Il nome di Ilaria Salis, l’insegnante 39enne di Monza detenuta in Ungheria a cui non sono stati concessi gli arresti domiciliari, è ormai noto ai più per il grande clamore mediatico che il caso ha scatenato. Ma quanti sono i detenuti all’estero di cui noi non abbiamo contezza? E in che situazione si trovano? Ne abbiamo parlato con Katia Anedda, presidente di Prigionieri del Silenzio Onlus, nata nel 2008, che è l'associazione che più di tutti ha il focus sugli italiani detenuti all'estero e ne supporta i familiari residenti in Italia. E agli addetti ai lavori sembra non stupire il caso di Ilaria Salis. Ci dice Anedda: “Ho visto condizioni anche nettamente peggiori. Credo che il caso sia anche strumentalizzato da chi vuole andare contro il governo”. E quanti casi ci sono di italiani dimenticati nel mondo? “Secondo le stime sono 1.924, ma siamo bassi. E su questo mi sento di dire che Sergio Mattarella è stato bravo a rassicurare Roberto Salis, ma allora dovrebbe fare altre 1.924 chiamate”. Poi ci ha rivelato quale consiglio darebbe a Roberto Salis, il padre di Ilaria, e come secondo lei si sta comportando il governo di Giorgia Meloni. E su Chico Forti...
Katia Anedda, come nasce la Onlus Prigionieri del Silenzio Onlus?
L'associazione è nata nel 2008 a seguito di una vicenda che ha visto coinvolta una persona a me molto cara, Carlo Parlanti, un connazionale detenuto ingiustamente negli Stati Uniti. La nostra è l'unica associazione in Italia che ha il focus sugli italiani detenuti all'estero e ne supporta i familiari residenti in Italia. Di questa vicenda e altre che nel corso degli anni hanno interessato la nostra onlus, si sono occupati diversi esponenti del mondo politico.
Chi in particolare?
Il già presidente Carlo Azeglio Ciampi mi ha fatto ricevere al Quirinale, l'allora parlamentare Marco Zacchera. Poi il ministro Matteo Salvini, quando era consigliere a Milano e anche nel suo incarico al Parlamento Europeoe l'ex ministro degli esteri Giulio Terzi, che ha anche scritto la prefazione del mio libro "Prigionieri dimenticati” e ha supportato la seconda versione che accoglie integrazioni sulla detenzione in Italia, capitolo scritto da Federico Vespa che da anni si dedica al volontariato nel carcere di Rebibbia. Ancora oggi il senatore Terzi supporta le nostre iniziative.
Alla luce della sua esperienza, cosa ne pensa del caso di Ilaria Salis?
Penso che dovrebbe andare avanti la magistratura e non è un caso che mi sconvolge, perché è più di vent’anni che ascolto casi analoghi e ne ho anche vissuto uno come ho detto sopra. Dobbiamo considerare che ci troviamo in un carcere all’estero e non tutte sono attente ai diritti umani, soprattutto se si tratta di uno straniero. Quindi questo è uno dei più di duemila casi di italiani detenuti all’estero.
Quindi non la stupiscono le condizioni in cui versa la Salis?
No, perché ne ho viste diverse e anche nettamente peggiori. Ora il caso Salis ha anche l’attenzione dei media, per cui è anche “tutelato”, ma ritengo che sia anche molto strumentalizzato da chi vuole andare contro la gestione del nostro governo. Non darei molto contro ai livelli governativi da questo punto di vista, ma lo farei nel rivedere le convenzioni che spesso non vengono rispettate. Prima di occuparsi del caso della Salis, di cui è giusto che se ne occupino, bisognerebbe andare a fondo anche degli altri casi. Perché allora bisognerebbe fare lo stesso rumore anche per gli altri duemila detenuti. Come noi non vorremmo che interferissero altri stati sulle nostre questioni giuridiche, penso che dovrebbe essere così anche al contrario. Quello che il governo può e deve fare è porre l’attenzione sui diritti umani e farle avere un processo equo in tempi brevi. Ma questo dovrebbe essere fatto anche per Filippo Mosca e per tutti gli altri.
Ma il caso della Salis sta oscurando altri casi di cui si parla meno?
Oscurando no, ma avrei sperato che ci fosse più attenzione sul problema in generale che su quello singolo di Ilaria Salis, anche da parte degli italiani, perché all’italiano medio, finché non tocca lui personalmente, non interessa. Altrimenti rischiamo che si parli solo del caso in sé e non del problema che è molto più grande. Detto ciò, degli altri detenuti non si parla quasi mai per diversi motivi.
Ovvero?
Talvolta le famiglie non vogliono trattare il tema e non vogliono che diventi di dominio pubblico anche perché ci sono rischi di ritorsione. Ma grazie al caso Salis c’è stata un minimo di visibilità in più sul caso di Filippo Mosca e Luca Cammalleri, che però non hanno la stessa attenzione dalla parte mediatica.
E come mai?
Forse chi sta portando l’attenzione dietro al caso Salis è mediaticamente più forte. Ci sono cose giuste fa fare e altre meno. In merito all’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, è stato bravo a rassicurare il padre di Ilaria, Roberto Salis, ma allora dovrebbe fare altre 1924 chiamate. E 1924 è un numero basso, sono statistiche non del tutto attendibile, perché rappresentano una fotografia dei detenuti all’estero al 31 dicembre 2022. Ma sappiamo che molti possono essere arrestati il 2 di gennaio e rilasciati il 29 di dicembre e non sono in quelle statistiche. Altri non avvisano il consolato e non vogliono l’attenzione del nostro governo spesso per paura, ritorsioni e quindi non rientrano in quelle statistiche.
Mi sta parlando di ritorsioni, che cosa intende?
Le prigioni sono fatte di persone e in molte occasioni, se un caso viene conosciuto o diventa molto noto, si possono irrigidire gli altri detenuti, il personale della prigione o il sistema giuridico del posto. Non fa mai piacere che ci possano essere delle ingerenze nel proprio lavoro. Pensando all’Italia possiamo chiedere a tutti i cittadini come si siano sentiti quando la Clinton è venuta in Italia ed è intervenuta sul caso di Amanda Knox. Siccome noi non eravamo minimamente contenti, penso che avvenga lo stesso dall’altra parte. Non dimentichiamo che l’italiano medio pensa che se sei in prigione devi aver necessariamente fatto qualcosa.
Ma come mai nel caso di Ilaria Salis in molti dicono che se è andata in Ungheria poi non si deve lamentare?
Lei deve essere sottoposta a un giudizio se ha violato la legge avere un processo equo, ma l’Ungheria ha le sue regole. Lei è andata lì per contestare un governo, che non era nemmeno il suo governo. Per carità, cosa sacrosanta. Ma se io vado in un posto lo devo fare con ragioni e conoscenza di causa e lei non è andata a fare una vacanza.
Lei cosa consiglierebbe al padre di Ilaria che ora è deluso dalla politica?
Siamo tutti delusi dalla politica, che non ci va mai bene per un motivo o per un altro. Quello che mi sento di consigliargli è di stare molto vicino a sua figlia che versa in quelle condizioni. Lo dico perché l’ho provato sulla mia pelle, motivo per cui è nata l’associazione, dato che il mio ex fidanzato era stato arrestato ingiustamente e oltretutto in America, per cui non mi bastava un'ora di volo. Bene che si faccia rumore mediatico, che da una parte può essere controproducente se fatto in un certo modo, ma dall'altra può aiutare i detenuti perché c'è maggiore attenzione su di loro. Ci sono casi di nostri connazionali che sono arrivati in prigione e di cui poi non abbiamo più saputo nulla proprio perché non avevano l'attenzione di nessuno. Alcuni di questi ci sono addirittura morti in prigione.
A chi si sta riferendo?
In passato abbiamo avuto un connazionale che si chiamava Claudio Castagnetta, che è morto in una prigione del Canada di cui si è parlato poco o quasi niente e non si sono mai sapute le ragioni reali della sua morte. Poi c'è stato Simone Renda, che era andato in vacanza in Messico ed è stato ucciso in prigione: era stato semplicemente fermato perché avevo avuto un malore, era andato in ansia perché stava per perdere l'aereo ed è stato fermato dalla polizia per problemi di disordine pubblico. Dopo due giorni, la madre ha ricevuto una telefonata in cui le chiedevano se volesse indietro suo figlio cremato o se volesse la salma. Oggi abbiamo connazionali in detenzione in Slovacchia a cui viene dedicato lo stesso trattamento di trasporto con manette ai polsi e caviglie, che dormono tra escrementi e topi e scarafaggi. Ci sono poi Filippo Mosca, Luca Cammalleri e la ragazza con loro, che vengono portati in tribunale solo ammanettati, ma per mesi hanno dormito in compagnia di scarafaggi. Filippo ha dei problemi di salute, deve seguire un certo regime alimentare ma è costretto a cibarsi con pastina semicotta nel latte o scatolette di tonno e carne, acquistate con le possibilità economiche della famiglia. Sempre Filippo è stato quasi accoltellato nella prigione di Porta Alba. Per cui non mi sembra che viva condizioni migliori della connazionale Salis, il cui padre è stato rassicurato dall'interesse del presidente e mediatico. Un altro connazionale in arresto in Grecia è stato portato in tribunale con solo le manette ai polsi lasciate però per tutto il tempo dell’udienza. Ha trascorso quindici giorni di carcere senza che gli dessero da mangiare. Ma ha avuto la fortuna di aver avuto il cibo dalle famiglie di altri detenuti del posto. Era in cella con dieci detenuti e c’erano solo sette materassi buttati per terra senza lenzuola.
E al di fuori dell’Europa?
Nella Repubblica Dominicana una nostra connazionale è stata costretta in una stanza senza acqua e luce, doveva docciarsi in uno spazio dove gli uomini orinavano. Non vorrei entrare nel merito delle carceri del Sud America o Africa o peggio Stati Uniti, dove ho visto connazionali con catene ai piedi mani, vita e addirittura incatenati tra loro. Poi c’è il caso di Andrea Costantino, arrestato a Dubai, in cui siamo intervenuti. Abbiamo contribuito alla retta dell'asilo della figlia. Lo scorso aprile siamo andati ad assistere a Monaco di Baviera un connazionale contribuendo alle spese di viaggio e di alloggio della compagna e della sorella. Quest'anno stiamo facendo tutto ciò che è in nostro possesso per la famiglia di Filippo Mosca e Luca Cammalleri.
Ci sono segnali positivi da questo Governo?
Il governo Meloni sta dando dei segnali molto positivi e lo abbiamo visto anche con il fatto che ha ottenuto le firme per il rientro in Italia di Chico Forti. Un altro segnale è riferibile allo scorso anno: quando si era insediato l’attuale governo, il sottosegretario Giorgio Silli mi ha convocato subito, ma non l’avevo chiamato io, è stato lui a chiamarmi per voler capire di più sugli italiani detenuti all’estero.