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“Sono sempre gli uomini”. Cara Elena Cecchettin, allora “sono sempre i migranti" e “sono sempre i palestinesi”? Ecco perché la retorica sulle donne fa schifo

  • di Francesco Mazza Francesco Mazza

29 novembre 2023

“Sono sempre gli uomini”. Cara Elena Cecchettin, allora “sono sempre i migranti" e “sono sempre i palestinesi”? Ecco perché la retorica sulle donne fa schifo
Lo scrittore Francesco Mazza ci spiega perché la retorica sul patriarcato e la figura femminile, emersa dopo il caso Cecchettin, andrebbe messa da parte. È troppo facile generalizzare, prendere un caso singolo ed espanderlo all’intera categoria di persone, come nel caso dei migranti o delle persone di origini palestinesi. Scrive: “Per ogni migrante che delinque ce ne sono milioni che lavorano spezzandosi la schiena onestamente. Per ogni musulmano che uccide ce ne sono milioni che non farebbero mai del male a nessuno”. E sul ruolo delle famiglie, la lettera di Elena Cecchettin e l’articolo di Beppe Severgnini...

di Francesco Mazza Francesco Mazza

Adesso che è passato qualche giorno è il momento di considerare seriamente la lettera che Elena Cecchettin ha inviato al Corriere della Sera la scorsa settimana, quella che diceva: “Viene spesso detto non tutti gli uomini. Tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini”. Ora che l’onda emotiva si è attenuata proviamo a sostituire la parola “uomini” con la parola “migranti” e vediamo l’effetto che fa. “Viene spesso detto non tutti i migranti. Tutti i migranti no, ma sono sempre migranti. Nessun migrante è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità dei migranti in questa società dell’accoglienza educare e richiamare amici e colleghi non appena sentono il minimo accenno di violenza”. Sarebbe intollerabile una generalizzazione del genere, giusto? Sarebbe il tipico caso di rozza retorica xenofoba che strumentalizza un caso particolare per attaccare un’intera categoria di persone: quel genere di cose contro cui ogni persona di sinistra ha il dovere di ribellarsi, insomma. E allora facciamo un altro esempio. Prendiamo ancora la lettera di Elena Cecchettin e sostituiamo la parola “uomini” con quella “palestinesi”. “Viene spesso detto non tutti i palestinesi. Tutti i palestinesi no, ma sono sempre palestinesi. Nessun palestinese è buono se non fa nulla per smantellare Hamas. È responsabilità dei palestinesi educare e richiamare amici e colleghi non appena sentono qualcuno parlare di Hamas”. Qui invece si scenderebbe in piazza direttamente, anzi, in molti lo hanno fatto e lo faranno ancora, per contrastare l’idea che ogni palestinese o più in generale ogni mussulmano, debba sentirsi chiamato in causa per i crimini commessi da una piccola, piccolissima minoranza. In altre parole: abbiamo passato la vita a contrastare l’idea – oscenamente “di destra” – che le azioni dei singoli bastassero per gettare la croce addosso a un’intera categoria di persone. In questa ultima settimana invece, abbiamo scoperto, grazie al Corriere della Sera, che quello che giustamente non vale per i migranti o i palestinesi vale però per una categoria di persone ancora più generale e qualunquista, ovvero “gli uomini”. Si possono trarre alcune conclusioni.

Elena Cecchettin
Elena Cecchettin, sorella della vittima di femminicidio, Giulia Cecchettin

Prima di tutto, tra la retorica identitaria e xenofoba della destra populista e quella utilizzata da questo tipo di sinistra “woke” non c’è alcuna differenza: entrambe criminalizzano un insieme di persone sulla base di un caso particolare. Fa nulla che il 99,9% periodico di mussulmani o di migranti siano brave persone, fa nulla che il 99,9% per cento periodico di uomini sul pianeta non farebbe del male al nessuno: la cosa importante è strumentalizzare tutto e subito per portare acqua al proprio mulino retorico. Il perché questo avvenga è presto detto. La destra sfrutta questo tipo di retorica per fomentare la paura – la paura dell’altro, la paura del diverso – e prendere voti. L’avantgarde culturale di sinistra, persa ogni velleità di esercitare una leadership politica utilizza lo stesso procedimento per ribadire la propria superiorità in campo morale e culturale. Scrittrici di cui nessuno ricorda le opere, giornaliste che non hanno mai trovato una notizia in vita loro, hanno passato giorni a gettare la croce sull’intera categoria maschile per vendere più copie dei loro libri, per fare piu’ visualizzazioni con i loro articoletti. A loro si accodano gli uomini collaborazionisti, anche loro alla ricerca di visibilità, come ad esempio Beppe Severgnini, che sul Corriere, all’indomani della tragedia, ha vergato un memorabile pezzo “Quello che gli uomini non capiscono” per dire, essenzialmente, che una donna è libera di lasciarti quando vuole. Si tratta di un concetto che il 99,9% degli uomini conosce e rispetta (ripetiamolo: proprio come il 99,9% dei palestinesi non ha niente a che fare con il terrorismo, così come il 99,9% dei migranti non ha nessuna intenzione criminale). Strumentalizzare la sorella di una ragazza assassinata, farne una sorta di Greta Thumberg della violenza contro le donne è un’operazione stomachevole anche per gli standard a cui ci ha abituato il Corriere della Sera, che non esercitando più, da tempo, un briciolo dell’autorevolezza che aveva prima, da anni è diventato il paladino dell’operazione retorica di cui sopra. Elena Cecchetin ha tutte le giustificazioni del caso, può dire e pensare quello che vuole, la sua dignità davanti al dolore è ammirevole, io reagirei in modo molto più vigliacco e sbagliato di lei. Ma il cinismo senza vergogna di chi l’ha sbattuta in copertina per vendere, dandola in pasto alla vile cagnara social, fa venire i brividi. In tutto questo berciare di patriarcato, la categoria di persone che dovrebbe indignarsi di più non sono gli uomini, quanto quella costituita dalle madri italiane. Se si sostiene che gli uomini e i ragazzi di oggi siano incapaci di capire che uccidere è sbagliato, si sostiene che le famiglie, dunque anche le madri, dunque anche le donne, siano conniventi con questo sistema, siano incapaci di trasmettere ai figli l’idea che gli omicidi non si commettono. In altre parole: se le cialtronate scritte in questi lunghi giorni dai giornali italiani fossero vere, significherebbe che milioni di donne italiane, sono sciagurate incapaci di distinguere il bene dal male, vittime di un lavaggio del cervello peggiore da quello operato dalla peggiore dittatura che si ricordi. La realtà è ovviamente l’opposto: le madri italiane, e le donne italiane, sono la più grande risorsa di questo Paese. Esaurito il carnevale di chi è sceso in piazza contro il patriarcato imbracciando una bandiera palestinese e dicendo “NO” al ponte sullo stretto di Messina, spero che le madri italiane di ogni colore politico facciano sentire la loro voce, difendendosi da questo attacco inaudito. In conclusione, occorre ripetere un concetto a questi mercanti di libri, di podcast, di articoletti di risulta, in perenne ricerca di visibilità. Per ogni migrante che delinque ce ne sono milioni che lavorano spezzandosi la schiena onestamente. Per ogni musulmano che uccide ce ne sono milioni che non farebbero mai del male a nessuno. E per ogni uomo che uccide una donna ce ne sono infiniti che in tutta la loro vita mai penserebbero a un atto del genere. Forza, bruciate pure tutto: noi - noi non uomini, noi non donne, noi non trans, noi non queer, noi non nessuna delle vostre stupide etichette, noi, semplicemente, persone, persone, PERSONE!, continueremo a spegnere l’incendio della vostra retorica idiota.

Beppe Severgnini
Beppe Severgnini

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