Quando prendo il telecomando e faccio zapping - sì, sono abbastanza vecchio da trovare appagante questo oziosa attività - e mi ritrovo davanti Maria Latella, con capelli fatti e voce squillante e affettata, su Rai3 rimango basito e sorpreso. Maria Latella. A casa sua. Che parla di emergenza casa. Una sorta di “inception” surreale che era impreziosito da un parterre che preso nei suoi elementi singoli era anche gustoso, ma francamente al limite dell’improbabile se immaginato come una piccola comunità attorno a un tavolo. Ferruccio De Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera e de Il Sole 24 ore ora elegantissimo e colto editorialista; Edoardo Ferrario, tra i più arguti stand up comedian e podcaster degli ultimi anni; Jonathan Bazzi, scrittore che ha sfiorato il Premio Strega e dalla penna e dalla lingua affilatissime; Virginia Raggi, ex sindaco di Roma e ora di nuovo studentessa, in un master in diritto dell’ambiente. Ora, se non li avete visti, immaginateli insieme. Difficile senza sostanze stupefacenti, vero?
Va detto, subito, che ho avuto la fortuna (?) di intercettare il programma durante la bella sigla e non me ne sono staccato fino alla fine. Non so perché, non riesco a capirlo del tutto e immagino che abbia a che fare con l’autolesionismo che c’è in ognuno di noi e al sottile piacere che si prova, a volte, a provare dolore.
Ero sulla quinta sedia di quella sala da pranzo assurda, radical chic, in cui una giornalista (che ha adattato alla nuova rete un format già sviluppato per Sky, A cena da Maria Latella) come sempre con palese inconsapevolezza e con disincantata indifferenza per il mezzo, televisivo e radiofonico che sia, dall’alto della sua nutrita agenda e di un’autostima non comune impone il suo ritmo, i suoi argomenti, il suo tono di voce a un programma di cui nessuno sentiva il bisogno. E tutti e tre sono quelli sbagliati, almeno nel piccolo schermo degli ultimi 20 anni. E che (anche per questo) ha momenti di pura comicità, quasi tutti involontari.
Il primo problema è di contesto: immaginate di parlare di emergenza casa in un’abitazione di lusso che è pure il domicilio della compiaciutissima conduttrice, con un catering squisito (a proposito, era dai tempi di Vittorio Gassman che in tv non veniva letto con tale ironico talento un menù, grazie Paolo Minaccioni). E di farlo fingendo che sia un problema lunare, inspiegabile, cosicché quando Bazzi, giustamente, parla di “redistribuzione della ricchezza”, De Bortoli si affretta a dire che “si sta andando fuori tema”. Edoardo Ferrario è costretto a qualche battuta come sempre ottima, ma non c’è nulla di peggio che farle in cene ingessate e altoborghesi, sembri un concorrente di Lol, ma con coinquilini meno simpatici e più incapaci di ridere (in certe classi sociali pare sia considerato una patologia), il noto giornalista come sempre è il più preparato di tutti ed è un attimo che lo vorresti Presidente Della Repubblica.
Altra cosa: vero che se fai un dinner talk, ovvio che gli invitati devi conoscerli. Ma se chiami compiaciuta (sì, lo sappiamo, è già la seconda volta che usiamo questo aggettivo per Maria Latella, ma per 53 minuti su 55 solo così puoi definirla, a partire dai piani d’ascolto) Ferruccio De Bortoli direttore (che bella l’Italia, una volta che lo sei stato, lo sei per sempre) che ormai è un titolo come dottò a Roma, se nell’intervista finale ci tieni a farci sapere che quella domanda privata a Virginia Raggi la fai “perché ci conosciamo” e con Bazzi ci sono sguardi d’intesa (Ferrario è troppo poco borghese forse e si merita solo “sono contenta di riaverti come ospite”), il programma sembra condito da un amichettismo parossistico oltre che da pasta col pescespada e croccante. Ultima intervista a Raggi, peraltro, puntuta come quelle finali di Nicola Porro a Virus (è ironico ovvio). Perché allora rimanere incollati alla tv se la conduttrice - di cui si dice sempre “biografa di Veronica Lario” ma ha fatto parecchio altro di buono, il patriarcato si vede anche da questo (a proposito, perché tre ospiti maschi e una sola donna?) - palesemente non è a suo agio - anzi, peggio, ti mette a disagio, in primis a a te come spettatore e pure gli ospiti non è che proprio fossero scioltissimi - ed è difficile trovare credibile l’argomento e le argomentazioni e i due più punk sono troppo preoccupati di non far troppo rumore?
Perché si vede, ad esempio, il zampino del capo progetto Pietro Galeotti (Quelli che il calcio, 13 anni di Che tempo che fa che si vedono tutti per tenere insieme 55 minuti improbabili non facendo sembrare quelle chiacchiere tragicomiche, Ogni cosa è illuminata, Lessico famigliare e Splendida Cornice tra gli altri titoli a cui ha lavorato, che sono molti), perché attorno a un tavolo in tv preferisci è vero che ci siano Alessandro Borghese o ancora di più Costantino Della Gherardesca (ma quest’ultimo per me dovrebbe fare tutto, pure Sanremo), ma poi in tv con cibo e tavolate funziona quasi tutto e finisci per trovare simpatico addirittura Carlo Cracco su Prime. Ok, no, non esageriamo.
Il motivo, però, è lo stesso per cui continui ad accettare gli inviti dei padroni di casa peggiori: perché come in tutte le cene più surreali i corto circuiti tra invitati che non si conoscono fra loro sono le cose meno volute ma migliori. Come il momento meraviglioso in cui Latella cita Manfredi Catella su come riqualificare i 40.000 appartamenti sfitti di Genova e farne una succursale di Milano grazie al miglioramento dell’infrastruttura dell’alta velocità e viene presa a pretesto da Ferrario per una sapida battuta sul Ponte sullo Stretto e su come si potrebbe puntare, allora, a Reggio Calabria e Messina con lo stesso criterio. E mentre Bazzi gli fa da spalla, Latella, in un impeto di sincerità che sfugge anche al montaggio, con vendittiana goffaggine gli chiede “andresti davvero in Calabria?”. Momento di gelo, modello appunto “cena per farli conoscere” e poi il timido “perché no” di Ferrario porta tutti oltre il cringe.
Ecco, per 55 minuti mi sono chiesto: ma che target ha questo house talk che va a gareggiare con È sempre Cartabianca, Porta a porta, i falò finali di Temptation Island e da martedì prossimo con Floris? Che senso ha fare una seconda serata di un’ora scarsa alle 23 (che parla appunto di politica, società e affini), con un possibile pubblico limitato nella quantità (quanto ancora non sappiamo, visto che proprio oggi l’Auditel sta facendo uscire i dati col contagocce)? Perché in fondo il radical cringe, finora, era appannaggio solo del Gramellini televisivo e serviva una parte femminile che portasse in alto il vessillo della gauche caviar, che la rappresentasse. Ovviamente non quella vera ma come se la immaginano i dirigenti Rai di adesso. Perché a sinistra, in quel salotto, c’erano al massimo le forchette. P.S.: ho fatto un sogno. Stessa casa. Stesso format. Ma Ferrario e Bazzi padroni di casa. Vi prego, fatelo.