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SANTOPADRE TOTALE A MOW: “La finale di Wimbledon? Punto su Alcaraz ma tifo Jannik”. Poi sul CODICE SINNER e la cacciata di Panichi e Badio con l’infortunio al braccio: “Sapeva che sarebbe potuto accadere”. E su Djokovic che “non muore mai” e Sonego...

  • di Giulia Sorrentino Giulia Sorrentino

  • Foto: Ansa

9 luglio 2025

SANTOPADRE TOTALE A MOW: “La finale di Wimbledon? Punto su Alcaraz ma tifo Jannik”. Poi sul CODICE SINNER e la cacciata di Panichi e Badio con l’infortunio al braccio: “Sapeva che sarebbe potuto accadere”. E su Djokovic che “non muore mai” e Sonego...
Signori, abbiamo chiesto a Vincenzo Santopadre di commentare su MOW quest’edizione di Wimbledon: tra la cacciata di Panichi e Badio per la “violazione” del CODICE Sinner, il percorso surreale di Djokovic (“giocatori come lui vengono capiti poco perché forse sono di un altro pianeta”) e un Cobolli sorprendente, ecco le sentenze del coach di Lorenzo Sonego

Foto: Ansa

di Giulia Sorrentino Giulia Sorrentino

È un’edizione di Wimbledon estremamente diversa da quella che ci saremmo aspettati: Jannik Sinner in una forma non brillante, che viene da un periodo abbastanza negativo, soprattutto dopo le due sconfitte in finale contro il suo diretto avversario Carlos Alcaraz. Proprio lui che invece sembra aver ritrovato la forma mettendo a tacere tutti coloro che ritenevano il divario dal numero uno al mondo insanabile. Ma c'è stata anche la grande sorpresa di Flavio Cobolli, che è arrivato a giocarsi i quarti di finale con il suo idolo Novak Djokovic. E il serbo che ci ha dimostrato che non muore mai. A sostenere questa tesi è proprio Vincenzo Santopadre, allenatore di Lorenzo Sonego, che in questo Slam ha fatto un percorso straordinario arrivando fino agli ottavi di finale. Ed è proprio a Santopadre che abbiamo voluto chiedere in quest’intervista una sua lettura del torneo più importante dell'anno. E vi diciamo già che in finale, nonostante tifi per Jannik, ha scelto Carlos Alcaraz.

https://mowmag.com/?nl=1

Prima di Wimbledon sembrava che tutti parlassero del ritiro di Djokovic. Oggi, da Toni Nadal passando per Ljubicic, lo esaltano addirittura parlando di "anti-Sinner". Ti ritrovi in questa narrazione? Come mai è cambiata secondo te?

In questa narrazione non mi ritrovo. Anche perché, semplicemente, mi piace guardare un po’ la storia. Djokovic è uno che troppe volte è stato dato per finito, così come Nadal, così come Federer, e puntualmente hanno smentito chi li dava per morti. Probabilmente vengono capiti poco perché forse sono di un altro pianeta, e non ci rendiamo conto che loro “muoiono” solo quando lo decidono loro, quando decidono di smettere. Allora sì, forse, saranno finiti. Detto questo, per me dire che Djokovic è “anti-Sinner” lo trovo assolutamente improprio. A me non verrebbe da dirlo, semplicemente per il fatto che lui gioca meno, fa pochi tornei, ha i suoi obiettivi. L’anno scorso c’erano le Olimpiadi, adesso ci sono gli Slam…

Riferito a Wimbledon…

Rispetto a Wimbledon, per me Djokovic, finché giocherà a tennis, sarà sempre tra i papabili vincitori. In questo caso, tra i tre favoriti di partenza ci sono Sinner e anche Djokovic, ma semplicemente perché è il numero uno del mondo per tre aspetti importanti. Uno, l’esperienza, che nessuno ha; due, le caratteristiche tecniche perfette per giocare sull’erba, anche in relazione all’età un po’ più avanzata; e tre, la sapienza tattica: è il numero uno al mondo anche su altre superfici, ma sull’erba probabilmente viene esaltato da questa capacità di fare puntualmente la scelta migliore in qualsiasi momento. Questo crea difficoltà supplementari agli avversari, difficoltà che non avrebbero contro altri. Quindi, tatticamente, per me Djokovic è il numero uno al mondo, soprattutto sull’erba.

Manca all’appello, ultimamente, anche per i risultati e soprattutto per le dichiarazioni di dolore rilasciate, Zverev. Prima ha chiesto rispetto, perché è il numero tre del mondo. Poi ha anche fatto capire di avere problemi legati alla sfera mentale. In più, sono arrivate parole dure dal fratello. Zverev è da tanto che manca all’appello, dall’Australia tendenzialmente.

Sì, l’ha detto, ha avuto momenti difficili. L’abbiamo visto già dalla premiazione in Australia: si era nascosto dietro quella tristezza, quella malinconia, perché comunque ambiva a vincere uno Slam. È sempre lì, da tanti anni che ronza intorno. Ha vinto le Finals quando Sinner e Alcaraz ancora dovevano prendere i primi punti mondiali. Forse esagera, perché quando ha vinto le Finals, Alcaraz e Sinner stavano proprio muovendo i primi passi nel circuito. Sono tanti anni che sta lì, si è dedicato molto. È stato bravo, perché dopo l’infortunio che ha avuto a Parigi si è rimesso in carreggiata; so quanto è difficile tornare da un infortunio. Ha provato forse a impegnarsi di più in generale. Probabilmente quello che gli sarebbe servito era anche aggiungere qualcosa in più, quello che invece ha fatto benissimo Sinner, quello che hanno fatto benissimo anche i Big Three. Se andiamo a vedere le immagini di un anno e poi di 6-7 anni dopo, sia dal punto di vista tecnico sia tattico, hanno subito delle evoluzioni. Lui, probabilmente, in questo è sempre stato un po' più reticente. Può darsi pure che, avendo ottenuto risultati molto in fretta, si sia un po’ arenato.

Vincenzo Santopadre
Vincenzo Santopadre

Poi c’è la parte mentale.

Sì, quella che riguarda la gestione dei momenti caldi del match, dove ha sempre fatto fatica in realtà. È un aspetto in cui probabilmente ancora paga la differenza con altri grandissimi campioni. Per quanto riguarda le sue dichiarazioni sui problemi di salute mentale, se l’ha detto evidentemente un motivo c’è. Mi suona un po’ strano, perché in campo non mi sembrava di cogliere segnali di quel tipo, anche quando ha giocato bene, come a Dallas dove ha fatto semifinale e ha battuto Sonego al tie-break del terzo set. Non sembrava dare adito a questo tipo di pensiero, però, ripeto, se l’ha detto vuol dire che dentro di lui ci sono cose irrisolte. Magari ha avuto vicende pesanti nella vita privata e forse ancora non le ha superate. Di certo dispiace, perché spesso ci dimentichiamo che, anche se sono più grandi di altri, restano ragazzi molto giovani, spesso poco strutturati a livello mentale per sopportare certi carichi.

Hai nominato Sonego. Sei nel suo staff e lui ha avuto una sorta di rinascita nell’ultimo anno, dalla Coppa Davis. È forse il giocatore più facile da allenare, anche perché ha sempre quel sorriso naturale sul volto?

Deve essere bravo l’allenatore! Sicuramente ci sono giocatori più facili e altri meno facili. Lui, per quanto mi riguarda, è piuttosto facile, ma perché mi ci trovo bene, anche caratterialmente. Quindi è ovvio che ti dica che per me è facile, perché c’è una buona empatia, sia fuori dal campo sia dentro. Quando arrivi e sei nuovo è anche normale che tutto sia bello. Io ho sempre avuto un ottimo rapporto con lui, anche negli anni passati, perché quando allenavo Matteo stavamo spesso insieme e andavo a vedere le sue partite per simpatia e affetto. Sono anche amico del suo vecchio allenatore Gipo. Quando stavamo in America, io festeggiavo sempre il compleanno l’11 agosto, e andavamo a cena fuori con il nostro team e con il team di Sonego, con cui andavamo più d’accordo. Ma perché Lorenzo è uno dei pochi che è rimasto candido, puro, pulito in tutto e per tutto. Spesso si dice “quello della porta accanto”.

Se mi dici così, allora devi farmi anche il nome di un tennista che non è rimasto “quello della porta accanto”.

Rune non mi fa tanta simpatia. Lo trovo abbastanza spigoloso. Però poi comprendo anche le sue difficoltà, nel senso che ogni ragazzo ha la sua storia.

Vabbè, adesso non cercare di buttarla sul buonismo: hai detto Rune.

Sì, Rune sicuramente non è tra quelli che mi stanno simpatici, anche se è comunque un ragazzo educato, però fa molto il “sulle sue”. Però, ad esempio, mi sta simpatico Medvedev, anche se a molti non sta simpatico.

Cacciare Panichi e Badio prima di Wimbledon non è una scelta un po’ strana, anche in virtù di quello che abbiamo visto con il problema al gomito?

Sì, ma lui lo sapeva benissimo che sarebbe potuto accadere questo. Perché Jannik Sinner è tutto tranne che uno che non sa a cosa va incontro: non è un incosciente. Quindi avrà fatto le sue valutazioni. Personalmente, per come ragiona lui, ha ambizioni a lungo termine, ambizioni importanti. Quindi non sta a guardare il breve periodo, anche se Wimbledon è importantissimo. Se pensa di avere anche solo l’1% in più di possibilità di vincere Wimbledon o di migliorare la carriera cacciando quei due, lui lo fa. Non ragiona da “formichina”, tipo “aspetto Wimbledon e poi li caccio”.

Sinner con Panichi
Sinner con Panichi Ansa

Noi abbiamo parlato di “codice Sinner”: ha un codice comportamentale che è bene rispettare all’interno del team. E se vengono violate norme di riservatezza queste sono poi le conseguenze…

Se è così, c’è poco da dire. Come quando sbagli due volte il servizio e perdi il game: punto. Se ci sono regole all’interno del team che sono state violate, è così. Però penso che sia più una cosa non scritta, non una regola formale. Magari si parla in riunione, si condividono cose con il manager e il giocatore, prima di firmare contratti o prendere decisioni. Credo anche che, se c’è qualcosa che non funziona, non si arrivi subito alla rottura. Magari è un qualcosa che va avanti da tempo, a meno che l’episodio non sia stato clamoroso, fuori dai codici.

A proposito di Sinner, non possiamo non evidenziare un calo nelle prestazioni dopo il ritorno dal caso Clostebol.

Il Sinner di prima del caso Clostebol era disumano. Adesso, secondo me, è ancora disumano, perché torni e fai finale a Roma. A Parigi ha giocato perfettamente, ha vinto una semifinale ed è arrivato in finale. Poi ha perso una partita con Bublik, che ha vinto il torneo: cose normalissime. Solo che Sinner ci ha abituati troppo bene, quindi ciò che è assolutamente normale ora sembra anormale. Io non vedo nulla di strano.

Non dico che ci sia qualcosa di strano ma evidenzio anch’io il cambiamento.

Da allenatore, per me parlare di “cambiamento” significa che vedi un paio di mesi di involuzione, meno voglia di allenarsi, cali di attenzione, livello basso. Io, sinceramente, tutto questo non l’ho visto. Anzi, ho visto un Sinner che a Parigi ha giocato come mai sulla terra. Ha perso con un giocatore “bollente”, cosa che ci può stare.

E a proposito di giocatori “bollenti”, oggi sembra che il “bollente” sia Alcaraz. Quando non c’era Sinner, non era pervenuto nemmeno lui. Il ritorno di Sinner l’ha riacceso?

Ha trovato probabilmente una strada migliore. Ricordiamoci che anche lui ha avuto un momento di difficoltà, chiamiamola crisi, nel senso buono del termine, che gli è servita per fare il punto della situazione. Indian Wells e Miami, tornei dove solitamente otteneva qualcosa, li ha giocati male. Dopo quella tournée americana si è dato una scossa. Forse gli è servita per reagire. E infatti ha fatto una grande stagione sulla terra e sta facendo una grande stagione sull’erba. È salito di livello.

L’ultima domanda: in una finale tra Sinner e Alcaraz, chi scegli?

Oggi Alcaraz. Però tifo Sinner.

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