Jannik Sinner, stella del tennis mondiale, sta vivendo uno dei momenti più intensi della sua carriera. Da una parte, le prestazioni sul campo continuano a stupire: la nuova e mai così dominante vittoria contro Daniil Medvedev (apparso leggermente “scarico” e forse non particolarmente motivato, visto il gettone di presenza milionario all’evento anche in caso di sconfitta) ha messo in evidenza il suo straordinario talento, aprendo le porte a una sfida attesissima contro Novak Djokovic al Six Kings Slam (ancora vinta, anche se faticando molto più che con il russo). Dall’altra, però, l’azzurro deve affrontare un’accusa di doping che minaccia di macchiare irrimediabilmente il suo percorso.
La positività al Clostebol, riscontrata a causa dell’uso dello spray Trofodermin da parte del fisioterapista Giacomo Naldi, ha aperto un caso complesso. Secondo le analisi, lo spray, utilizzato per curare una ferita a un dito, ha contaminato involontariamente Sinner, portandolo al centro di una bufera mediatica e legale. Tuttavia, la questione non è così semplice: la Wada, l’agenzia mondiale antidoping, insiste sul fatto che il numero uno italiano debba essere sanzionato, nonostante le circostanze attenuanti.
Perché tanta insistenza? Come ha sottolineato Paolo Canè, ex campione e attento osservatore del mondo del tennis, la posizione di Sinner come nuovo volto dominante del circuito internazionale attira inevitabilmente le attenzioni mediatiche e istituzionali. "Sinner è il numero uno e fa notizia", ha dichiarato Canè a Fanpage, evidenziando come le pressioni siano inevitabilmente più forti quando si è al vertice. Chi è vicino a Jannik, aggiunge, "deve stare attento", poiché ogni dettaglio, anche il più piccolo, può trasformarsi in una potenziale trappola.
A supportare questa tesi si aggiungono anche le riflessioni di Jimmy Connors, leggenda del tennis americano, che ha espresso preoccupazione per le conseguenze di un’eventuale squalifica. Connors ha sottolineato che una condanna di Sinner potrebbe aprire un pericoloso precedente nel mondo del tennis, penalizzando l'intero movimento sportivo. Perdere un talento come Sinner, sostiene, sarebbe un danno per lo sport e per il futuro del tennis globale.
Il caso Sinner, però, presenta sfumature differenti rispetto ad altri precedenti, come quello di Simona Halep. La tennista romena, ex numero uno del mondo, è stata recentemente coinvolta in una vicenda simile, che ha portato alla sua squalifica per l’uso di un integratore contaminato da Roxadustat. In quel caso, il Tas (Tribunale Arbitrale dello Sport) ha ridotto la squalifica da quattro anni a nove mesi, riconoscendo che Halep non aveva effettuato i dovuti controlli sul suo staff. Questa decisione ha segnato un precedente che potrebbe giocare a favore di Sinner, dimostrando come una gestione accurata dello staff possa fare la differenza.
Sinner, in effetti, ha agito prontamente: ha ristrutturato il suo team, allontanando i responsabili della vicenda doping e inserendo nuove figure di alto profilo, tra cui Marco Panichi e Ulises Badio, ex membri del team di Djokovic. Entrambi i nuovi collaboratori vantano qualifiche di altissimo livello, con lauree in Sport Coaching e Psicologia dello Sport per Panichi, e in Kinesiologia per Badio. Questa mossa, unita alla meticolosità con cui Sinner ha sempre gestito la sua carriera, potrebbe rivelarsi decisiva nel convincere il Tas della sua innocenza.
Tuttavia, non tutti sono dalla parte di Sinner. Marion Bartoli, ex campionessa di Wimbledon, ha commentato in modo critico i paragoni tra il giovane tennista italiano e Djokovic, dichiarando ironicamente che "muore dal ridere" ogni volta che sente queste similitudini. Le parole della Bartoli riflettono il clima polarizzato che circonda Sinner: da un lato gli ammiratori che vedono in lui il futuro del tennis, dall'altro coloro che credono che il paragone con leggende come Djokovic sia ancora prematuro.
Il processo presso il Tas sarà cruciale per il futuro di Jannik Sinner. Se riuscirà a dimostrare che la contaminazione è avvenuta in modo accidentale e che lo staff ha agito in buona fede, potrà continuare la sua ascesa verso la vetta del tennis mondiale. Ma la strada è ancora lunga e la pressione su di lui è altissima, sia dentro che fuori dal campo.