In un’intervista a Gennaro Sangiuliano sul Corriere della Sera, l’ex ministro e neoassunto Rai, tornato da dov’era partito, parla della sua nuova vita, fuori dalla politica per sempre (“Voglio fare bene il giornalista”). Il futuro, la scrittura, il cinema, la letteratura e anche il calcio. Del caso Boccia si parla poco, per sua richiesta, così si lavora sui fianchi di qualche luogo comune (napoletano, calcio) e qualche tema dovutogli (la cultura). C’è chi ieri a Di Martedì definiva “l’amichettismo un elemento del melonismo”, cosa del tutto falsa. Forse un elemento di questo governo di destra è più tosto il berlusconismo (ma è un elemento comune a quasi tutti i governi della Seconda Repubblica). E anche Sangiuliano si è dimostrato essere, per la stampa e parte della società civile, un degno portabandiera di questa, se non nobile, italica tradizione. Ma quei tempi son passati. Ora forse lo aspetta un incarico a New York per conto della Rai e per questo avrebbe ricominciato a prendere lezioni di inglese. Una sede prestigiosa che Sangiuliano ritiene di meritare in virtù delle sue tante biografie pubblicate. È serio: “[mi documento sulla] Politica estera, soprattutto. In particolare il leader turco Erdogan, su cui farò il mio prossimo libro. Sa che era una promessa del calcio? Lo chiamavo il Beckenbauer turco. Mi piacciono le biografie: ho scritto quelle di Hillary Clinton, Putin, Xi Jinping, Reagan, la vita di Lenin a Capri a cui una illustre firma del Corriere, Raffaele La Capria, dedicò una recensione... Insomma sono titolato ad avere un incarico all’estero». Ci si chiede perché Giorgia Meloni non ci abbia pensato allora.
Il giornalista parla anche di come passa la sua giornata, che evidentemente inizia all’ora di cena – “Guardo i tg, cominciando dal Tg2 delle 19, poi il Tg1 e chiudo con il Tg2. Leggo giornali. Passeggio con qualche amico” – forse per colpa dell’insonnia procuratagli da un “vero assalto mediatico, uno stillicidio […] le confesso che ancora sento la persecuzione”. Prima di andare oltre una piccola nota di merito, la bella citazione del conservatore Prezzolini, che rispondendo a chi gli chiedeva se facesse o no attività fisica diceva: solo un po’ di marcia lenta ai funerali degli amici che facevano attività fisica. Dicevamo: Napoli. La Napoli del calcio, che Sangiuliano ha seguito parsimoniosamente al Maradona, abbastanza da potersi paragonare, su richiesta del giornalista, a “Lele Oriali, a cui Ligabue aveva dedicato Una vita da mediano” (pur riconoscendo in sé il fuoco del fantasista, “un po’ come Bruno Conti”; bisognerebbe chiedersi se Lele Oriali e Bruno Conti si sentano un po’ i Sangiuliano del calcio…). Ma anche la Napoli di Paolo Sorrentino, che con Parthenope ha fatto davvero un cattivo servizio alla città, parola di un sorrentiniano come l’ex ministro: “Troppo duro con i napoletani”. La dolcezza che traspare dalla risposta sui libri è invece invidiabile, segno di un’ingenuità da rinascimento personale (si vede che ha cambiato aria). Così dice di aver apprezzato Senza eredi di Marcello Veneziani (Nuova Destra), Elegia americana di J. D. Vance (paleoconservatore) e Q dei Luther Blisset (cioè Wu Ming, sinistra). Un atteggiamento che in realtà ci sentiamo di consigliare.