La rabbia allora serve davvero a qualcosa. O almeno serve nel calcio. Milan-Como si giocherà a Perth, in Australia, con la Fifa che ha dato l’ok “in via eccezionale” alla trasferta. Una partita fatta unicamente per soldi. Anche Villareal-Barcellona, valida per la Liga, avrebbe dovuto giocarsi fuori dalla Spagna, a Miami, il 20 dicembre. Ma non sarà così: la lega spagnola ha annunciato che “a seguito di colloqui con il promotore della partita ufficiale della Liga a Miami, è stata presa la decisione di annullare l'organizzazione dell'evento a causa dell'incertezza che si è creata in Spagna nelle ultime settimane”. Le rivendicazioni dei tifosi delle due squadre sono state molto simili a quelle che abbiamo visto in Italia: chi ci pensa a noi? La menzogna del bene superiore del calcio nazionale, surrogato sportivo della ragion di stato, non è bastata a convincere gli affezionati della bontà della scelta. I tifosi, pur essendo paganti, e dunque consumatori dello spettacolo che si svolge in campo, così le squadre li vedono, ormai; essendo i paganti avrebbero pure il diritto di essere tutelati, o quantomeno di essere messi in cima alla lista delle priorità. È la legge del marketing: tieniti stretti i clienti più fedeli. Con i biglietti che aumentano di prezzo ogni anno, la mossa di spostare le partite dall’altra parte del mondo pare piuttosto sconveniente sul lungo termine. Ma a far desistere la Liga è stata anche la protesta dei calciatori. Sì, persino i calciatori, forzati alla neutralità nelle conferenze e nelle dichiarazioni extra campo, hanno preso posizione. Alla faccia di chi dice che la politica deve star fuori dallo sport.
I giocatori di tutte le squadre, in tutte le partite della nona giornata di campionato, sono rimasti fermi i primi 15 secondi dopo il fischio d’inizio in segno di protesta, mentre sugli spalti i tifosi li applaudivano. In alcuni casi, come in Oviedo-Espanyol, la tv spagnola ha puntato le telecamere altrove per non dare risalto alla contestazione. Altra mossa geniale nell’epoca dei social, che immediatamente si sono riempiti di video dei calciatori immobili con l’hashtag #NoAMiami. A peggiorare la situazione dopo la cancellazione sono poi arrivate le parole del presidente della Liga, Javier Tebas: “La difesa della tradizione viene invocata da menti ristrette e provinciali, mentre le vere tradizioni del calcio europeo sono minacciate dalle decisioni delle istituzioni di governo, che anno dopo anno distruggono i campionati nazionali, il vero motore dell'industria calcistica in Europa”. Insomma, i tifosi e i calciatori sarebbero dei bigotti, contrari al progresso e al bene del calcio spagnolo. Non capiscono, poverini. Tebas forse non si accorge che la conseguenza logica delle sue dichiarazioni sarebbe una protesta ulteriore, due contestazioni invece di una. Probabilmente, se la gente si opponesse anche alle “decisioni delle istituzioni di governo”, avrebbe comunque da ridire. Ma i provinciali sono sicuramente gli altri. E almeno a proposito del calcio possiamo dirlo: incaz*andosi le cose cambiano davvero.