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A Milano finisce una storia: l'ultimo giorno di Buscemi Dischi

  • di Emiliano Raffo Emiliano Raffo

19 marzo 2023

A Milano finisce una storia: l'ultimo giorno di Buscemi Dischi
Un’altra iconica realtà ha chiuso definitivamente i battenti. Buscemi Dischi era un’istituzione a Milano, un punto di ritrovo per tutti gli appassionati di musica, e non la musica digitale ormai priva di qualsiasi forma. La musica quella vera, in vinile e cd, oggetti che hanno accompagnato più generazioni ma che ormai sembrano essere giunti al capolinea, salvo qualche affezionato del vintage che non demorde. Con Buscemi finisce un pezzo di storia che accompagnava la città dal 1967…

di Emiliano Raffo Emiliano Raffo

Milano non si ferma quasi mai. C’è chi apre – i Ferragnez tra poco entreranno nella casa dei loro sogni e ovviamente, sul tema, hanno già mobilitato i follower – e c’è chi chiude, perché di follower, diciamo, ne ha meno di prima. O perché, semplicemente, il mercato ormai è una bestia scorbutica, avara, a tratti indomabile. Ieri, in via Terraggio (ancora più celebre l’entrata all’angolo di via Carducci), ha chiuso i battenti Buscemi Dischi, storico negozio-ritrovo collocato a un centinaio di metri dalla sede centrale dell’Università Cattolica di Milano e a due passi, letteralmente, dal Bar Magenta, incrollabile simbolo di una Milano che ne ha viste di tutti i colori. Tanto, in questi ultimi tempi, l’affetto ricevuto da Mario Buscemi, 70 anni, padrone del negozio e volto affabile e competente che ha sfamato generazioni di appassionati di musica. Ieri, attorno alle 17, in un’atmosfera di caotica giovialità, gli ultimi addii, sottolineati da zaffate di ipnotico blues suonato dal vivo – la commozione, va detto, era in edizione limitata, questione di sguardi e sorrisi furtivamente rubati, tra una pacca sulla spalla e l’altra, a clienti talmente affezionati da essere più amici che semplici clienti. Il negozio, disadorno, era già pronto a farsi cambiare i connotati. Scaffali vuoti, pochi i pezzi ancora disponibili, l’aria di smobilitazione mitigata solo dalla caciara di chi tendeva le braccia oltre il bancone per un buffetto, un saluto, o solo per arraffare una tartina o una focaccina. Si brindava, perché chiudere talvolta è anche una liberazione. Il negozio era aperto dal 1967, ha attraversato mode, stili e movimenti restando sempre in piedi. Ergendosi, anzi, ad autentico faro. Soprattutto in quegli anni in cui, per consumare musica senza rischiare ogni volta di buttare i soldi, servivano le stampelle di un mensile illuminato, di una radio coraggiosa, di uno fidato spacciatore di formati (vinili, nastri o cd che fossero). Milano ha avvolto Mario Buscemi e i suoi “ragazzi” (noi abbiamo rubato qualche parola a Franco Franchi, 33 anni da commesso nel negozio) con lo scialle caldo che t’aspetti ti possa allungare, al momento degli ultimi saluti, una città di provincia. Tanti tributi, a partire da quello di Claudio Sessa, autore di una bella intervista al patron Buscemi sul Corriere.

I vinili che erano in vendita da Buscemi
I vinili che erano in vendita da Buscemi

“Passavano tutti dal nostro negozio: ricordo star come Renzo Arbore ed Enzo Jannacci, cantanti come Alice, Battiato e Ligabue, calciatori come Ruud Gullit e George Weah, comici come Claudio Bisio e Giacomo Poretti, jazzisti d'avanguardia come Anthony Braxton e John Zorn”, ha ricordato Buscemi. Nella mattinata di ieri anche il post su Facebook di Enzo Gentile, celebre firma “born in Milan” del giornalismo musicale italiano, che cita “La musica è finita” scrivendo: “Una canzone (Ornella Vanoni, 1967) che mi ha sempre messo tristezza, proprio come pensare alla giornata di oggi, che segna la chiusura di un negozio – ma la definizione è riduttiva – dove ho passato molte ore, imparato tante cose, incontrato diversi amici. Buscemi dischi, dal 1973 è stata, non solo per me, a lungo, una seconda casa. Ho comprato, ascoltato, curiosato senza mai sentirmi sazio. Tutt’altro. Ora che i negozi, e anche i dischi, quasi non esistono più, Buscemi chiude e Mario saluta tutti dopo una vita tra gli scaffali e il banco vendita. Nessuna nostalgia o malinconia esagerate, però una visita andava fatta. E, senza troppo fatica, ancora ho trovato alcuni dischi (interessanti) da acquistare: mi pareva brutto uscire a mani vuote. Proprio oggi… Ps. Nei prossimi mesi qui avrà sede un parrucchiere, o hair stylist. Cose così”. Appunto, “cose così”. Il problema, forse, è anche cosa prenda il posto di istituzioni come Buscemi. Nel maggio di tre anni fa, in piena pandemia, chiudeva Mariposa Duomo, ritrovo metal rintanato nel sottopasso della metropolitana in Duomo. Oggi passi là sotto e tra quelle pareti, dietro quella vetrina lunga lunga, c’è ancora il nulla. Ok, una scuola di parrucchieri – quella che dovrebbe aprire al posto di Buscemi – non è proprio il nulla, però questi negozi che hanno percorso più epoche non trovano altri luoghi, simili ma non identici, che possano essere identificati come eredi. Eredi, in sostanza, di una voglia di fare comunità attorno alla musica, prima ancora che attorno all’oggetto musicale per eccellenza, il disco. La botta finale non è arrivata nel 2023, per Buscemi. Le botte – più di una – sono iniziate con gli mp3 e sono terminate con i vantaggi delle spedizioni gratuite firmate Amazon e la comodità dello streaming. Ma forse non è neppure saggio prendersela troppo con i venti avversi del cambiamento, bisognerebbe solo gioire, pur con un filo di mestizia, per più di 50 anni di fiera militanza.

Il negozio di Buscemi
Il negozio di Buscemi

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