Da numero uno (il primo della storia del ranking Atp) a numero uno (quello di oggi). Ilie “Nasty” Nastase ha parlato così di Jannik Sinner: “È agile, intuitivo, sa vedere il gioco in anticipo. Mi ricorda Martina Hingis: capiva tutto prima. Certo quando vinsi Parigi nel 1973 a me diedero 15 mila dollari e Jannik in Arabia ha intascato 6 milioni. Mi consolo pensando che era un’esibizione: non conta!”. I tempi, però, sono diversi. E il modo di interpretare il gioco è cambiato radicalmente: “Ognuno aveva il suo stile, la sua personalità. Oggi giocano a tennis tutti uguale, sembrano macchine di Formula 1”. Sicuramente Nasty, come appare nel documentario a lui dedicato (ne abbiamo scritto qui), si faceva riconoscere sul campo: per i comportamenti al limite, le proteste, i litigi con il pubblico. Ma anche per i colpi. Il rapporto tra i giocatori, poi, era più amichevole, seppur sul campo nessuno si risparmiasse. A questo proposito Nastase ricorda un aneddoto vissuto con Adriano Panatta: “Con Panatta usciamo a cena a Montecarlo, il ristorante è in montagna, siamo un corteo di tre macchine. Adriano, all’improvviso, ferma la sua: tutti fuori, un gatto nero gli ha attraversato la strada! Facciamo 25km di curve in più per non passare da lì... A Parigi, poco dopo, mi vendico”. E com’è avvenuta la vendetta dell’ex numero uno rumeno? “Do 500 franchi a Mabruk, l’addetto allo spogliatoio, perché mi trovi un gatto nerissimo. Lo infilo nella sacca, lo porto in campo nel doppio contro Panatta e Bertolucci. Lo libero dopo il riscaldamento. Adriano scappa, s’incavola, non ha più voglia. Vinco 6-0 6-1. Se ci ripenso, rido ancora”. Nasty giocava tutto: “singolo, doppio, doppio misto, che usavo come allenamento”. Una pratica che forse oggi è meno diffusa, con alcuni giocatori che tendono a risparmiarsi per i tornei più importanti. E infatti Ilie non si lascia scappare l’occasione per rimarcare la differenza con il presente: “S’immagina se oggi chiedessero a Sinner di fare il doppio misto...?”
Nell’intervista al Corriere della sera vengono ripercorse le partite più significative del campione, come la finale di Wimbledon del 1972 persa contro Stan Smith, o la vittoria a Stoccolma nel 1975 contro Björn Borg (“Bjorn temeva me e Panatta perché lo facevamo diventare matto, non sapeva mai cosa aspettarsi da noi”). Ma che fa oggi Nasty Nastase? “Ho un’Accademia di tennis però non vado più in campo: in pantaloncini, a 78 anni, mi sentirei ridicolo. Ogni tanto gioco a calcetto, ma da fermo: faccio correre i giovani. Sto con mia moglie e i miei figli: la più grande quest’anno compie cinquant’anni”. Sempre fedele a se stesso, anche a costo di rimanere incompreso: “Cosa non avete capito di me? Non c’è molto da capire: sono sempre stato me stesso, nel bene e nel male. My way, come la canzone di Frank Sinatra”.