Bei tempi quelli che furono, dell’Italia in scioltezza ai Mondiali, da prima nel girone di qualificazione. Gli anni d’oro del reparto d’attacco e l’imbarazzo della scelta per una maglia da titolare: Christian Vieri, Luca Toni, Francesco Totti, Alessandro Del Piero, Filippo Inzaghi. Alcuni dei nomi di quell’epoca fortunata. Ora, invece, tocca invidiare la Norvegia e la macchina Erling Haaland, arrivato con la doppietta all’Estonia a 30 gol stagionali tra club e Nazionale, mettendo un sigillo sulla qualificazione dei suoi. Poche ore dopo, a Chisinau, l’Italia vinceva 2 a 0 contro la Moldavia una partita cominciata con zero stimoli e un’unica consapevolezza: quella dei playoff. Dormiente per tutto il primo tempo e buona parte del secondo, la squadra di Gennaro Gattuso la sblocca a due minuti dal novantesimo con la rete di Gianluca Mancini, leader ormai affermato sia in maglia giallorossa che in azzurro. Uno di quelli su cui Ringhio sta costruendo la sua Italia. Francesco Pio Esposito per ora è solo un’ottima alternativa e anche lui ha trovato la seconda rete in Nazionale con un bel colpo di testa che ha chiuso la partita. Gli highlight del match sono francamente evitabili. Nel post partita Ringhio si è rivolto ai tifosi che nel corso della gara avevano intonato cori contro i suoi ragazzi: “Andate a lavorare”, cantavano gli ultras italiani. Inutili e inspiegabili, dato che Gattuso per ora ha sempre vinto e che la qualificazione diretta al prossimo Mondiale era già compromessa. Il ct ha fatto bene a rispondere. Poi Ringhio ha detto un’altra cosa: “Ai miei tempi la seconda del girone andava direttamente al Mondiale: nel 1994 c’erano due africane e adesso otto. Non aggiungo altro”.
Immediatamente è partito il debunking sui bei tempi andati, dato che anche nel 2006, per esempio, il sistema dei playoff già esisteva. L’Italia vinse il girone davanti alla Norvegia (come cambia il vento), che poi venne eliminata. La differenza rispetto a oggi è che al Mondiale andavano anche le migliori due seconde. La percentuale di Nazionali europee nella massima competizione sarà ridotta, dal 40% del Qatar al 33% del Mondiale americano, è vero. Le altre compagini africane, asiatiche avranno una presenza più corposa. Vanno contate, infine, le tre squadre degli Stati ospitanti. Gianni Infantino è un politico, con l’allargamento del Mondiale a più nazioni di diversi continenti fa campagna elettorale, non è un promotore dell’inclusività a ogni costo. Per questo le decisioni del presidente Fifa tengono conto delle richieste di chiunque, non solo degli europei. Tutte le sfighe a noi, quindi? Complotto? Anche no. Le europee più forti sono praticamente già qualificate, nessuno si è lamentato del format. E per dire la verità nemmeno noi italiani lo avevamo mai fatto, almeno fino a questo momento. Forse ci rode la superiorità dimostrata dalla Norvegia. Il lavoro da fare sul nostro calcio è profondo, deve partire dalla base. Non è una questione di pirateria nello streaming, come dice qualcuno. Ci manca qualità, un “nove” di livello assoluto, probabilmente anche la giusta personalità. Giocatori del livello di Niccolò Barella e Gigio Donnarumma ancora non hanno mai giocato al Mondiale. La flessione del blocco Inter si è fatta sentire e mai era stata così scarsa la presenza di giocatori della Juve in azzurro. Al playoff non si può davvero sbagliare, con squadre che saranno alla portata. Anzi, l’Italia partirebbe favorita con tutte le possibili avversarie. Già Antonio Conte fa per due quando si tratta di piagnistei in Serie A, almeno Gattuso in Nazionale dovrebbe risparmiarci la lamentela inutile. E, soprattutto, evitare il “si stava meglio quando si stava meglio”. Magari è stato un momento di debolezza, lo capiamo. La pressione sul ct è tanta. Ai playoff, però, la mente dovrà essere lucida.