Ci sono degli aggiornamenti, piuttosto importanti, riguardo la vicenda giudiziaria della famiglia Agnelli-Elkann, in guerra gli uni con gli altri da oltre vent’anni. Nello specifico, a combattere sono Margherita Agnelli da una parte e dall’altra i suoi tre figli John, Lapo e Ginevra Elkann (tutti indagati); in mezzo la grande eredità dell’avvocato Gianni Agnelli e di sua moglie Marella Caracciolo, e poi, quasi a cascata, una miriade di conseguenze legate a questo cavillo. Comunque sia, gli aggiornamenti delle ultime ore hanno un che di colossale, e potrebbero veramente mettere John Elkann con le spalle al muro. A quanto pare, i pm credono di aver trovato le carte che rivelerebbero tutti i sotterfugi della reale residenza di donna Marella, e quindi convaliderebbero le accuse di truffa ai danni dello Stato e frode fiscale. Queste prove sarebbero state nascoste fino a questo momento nella cantina dello studio di Gianluca Ferrero, contabile di famiglia, dove, scrive Manuela Messina su Il Giornale, è stata trovata una “«cartellina gialla» dal nome non troppo enigmatico: cioè «D.M. Successione». […] Il plico - continua la giornalista - conteneva un documento, chiamato «Domicilio a Gstaad» con persino i nomi in codice, cioè «Signora X» (la vedova dell’Avvocato, secondo i pm) e «Signora Y» (Margherita)”. Questo documento, che adesso viene chiamato “vademecum della frode”, si legge su Il Giornale, “conterrebbe la prova dell’esistenza di un «accordo» preordinato di fare figurare la residenza di Marella in terra elvetica”. Nelle carte, quindi, sono riportate i accuratamente i vari “consigli su come gestire la questione della residenza”. I pm, rivela ancora Messina, attribuiscono il documento allo stesso Ferrero. Ma non è tutto…
Infatti, riguardo l’ambigua residenza di Marella, su cui si gioca buona parte della questione dell’eredità, come spesso sottolineato, adesso agli atti ci sarebbe addirittura un’altra carta dal valore fondamentale. Su Il Giornale viene descritta come “un vero e proprio assist in mano alla procura che le consentirebbe di dimostrare che «Marella Caracciolo, quantomeno dal 2014, ha dimorato in Italia per la maggior parte dei giorni, mentre in Svizzera ha trascorso meno di due mesi l’anno»”. Questo documento di quattro pagine sembrerebbe essere stato redatto dalla segretaria personale della vedova Agnelli, “un documento che riassume in modo sistematico i giorni di effettiva presenza in Italia”, che quindi sarebbero molto di più rispetto a quelli passati in Svizzera. E se ciò fosse vero, allora l’eredità dovrebbe essere gestita secondo le leggi italiane, e tutto verrebbe rimesso in gioco, incluso un eventuale ingresso di Margherita nella società di famiglia Dicembre. Su questo dettaglio, rivela la stessa Messina in un aggiornamento pubblicato sempre su Il Giornale, ora ci sarebbero le prime conferme dei testimoni. Sul Fatto Quotidiano Ettore Boffano e Marco Grasso, infatti, rivelano che “il controllo della società […] pare essere segnato da ‘atti simulati’”. Il riferimento è alla cessione del 41,29% del Gruppo passato dalle mani di Marella a quelle di John alla morte dell’Avvocato; cessione di cui, si legge sul Fatto, a oggi non esiste “prova del pagamento del prezzo”. Quindi, se tutte queste prove si rivelassero veritiere, scrivono Boffano e Grasso, “potrebbero provocare un possibile rientro di Margherita in Dicembre e la ricaduta di quel 41,29% nell’asse ereditario della vedova Agnelli. Con effetti per un’eventuale tassa di successione su almeno 2 miliardi di euro”.
Ovviamente, nulla di tutto ciò può essere preso come verità assoluta, almeno per il momento. Ma in una miriade di punti interrogativi, sembrerebbe esserci solamente una questione definitiva: “L’immunità della famiglia dell’Avvocato è finita”. Lo scrive Maurizio Belpietro su La Verità, giornale che dirige, tornando indietro ai tempi di tangentopoli e della presunta benevolenza dei magistrati riguardo al ruolo giocato da Agnelli in quel 1992 di fuoco. “Risultato - scrive il giornalista -, nonostante i conti esteri e le banche del gruppo dislocate alle Bahamas dai cui conti erano partiti miliardi, tutto finì in gloria, senza cioè che si scoprissero gli altarini del più grande gruppo industriale italiano”. Dunque, sempre secondo il giudizio di Belpietro, gli ultimi aggiornamenti del caso Agnelli-Elkann hanno un che di “sorprendente”, visto che “mai nella storia della Fiat - si legge nel suo articolo - la magistratura aveva osato tanto […] per la prima volta nella storia secolare della Fiat, la magistratura non si è limitata all’anticamera, ma è scesa anche negli scantinati degli Agnelli”. Conclusione: “È la fine di un’epoca. L’immunità per meriti industriali non esiste più neppure a Torino”.