La spalla fa ancora un po' male, ma della spalla di Fabio non si deve parlare più. L’ha detto Uccio, il team manager di Pertamina Enduro VR46 scherzando ai microfoni di Sky, ma Fabio Di Giannantonio sembra averlo preso alla lettera. “Sto bene, devo solo lavorare” è la frase che il pilota romano ripete più spesso dopo essere tornato in sella alla sua Desmosedici GP 25 solo a Buriram e dopo aver dovuto saltare praticamente tutti i test invernali in seguito alla caduta nel finale del Day 1 di Sepang. L’ha ripetuto anche dopo il fine settimana in Argentina che lui stesso ha definito “super”, salvo poi ammettere, ricorrendo alla più classica delle definizioni romane, che “gli rode”. Perché è vero che la quinta piazza nel GP della domenica è un risultato per il quale avrebbe messo la firma appena qualche settimana fa, quando era ancora alle prese con i postumi dell’intervento chirurgico, ma è vero pure che il feeling con la nuova moto e con la rinnovata squadra gli fa immaginare scenari ben differenti rispetto a una top 5.

E’ una buona notizia per lui, è una buona notizia per la squadra e, forse, non è una buona notizia solo per Pecco Bagnaia, che oltre a inseguire gli imprendibili fratelli Marquez, ora dovrà anche guardarsi le spalle dai due della VR46: uno, Franco Morbidelli, sulla sua vecchia moto e l’altro, Fabio Di Giannantonio, su una moto identica a quella che il 63 guida adesso. Ma attenzione: perchè sono sì avversari, Pecco e Diggia, però hanno stili di guida molto simili e possono suonarsi la sveglia a vicenda, non solo provando a battersi, ma anche per capire davvero quanto la nuova Desmosedici che piace così tanto a Marc Marquez sia effettivamente adatta a due che, invece, hanno nella frenata il loro punto di forza e preferiscono un posteriore meno ballerino. Questioni su cui magari i due, insieme agli ingegneri della Ducati, si staranno già confrontando, con Fabio Di Giannantonio che, però, preferisce puntare tutto sul presente e parlare di se stesso piuttosto che della moto.

Il motivo? Non ha ancora capito se essere contento o meno per come è andata in Argentina. “In linea di massima sono super felice – ha detto – ma la verità è che mi rode pure. Ero veloce come i migliori, ma ho perso un sacco di tempo”. Il riferimento non è solo ai giri fatti dietro a quel Brad Binder che lo stesso Diggia ha definito “l’insuperabile”, ma anche a qualche errore di troppo che lo ha costretto a bagarrare nel mezzo con tutto quello che significa in termini di surriscaldamento della gomma. “La gara di oggi è stata piena di azione: ho fatto una partenza fantastica, ma poi ho faticato un po’ con la gomma anteriore a causa della temperatura, peccando di concentrazione, visto che ho anche lasciato attivo l’abbassatore in Curva 6. Volevo un podio oggi”.
Lo voleva al punto di prendere anche il rischio di schierarsi in griglia con una gomma diversa rispetto a quella dei top rider. “Correre optando per la mescola soft è stato figo – ha concluso - avevo preso questa decisione già sabato. Certo, ne avevamo parlato con gli ingegneri e effettivamente tutti avevamo un po’ paura perché è stato un gran rischio, ma io ero convinto di poterla portare fino al traguardo. Ci siamo arrivati e anche in un’ottima posizione, ma poteva andare meglio”.
