Quello della positività di Jannik Sinner al doping dopo Indian Wells è un caso di cui si continuerà a parlare per mesi, tra detrattori (molti) e sostenitori. C’è chi grida al complotto, al favoreggiamento del tennista nella procedura e nei metodi adottati e chi, invece, lo difende senza voler sentire ragioni. Ma innocenza o colpevolezza non sono stati l'unico tema di dibatto. Infatti, c’è chi addirittura accosta il momento di Sinner a quello vissuto da Chiara Ferragni per via del pandoro-gate, dopo il quale c’è stata una sparizione degli sponsor. Un accostamento un filino eccessivo, no? Chiedersi, però come abbiano reagito i brand con cui collabora, beh, è lecito, visto che il tennista è il volto di marchi come Nike, Gucci o Alfa Romeo con cui ha peraltro dei contratti milionari. Sembra che StarWing Sports, l’agenzia che cura le relazioni di Sinner, stia studiando la situazione e questo molto probabilmente già da aprile, ovvero da quando tutto è nato e noi eravamo all’oscuro dei fatti. Mentre la Ferragni ha avuto un vero e proprio abbandono da parte di tutti i partner con cui aveva fatto le campagne e la rescissione di una serie di contratti in essere, tra cui quello storico con Pantene, per Jannik non ci dovrebbe essere lo stesso problema. Lo conferma Fabrizio Caldarone, citato da varie testate, da sempre nel tennis e oggi direttore generale Europa di Odear: “Io propendo per l’idea che siamo davanti a un errore e ritengo che Sinner abbia un valore di integrità personale superiore al suo valore tennistico. Per cui, come uomo d’azienda, ritengo che questa storia, in questa fase iniziale e contestualmente finale, non intaccherà nulla dei rapporti che intercorrono nello sport, che sono di fiducia e infine anche di amicizia. Ci vuole ben altro, di molto più delicato”. Per cui, a meno che non venga smentito quanto sopra con i fatti, al momento l’immagine di Sinner sembra essere al sicuro.
Il discorso, oltre alla polemica causata dalle dichiarazioni, tra le altre, di Kyrgios e di Heather Parisi a cui ha replicato duramente Luca Bottazzi su MOW, si è spostato anche sul discorso del garantismo e a parlane c'è un nome decisamente più autorevole. È quello del direttore de Il Foglio Claudio Cerasa che, nel suo editoriale, sottolinea come “c’è un dettaglio gustoso sfuggito a molti nella famosa storia dell’antidoping di Jannik Sinner. Un dettaglio che non riguarda il lato sportivo della vicenda, ma un elemento che ha a che fare con un passaggio giudiziario a cui l’Italia non è esattamente abituata: considerare innocente fino a prova contraria una persona sospettata di aver commesso un illecito, dare notizia dell’indagine solo al termine di un’istruttoria in cui le parti si sono confrontate, tenere la notizia dell’indagine segreta fino all’ultimo momento possibile, non condannare nessuno se la sua colpevolezza non è riconosciuta oltre ogni ragionevole dubbio. Si discuterà a lungo se a Sinner sia stato o no concesso un trattamento di favore. Si discuterà a lungo se Sinner abbia fatto bene o no ad accettare una sanzione nonostante la sua non colpevolezza sia stata riconosciuta anche dall’antidoping. Ma di fronte a come si è svolta l’indagine dell’antidoping, di fronte al segreto istruttorio tenuto riservato, di fronte al tentativo riuscito di non trasformare un’accusa grave, poi rivelatasi non vera, una verità fino a prova contraria, non si può non esultare, festeggiare e sperare, un po’ da sognatori, che un giorno possa funzionare così ovunque”. Sì, è vero che si è mantenuto il segreto istruttorio e sarebbe molto importante se questo accadesse anche e soprattutto per casi di portata maggiore, ma quello che noi di MOW ci siamo chiesti è come sia stato possibile questo silenzio. Perché, diciamolo, in un mondo in cui le veline vengono trasmesse in modo molto facile, e in cui le (fake) news circolano in modo molto rapido, beh, questo silenzio, che sarebbe un sogno se ci fosse sempre (e noi non avremmo più niente di cui parlare), sembra che possa accompagnarsi anche alla parola complicità.
A dar ragione a Sinner, c’è inevitabilmente anche il suo coach Darren Cahill, insieme a Simone Vagnozzi, che, in un'intervista a Espn ha detto: “La verità è venuta a galla. Jannik non ha avuto colpe o negligenze, e spero che possa superare questa situazione, giocare e migliorare, mettendosi alle spalle questa sfortunata vicenda”. Ma c’è anche un precedente a “scagionarlo” dalle accuse di “favoreggiamento”, ed è quello del collega Marco Bortolotti, il 33enne, buon doppista ma numero 355 nel ranking singolare nella classifica Atp che, alla fine della carriera, era risultato positivo alla stessa sostanza durante il challenger di Lisbona dello scorso ottobre, ma è stato comunicato solo il 30 gennaio 2024. Anche per lui, dopo aver fornito le prove e aver dimostrato che la contaminazione era stata accidentale, l’Itia ha creduto alla versione del tennista, e ha ritirato il provvedimento di sospensione provvisoria, mantenendo come unica sanzione il ritiro del premio di 440 euro e dei 16 punti Atp conquistati al torneo portoghese. A parlare di lui in quest’ottica è stato anche Rennae Stubbs, l’ex coach di Serena Williams, secondo cui “ora Sinner sarà sotto esame per il resto della sua carriera, purtroppo, a causa di ciò che è successo. Ma allo stesso tempo è stato indagato in modo approfondito e lo hanno scagionato. Credono in ciò che ha detto e nelle parole del suo fisioterapista. Quindi dobbiamo credere che l'indagine sia stata condotta a fondo, ed è per questo che ora è stato scagionato”. Stubbs, inoltre, ha menzionato come anche Maria Sharapova e Simona Halep fossero nomi famosi che però non hanno evitato le squalifiche, il che suggerisce che c'era un motivo per cui a Sinner è stato permesso di continuare a giocare: “L'indagine è stata molto, molto approfondita. Non è che loro dicono, 'beh, ci piace. Lasciamolo giocare.' Non è così che funziona. Lo abbiamo visto in passato con giocatori molto famosi come Maria Sharapova, Simona Halep. Questi sono giocatori di tennis estremamente popolari, quindi non è che gli diano un pass gratuito".