ai “responsabili della biglietteria della Figc (nella persona di Paolo Corbi o chi per lui) affinché la vendita e la distribuzione dei biglietti avvenga in modo rapido, sicuro, senza inutili perdite di tempo e non nel modo indegno di cui voi tutti siete responsabili: ennesima dimostrazione di una gestione complessiva che continua a deludere e far rimpiangere quello che la Federazione Italiana Giuoco Calcio un tempo rappresentava”. Delle modalità di acquisto dei biglietti si erano lamentati, in un contesto differente, anche gli ultras della curva Sud del Milan, prima della trasferta di Parma. Che ci siano delle giuste ragioni nell’attacco degli Ultras Italia è ovvio. La gestione tecnica e caratteriale della squadra ha delle lacune enormi. Basta pochissimo, un solo tiro in porta (parole di Gattuso) per far crollare l’Italia. Ormai un mantra si ripete ovunque: l’unico fuoriclasse di questa Nazionale è Gigio Donnarumma. Altri campioni non ce ne sono.
Chi sono gli Ultras Italia?
La storia del gruppo di seguaci della squadra azzurra è costellata da contraddizioni. Gli Ultras Italia nascono nel 2000 e la famiglia politica di riferimento, nonostante le smentite, diventa presto chiara: estrema destra neofascista. Alcuni membri del gruppo nel 2008 parteciparono, come riportato dalla Gazzetta dello sport, alla marcia nera di Sofia, ovviamente senza risparmiarsi braccia tese e inni a Benito Mussolini. I saluti al Duce vennero replicati nel 2016, durante una partita tra Israele e Italia che si giocava ad Haifa. In seguito vennero indagate tre persone per manifestazione di razzismo in un evento sportivo. Non è finita: nel 2011 lanciarono dei “buu” razzisti nei confronti di Mario Balotelli nel corso di un’amichevole contro la Romania, ma in più occasioni dimostrarono la loro insofferenza rispetto alla presenza dell’attaccante ex Inter in Nazionale. E nel 2018, quando si parlava di Balotelli capitano, hanno esposto uno striscione razzista contro di lui: “Il mio capitano è di sangue italiano”, recitava quella scritta. A Chisinau, contro la Moldavia, hanno mandato un messaggio a chi ha espresso una ferma condanna dei fatti di Rieti e la sassaiola che ha ucciso Raffaele Marianella, l’autista che guidava il bus su cui stavano viaggiando i tifosi dell’Estra Pistoia, squadra di serie A2 di basket che aveva giocato contro la Sebastiani Rieti. I tre ultrà ritenuti responsabili dell’omicidio hanno dei legami con l’estrema destra (sui loro profili social, infatti, inneggiavano a Mussolini e al fascismo). La vergogna, in questa storia, sta da una parte ben precisa. La presunta vicinanza al popolo palestinese, manifestata voltando le spalle all’inno israeliano durante la prima partita delle qualificazioni, assume una luce diversa a partire da questi presupposti. Orologi rotti, con lancette ferme: e il quadrante è di colore nero.