Le vie del Signore sono infinite, quelle capaci di riflettere sconfinati orizzonti possono trovarsi in molti posti diversi. Insospettabili, possono forse apparire, le dolomiti di San Candido in Alto Adige. Un luogo nel quale un bambino con i capelli color ruggine sfreccia spericolato tra sentieri ghiacciati in bicicletta. La voglia di sperimentare è intensa e ardua, più della paura. Un istinto naturale rivolto alla scoperta lo anima. Provando e sbagliando, si libera alle più variegate esperienze psicomotorie. In tal modo, vola su due ruote come attraversando il vento. Eppure, la percezione di velocità rappresenta il nulla cosmico rispetto alla sua mente fulminea, capace di collegare all’istante pensiero e azione. Così, stimando distanze, curve e pendenze, anticipa le insidie per restare in equilibrio in sella. Per Jannik giovane, oltre la racchetta e il calcio d’estate, ecco gli sci, prediletti in inverno. Due allenamenti settimanali per lo sci, due per il calcio e due per il tennis, sono la linfa del giovinetto dai sette ai dodici anni. Pallone escluso, risulta tra i migliori ragazzini d’Italia nelle restanti discipline. Tre diventano quindi gli allenamenti tennistici settimanali nella seguente stagione, per poi abbracciare definitivamente la grande passione al traguardo delle quattordici primavere.
Incessanti pensieri si proiettano come un film nella testa del giovane Sinner, mentre lascia San Candido. Con occhi lucidi saluta le sue montagne, le vede scorrere svelte dall’auto di papà Johann. In quell’attimo percepisce, seppur privo di certezze, come quel viaggio lo porterà lontano. Molto lontano. Così, da bambino a ragazzo, Jannik Sinner è oggi un uomo. Campione degli Australian Open e degli Us Open 2024, grazie al successo di Shanghai, il settimo dell’anno, conclude in anticipo la stagione al vertice del tennis professionistico. Eppure, il suo marchio di fabbrica è senza alcun dubbio la capacità di migliorare con continuità e costanza, conferma pure il coach Simone Vagnozzi. La sola dedizione per il lavoro, puntualmente evidenziata nelle varie interviste, credo non possa spiegare tali progressi alla sua età, al suo livello. Anche perché non penso che la concorrenza resti immobile a pettinare le bambole, perdendo terreno. La ragione di questo mistero risiede possibilmente nel percorso formativo, da lui compiuto da bambino, attraverso la multidisciplinarietà. Seguiva un’ispirazione naturale, praticando inconsapevolmente un metodo in cui l’apprendimento motorio è dotato di chiare proprietà auto-organizzative.
A tutti gli effetti, Jannik ha giocato meno ore di tennis rispetto alla concorrenza, e adesso sta recuperando. Questa è la probabile causa che ancor oggi gli permette di sfruttare parte della spinta propulsiva verticale di quella linea definita “curva di apprendimento”. Proprio quella sensibile fase evolutiva di crescita, che a parità di tempo investito consente di acquisire più competenze. In questo modo, grazie ad un’insaziabile motivazione intrinseca, Jannik Sinner sembra specularmente rappresentare il titolo del libro Dal Bambino al Campione di sé stesso, di cui sono coautore. Dedicato all’insegnamento per la scuola tennis, dall’alfabetizzazione psicomotoria ai primi passi con la racchetta, all’avventura nelle competizioni, promuove un approccio educativo, volto a facilitare l’espressione del massimo potenziale di ciascun individuo. Non importa quale livello tennistico assoluto viene raggiunto, conta esclusivamente quanto gli allievi riescano ad esplorare i propri limiti e capacità. E per Sinner, sorprendente maestro di sé stesso, questo confine coincide semplicemente con la posizione di numero uno del mondo.