Secondo le ultime proiezioni Istat, è l’unica città in Toscana e tra le poche in Italia destinate a crescere demograficamente nei prossimi anni. Questo è dovuto, più che altro, ai continui flussi in entrata tanto dai comuni limitrofi quanto dall’estero. Soprattutto dalla Cina. Ed è proprio dall’incontro/scontro tra le differenti culture, in primis quella cinese, che è necessario partire per comprendere quello che sta accadendo a Prato da qualche mese a questa parte. Nella sedicesima città più grande d’Italia, che si appresta in questi giorni a superare i 200mila residenti regolari, sono ancora molti coloro che non si sono ripresi del tutto dal primo commissariamento prefettizio della storia. Una dimensione che da queste parti si pensava fosse possibile soltanto per realtà come Paternò o Lamezia Terme e che invece è arrivata anche qua, come un terremoto in grado di distruggere equilibri e logiche di potere costruite in trent’anni di Seconda Repubblica. E se da una parte la polis sembra alla disperata ricerca di una via di uscita sia per inseguire un riscatto collettivo sia per togliersi di dosso gli imbarazzi di una città oramai allo sbando, la comunità cinese ha iniziato a mobilitarsi su WeChat cercando di organizzarsi autonomamente per contrastare l’inarrestabile ascesa dell’azione sindacale organizzata da Sudd Cobas. Tutto è iniziato con il commissariamento di giugno, con la sindaca dimessasi dal suo incarico a seguito di pesanti accuse di corruzione e l’arrivo in città del commissario prefettizio. Ma i colpi di scena non sono finiti qui e oggi, la discesa agli inferi della fashion valley più grande d’Europa, sembra essere soltanto agli inizi. La grande attenzione mediatica e politica innescata dagli eventi, ha portato il governo Meloni ad attenzionare in maniera importante le vicissitudini pratesi.
Prima con la visita della Commissione Antimafia ad aprile, che fece tappa in città soprattutto per sviscerare i temi legati al ruolo della malavita organizzata cinese nel distretto manifatturiero locale, dove da anni è in corso una violenta guerra tra clan mafiosi per il controllo del territorio e della logistica. Business che, secondo alcune stime, raggiungerebbe un volume di affari annuo superiore ai 100 milioni di euro. E poi a Ferragosto, anche questo primo caso nella storia cittadina, con l’arrivo del Comitato Nazionale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica alla presenza del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, del sottosegretario di Stato, del capo della Polizia di Stato, del comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, del comandante generale della Guardia di Finanza e del Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. Insomma, tutti i più alti vertici del Paese per quanto concerne sicurezza e legalità. Ed è proprio in questo scenario che l’ex capo della Dda di Firenze Filippo Spiezia, nominato nel frattempo in rappresentanza dell’Italia all’Agenzia dell'Unione Europea per la Cooperazione Giudiziaria Penale, il giorno prima della visita in città del Ministro Piantedosi anticipò alla stampa l’esistenza di un’indagine in corso per fare luce nei rapporti tra mafia cinese e istituzioni pratesi con le seguenti parole: “Appartiene alla logica delle organizzazioni mafiose alimentare rapporti con esponenti delle istituzioni per consolidare posizioni di potere e ampliare la sfera del business, offrendo sostegno in occasione di competizioni elettorali. E non a caso questo schema è oggetto di verifica anche in indagini recenti”.
Se a un imprenditore che finanzia la campagna elettorale di un sindaco venisse approvata una variante urbanistica in grado di trasformare un suo terreno da agricolo in edificabile, secondo voi sarebbe una cosa regolare? Eppure, questo accade centinaia di volte all’anno in centinaia di comuni italiani. Per il momento, a Prato come altrove, non è chiaro chi siano i finanziatori dei partiti. Né a livello locale né a livello nazionale. E questo innesca mille retropensieri e scomode congetture politiche. In attesa che la magistratura pratese faccia luce su quanto annunciato dai procuratori Spiezia e Tescaroli, non ci resta che lanciare l’ennesimo grido disperato di una città smarrita che adesso pretende verità. Dove ultimamente imprenditori cinesi hanno persino aggredito fisicamente agenti della Digos che stavano seguendo da vicino uno sciopero promosso da operai pakistani rappresentati da Sudd Cobas, che denunciavano condizioni di sfruttamento lavorativo. Chi sono i politici pratesi che hanno relazioni di interesse con i mafiosi cinesi? È inaccettabile pensare che le prossime elezioni amministrative, che si terranno probabilmente nella prossima primavera, si tengano senza che i pratesi abbiano risposta a questa domanda.