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Agnelli-Elkann bloccati, auto italiana minacciata dalla Francia e dalla Cina. Ecco cosa sta succedendo

  • di Lorenzo Fiorentino Lorenzo Fiorentino

5 marzo 2024

Agnelli-Elkann bloccati, auto italiana minacciata dalla Francia e dalla Cina. Ecco cosa sta succedendo
Il primo produttore automobilistico italiano rischia di diventare sempre meno italiano: in Stellantis la cordata Agnelli-Elkann è bloccata di fronte al potere francese, e intanto la Cina sta diventando una realtà sempre più "minacciosa". E comincia ad arrivare anche dal mare... Ecco cosa sta succedendo

di Lorenzo Fiorentino Lorenzo Fiorentino

Non è una novità che in Italia il settore automobilistico zoppichi un po’. O perlomeno a zoppicare è l’impegno del primo produttore “made in Italy” nel Belpaese. Insomma, Stellantis ha deciso di optare per quella che di fatto potrebbe essere identificata come una sorta di deindustrializzazione del settore in Italia, per produrre soprattutto in Europa dell’est e Africa del nord, dove i costi sono decisamente minori. Intanto qui negli storici stabilimenti Fiat ci sono serie preoccupazioni per il futuro, e a volte lunghi periodi di cassaintegrazione; come successo a Mirafiori. E come se non bastasse, adesso l’egemonia interna al gruppo automobilistico guidato da Carlos Tavares (amministratore delegato) e John Elkann (presidente), potrebbe cambiare a favore dei francesi, e dello stesso Emmanuel Macron. A sottolinearlo è la giornalista de La Verità Camilla Conti, che spiega così la strana situazione di Stellantis: “I francesi della ex Peugeot possono aumentare la quota del 2,5% salendo […] dal 7,1% attuale al 9,6%, mentre la cassaforte degli Agnelli, la Exor, è bloccata al 14,2%”. Un probabile cambiamento che era già previsto nell’accordo firmato nel 2021 sa Fca e Psa, che ha dato vita al gruppo. Inoltre, continua Conti, “al peso di Psa va aggiunto quello dello Stato francese che oggi attraverso Bpi possiede il 6,2%”. Insomma, la storia automobilistica tricolore adesso è a trazione francese, e a quanto pare lo sarà sempre di più. Un cambiamento che sembra trovare il benestare del polo Agnelli-Elkann, che sembra perdere interesse per i business storici di famiglia “verso - si legge su La Verità - mercati più profittevoli come il biotech e la sanità privata”.

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John Elkann e Carlos Tavares
John Elkann e Carlos Tavares

Così si lascia un vuoto pesante nel settore italiano, un vuoto che in qualche modo deve essere riempito. E il compito di trovare una soluzione spetta al ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso, che nelle ultime settimane sembrerebbe aver intavolato dei dialoghi con produttori statunitensi, come Tesla, e cinesi (di questi ultimi il ministro ha preferito non fare nomi). Comunque sia, sembrerebbe quasi che il piano sia di abbandonare i francesi per gettarci nelle braccia degli americani o di Xi Jinping, ma soprattutto dell’automotive elettrico. Ma la paura è un’altra: qui si rischia di strabordare sul piano politico (e non solo). “Negli Usa - scrive Conti - la Casa Bianca ha avviato un’indagine sulle tecnologie utilizzate nelle auto e nei camion elettrici connessi a Internet e provenienti dalla Cina, sulla base - si legge - dell’ipotesi di minacce alla sicurezza nazionale per l’invio di informazioni sensibili a Pechino”. Ma in queste ultime ore si fa strada anche un nuovo scenario, con l’invasione cinese che diventa ora anche un tema navale. “La Ferretti Group - rivela Conti - ha abbandonato un progetto di per sé poco credibile a Taranto […] - dove - l’obiettivo sarebbe quello di aprire le porte del Dragone al business della cantieristica navale sfruttando le pieghe del nuovo decreto energia […] senza dimenticare Brindisi: come ha rivelato La Verità - continua la giornalista -, i rappresentanti della Great wall motors, che produce auto elettriche, […] sono stati in visita presso l’Autorità di sistema portuale e hanno anche incontrato i vertici del consorzio Asi […] la strategia sarebbe quella di aprire al traffico di auto a bordo di navi della compagnia Grimaldi”. Ma quindi, quale (triste) destino ci aspetta?

Il ministro Adolfo Urso
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  • Cina
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