Nel 2024 Eicma è stata formidabile. C’era la gente, c’erano le idee e molte di queste erano dedicate a chi la moto deve comprarla davvero, non a qualche ricco produttore californiano o ad un magnate del petrolio degli Emirati Arabi. Piccole cilindrate per iniziare, medie per divertirsi e il mercato delle cinesi sempre più forte a dare un’alternativa più economica, a cui si è aggiunto qualche capolavoro d’ingegneria d’alto lignaggio come negli stand di Aprilia e BMW. E poi c’erano i piloti, uno su tutti Casey Stoner. Difficile calcolare quanto tempo sia passato dalla sua ultima apparizione pubblica in pista, facilissimo dire che il tempo è stato comunque troppo.
Casey oggi è amatissimo, più di quando correva. È addirittura venerato e le storie che gravitano attorno a lui hanno sempre qualcosa di sovrannaturale: quando era in giornata, ci ha raccontato più volte Livio Suppo, spegneva l’elettronica. Sulla curva 3 di Phillip Island, che oggi porta il suo nome, Stoner ha raccontato una storia altrettanto magica, quando ha spiegato di averla sempre approcciata di traverso per non correre il rischio che l’anteriore lo abbandonasse lanciandolo sull'asfalto a oltre 250 Km/h: “Se non lo usi, non può farti cadere”. E poi c’è l’impresa con Ducati, gli anni in Honda e la sfida con gli altri colossi del motomondiale ma, soprattutto, quello che ha caratterizzato Casey fuori dalla pista, vale a dire una totale spontaneità nelle interviste e quel malessere oscuro che ha tanti nomi e poche soluzioni. Depressione, stress, stanchezza cronica: in breve, una gran tristezza.
A Eicma Casey ha rilasciato moltissime interviste, tutte centrate e piene di contenuto, di attacchi anche, come in questo caso, quando ha dichiarato che secondo lui Ducati farà l'impossibile per far vincere Bagnaia. Tra un incontro e l’altro con i giornalisti il fenomeno si è preso del tempo per sé, forse ha considerato l’idea di fuggire: troppo faticoso, troppo stancante. Poi però, ripartiva per l’intervista successiva con lo stesso entusiasmo. La gara che si è svolta il sabato nell'area esterna è stata più o meno la stessa cosa: Casey arriva sorridente, saluta tutti, ascolta le cascate di parole di chiunque si sentisse in diritto di dirgli qualcosa, di tenerlo lì. Poi accende la moto e, finalmente, si produce in quel piccolo miracolo che è la sua guida, istintiva e precisa assieme, un ossimoro per buona parte dei piloti.
Tutto bene quindi, se non fosse che tra un turno e l’altro Casey ha rilasciato solo dichiarazioni di una cupezza dura, stonata rispetto alle premesse: “Ho molto dolore alle braccia”, ha detto alla fine della prima manche con Randy Mamola, mentre la gente lo acclamava e quell’altro, 65 anni, andava a salutare il pubblico con un largo sorriso in faccia, orgoglioso di aver corso contro uno dei piloti più amati della storia. Dopo il secondo turno: “Dal terreno sbucano fuori questi sassi che rendono difficilissima la guida, non si riesce a guidare la moto”. Non è tanto il commento in sé, è il contesto a rendere l’approccio di Casey quasi preoccupante: sei a una festa, ti giochi il niente impacchettato col nulla assieme a un signore di 65 anni, la gente ti acclama come fossi il Messia e le uniche cose che ti vengono in mente sono queste qui, il dolore alle braccia e i problemi in circuito che non ti permettono di spingere come vorresti. Troppo serio, Casey. Troppo dedicato, corrucciato. Fatti una risata. Correre assieme a tutti quei campioni dev'essergli piaciuto sul serio, eppure la sensazione è che avrebbe preferito rinchiudersi in un piccolo box tra un turno e l’altro, un piccolo box insonorizzato e schermato dagli sguardi della gente.
Dà la stessa impressione di una bestia sfiancata, un leone del circo troppo stanco per saltare ancora nel cerchio di fuoco, un anziano che si raccoglie nello sforzo sovrumano necessario ad alzarsi dal letto. Nessuno vuole dirlo, questo. Eppure è sempre stato così Casey Stoner, una vittima del proprio talento. A stupire di lui non è il controllo della moto di traverso in piena accelerazione, i numeri o lo stile, è quell’inquietudine, quel buco nero che gli si agita dentro anche se non sale più sulla moto per primeggiare. Guardi Stoner e vedi un fuoriclasse, ma stando un po’ più attento ti accorgi che si porta sulle spalle uno zaino gigantesco riempito di aspettative altrui, fatiche, incertezze, paure. È come se, nonostante tutto il successo, il denaro e la libertà, Casey non riuscisse a dire di no, a prendersi del tempo per le sue cose. Come se presentarsi a Eicma, per lui, fosse un piccolo inferno da attraversare a piedi e un’enorme pena da scontare per il talento che gli è stato dato in mano.
Fortunatamente, finito l’evento Casey si è concesso una domenica che è già storia, al Ranch di Valentino Rossi. Lì, tra birre Ichnusa, salsicce e acqua in bottiglie di plastica è tutto più facile, tutto a posto. Anche perché forse vedere da vicino come ha fatto il rivale di sempre a gestire tutto questo gli farà bene. Lo scopriremo alla prossima Eicma, o magari addirittura prima.