Ospite Filippo Ceccarelli, Corrado Formigli e Alberto Nerazzini hanno assemblato alcune delle loro inchieste di 100 minuti contrassegnate da esplorazioni sul tema dell’avidità. Un filo conduttore che per Aldo Grasso diventa occasione per sottolineare come “l’avidità, infatti, non è solo un tratto caratteriale e comportamentale, ma una forza narrativa potente che spinge la trama, modella i personaggi e offre profonde riflessioni sulla condizione umana”, scrive il critico del Corriere della Sera. E aggiunge: “Siamo andati subito sul letterario. Così Ceccarelli ha citato Shakespeare, Molière, Balzac, Dickens (Ebenezer Scrooge in Canto di Natale è l’archetipo dell’avido, la cui vita è consumata dalla ricerca del denaro, portandolo all’isolamento e alla miseria spirituale), persino Zio Paperone. Se non ricordo male, Gordon Gekko in Wall Street teorizza da par suo l’avidità”.

Grasso salva due delle tre inchieste andate in onda nella puntata. Promuove quella sulla società Loran, che ha visto protagonisti ex grillini “ora, per contrappasso, diventati lobbisti di aziende che producono armi mentre prima, in Parlamento, esibivano tutta la loro povera retorica sulle vittime delle armi”. E quella sui Benetton, con il loro “impero dove il sole non tramonta mai”, sempre vocati ai dividendi “nonostante la tragedia del ponte Morandi”. Per Grasso, questi due temi “si dimostrano esemplari per raccontare come la cultura dell’avidità premi l’accumulo a discapito di altri aspetti della vita”. Molto meno centrata, invece, l’inchiesta sull’edilizia milanese, che secondo il critico non è stata utile “per indagare la natura umana, le dinamiche sociali e le conseguenze morali di un desiderio insaziabile per beni materiali, potere o status”.

E qui arriva la stoccata, la prima: “Spesso, certi giornalisti hanno la tendenza, nel commentare i mali del mondo, a proporsi come ‘duri e puri’”. Poi una seconda: “La nostra società, per mezzo della magistratura, non potendo estirpare il male dell’avidità, esige la soppressione dell’oggetto che la suscita, a volte sbagliando anche bersaglio, come sta succedendo con la doverosa ricostruzione dello stadio di San Siro”. Ma in chiusura arriva il bello, con un post-scriptum che tutti aspettavamo: “Molti lettori mi spingono a chiedere a Al Bano di devolvere tutto o parte del cachet messogli a disposizione da Vladimir Putin alla Croce Rossa dell’Ucraina. Non sta a noi entrare nelle coscienze e nella sensibilità dei singoli. Al Bano faccia come crede ma viva Romina”.