C’è una storia in cui la panchina non è più solo una panchina, ma una trincea. Ed è lì che vive Carlo Pinsoglio, terzo portiere della Juventus. Una figura quasi mitologica, con la sua sagoma iperattiva ma sempre, rigorosamente fuori dal campo, salvo simboliche eccezioni. Perché, diciamocelo, Pinsoglio non gioca mai, tranne qualche minuto all’ultima giornata di campionato (e a patto che il match sia irrilevante) o in qualche rara amichevole. Eppure è sempre lì, pronto a incitare i compagni, il primo a esultare per un gol, il primo a scattare e a vivere ogni momento come se fosse lui il titolare inamovibile. “Un tifoso pagato,” dicono i maligni. E in effetti, non sbagliano del tutto: Carlo Pinsoglio è davvero il primo tifoso della Juventus, e da anni ormai incarna qualcosa di molto più profondo di un ruolo tecnico.
La Juve lo sa, e infatti ha appena rinnovato il suo contratto fino al 2026. Un riconoscimento che va oltre le partite, perché Pinsoglio non è solo un portiere: è il cuore pulsante dello spogliatoio.
La sua carriera in bianconero è iniziata nel lontano 2000, quando da ragazzino cresceva nel settore giovanile, vincendo la Supercoppa Primavera e due edizioni del Torneo di Viareggio. Poi, come tanti, è partito per fare esperienza altrove (per esempio a Livorno, dove nel 2016 era stato aggredito da un tifoso dopo un errore decisivo in chiave retrocessione), fino al ritorno a Torino nel 2017. Da allora, ha giocato pochissimo, ma ha vinto tantissimo: più trofei che partite disputate, anche questo un record.
Nonostante le rare apparizioni in campo, Pinsoglio è un pezzo insostituibile della squadra. La sua dedizione negli allenamenti è leggendaria. Anche sapendo che non giocherà, lui si allena con l’intensità di chi vive ogni giorno come se fosse decisivo. Un impegno che non passa inosservato, tant'è che il portiere titolare juventino delle scorse stagioni, Wojciech Szczesny, aveva dichiarato (forse con una punta di ironia, ma sicuramente con ammirazione): “Per diventare un campione ho scelto di seguire un esempio: Pinsoglio”.
In panchina, durante le partite, si trasforma. Lì, in quella sua trincea tra il campo e la tribuna, con la sua chioma trapiantata su suggerimento di Cristiano Ronaldo (“Lavoro splendido”, aveva commentato su Instagram) Pinso diventa l’anima pulsante del tifo. Esulta come un ultras, incita i compagni, vive ogni minuto come se fosse il più importante della sua carriera (si è pure fatto espellere per eccessiva animosità durante un derby con il Toro). I tifosi non pagati ma paganti lo adorano proprio per questo. Lo vedono come uno di loro, un uomo che vive la squadra non solo come professionista, ma anche come appassionato. E Pinsoglio ricambia l’affetto, anche sui social.
La Juve ha capito da tempo che Carlo Pinsoglio è molto più di un semplice terzo portiere. Non sono le sue parate a fare la differenza, ma la sua capacità di essere il collante, il motore emotivo che unisce la squadra ed è ritenuto indispensabile: “La presenza di Carlo Pinsoglio – scrive la Juventus sul proprio sito – è qualcosa di semplicemente fondamentale per tutti noi. Per lo spogliatoio, per i tifosi, per il club. E allora siamo felicissimi di annunciare che Pinso continuerà a essere con noi, avendo ancora una volta prolungato il suo contratto fino al 30 giugno 2026. Colori e valori: sono queste le due parole che raccontano il Pinso bianconero, dal settore giovanile a una lunga, lunghissima avventura con la Prima Squadra una volta tornato a Torino qualche anno fa, dopo aver accumulato esperienze in Italia. Valori, si diceva: se si parla di questo concetto, in pochi li rappresentano meglio di lui, ogni giorno, in allenamento, quando chiamato in causa in campo. Pinso è semplicemente uno di noi. E lo sarà ancora”.
Forse la verità è che Pinsoglio è come il caffè: non salva il risultato, ma salva l’umore e dà la sveglia. Non serve necessariamente parare per essere decisivi, serve esserci. Sempre.