Tutti lo criticano, tutti hanno da ridire. Sinner è troppo freddo, troppo schivo, troppo poco italiano. Non si fa la foto con Mattarella, prende la residenza a Montecarlo, evita le celebrazioni ma non gli spot pubblicitari. Queste le frasi più ricorrenti che sentiamo su chi Jannik non lo ama particolarmente. Oggi però arriva una critica molto feroce da una colonna del giornalismo italiano, Giancarlo Dotto, prima firma della Gazzetta dello Sport, che ha inviato il proprio commento sull’azzurro a Dagospia: “Tutti a dire e a opinare. E a biasimare. Sinner non si fa la foto con Mattarella, Sinner fa l’italiano vero ma si prende la residenza a Montecarlo, no, Sinner non è un italiano vero, Sinner è un italiano anomalo, chi se ne frega se sogna e geme in tedesco quando fa sesso con la sua bella o maledice Kyrgios. La verità? Sinner non ha una patria, è la patria di sé stesso. Fa lo schizzinoso con i nostri altarini nazionalpopolari, li schifa proprio, ma si tura il naso quando si tratta di marchette milionarie, a destra e a manca. Che siano partite nel deserto o starsene a mollo in vasche zeppe di palline. Orologi, spaghetti, automobili, banche, formaggi, cellulari (mi domando, per inciso, come un ragazzo che parla bene anche dei suoi nemici possa essere credibile quando parla bene, essendo pagato per farlo, di qualunque cosa in natura commestibile o indossabile)”.
E prosegue: “Sinner fattura come il Perù. Mai stato mamelico, forse. In compenso, tanto compenso è diventato famelico. Le sue ascelle non sudano, buttano acqua santa. Un ragazzo che tu padre, qualsiasi padre, daresti in sposo alla figlia, e pazienza se la notte le dice ti amo in ladino. Educato, impeccabile, per quanto si chiami Sinner. Ha le movenze di un cicognone che ha appena fatto il nido su un tetto del basso Alentejo. Lui, la nuova Heidi dei giorni nostri. Ti sorridono i monti, le caprette ti fanno ciao. E tutti che ti difendono a spada tratta e travasi di bile. La salute prima o poi scoppia. L’incidente, per quanto inosservato, scappa. La benedetta pomata che passa per le dita di uno sfigato massaggiatore. Nessuno dice, piuttosto, l’unica cosa che sarebbe da dire: celebrando i Sinner, stiamo celebrando la nostra morte e la nostra noia, che poi sono la stessa cosa. Uno sbadiglio enorme ci seppellirà. Tutti a esultare quando Sinner mostra un sentimento (Berrettini si lascia dire con la scusa di elogiarlo, lapsus meraviglioso da reo confesso, “vedete anche lui in fondo è umano”), ma nessuno dice che il tennis dei battitori ciclopici e dei risponditori inesorabili ci ucciderà”.
Poi sul tennis e gli altri giocatori: “Sinner e quelli che verranno dopo di lui sono il nuovo Erode. Stanno lì a scoraggiare il talento. Lo uccidono in culla. Alcaraz è lì lì che bussa alle porte di uno psicoanalista. Gli Edberg e i McEnroe non sarebbero mai stati. Federer, già frustrato di suo dalla cieca volontà alfieriana dei Nadal e dei Djokovic, si sarebbe suicidato alla terza batosta di fila con l’Altro Atesino inaccessibile. Roba da spararsi. O quanto meno sparirsi. Sarebbe scomparso Roger. Nel nulla. Come Ettore Majorana. Si sarebbe gettato dall’oblò di una nave. Lo diresti tutto questo, pure se fosse italiano? Giuro su mia sorella, si. Lo direi pure se fosse italiano. Il tennis di oggi è una sequenza apocalittica di pallate. Un incubo ipnotico senza fine, un modo sicuro per spedirsi all’inferno. Molti lo pensano, ma nessuno lo dice. E, se lo dici, lo fai per alimentare lo scandaletto di giornata, invece dello scandalo definitivo. Ognuno ha i suoi interessi di bottega. Vendere qualche giornale in più, un corsivetto qua, un’apparizione là, una spruzzata di social, fumisterie, irrilevanze. Penso a uno come Adriano (Panatta). Se lo conosco un po’, il cranio gli fuma dalla smania di sfogare un giorno la sua nausea per questo tennis da ergastolani. Si lascia andare solo Nick Pietrangeli, labbro fertile e l’alibi della senilità che fa rima con impunità (e, secondo me, l’impunito ci giobba pure). Sì, è geometrico destino, moriremo di noia. O forse no. Perché l’andazzo di oggi fa sì che il circo della noia si spaccia da rutilante assortimento. Non fai in tempo ad annoiarti a morte di una cosa che già ti annoi di un’altra. Una noia diversa. Non ti lasciano mai solo. Robot che giurano ad altri robot di non essere dei robot”.