Su MOW abbiamo pubblicato la controstoria di Milano proposta dal filosofo Leonardo Caffo, che sottolinea non solo come il modello meneghino sia fallito miseramente, diventando semmai il simbolo di un progetto esclusivo, per ricchi e disfunzionale, ma soprattutto come siano i giovani a essersene accorti prima di tutti. E proprio loro, infatti, avrebbero scelto, secondo Caffo, di tornare a guardare al Sud, a un’Italia più autentica. Caffo lo spiega così: “È un fenomeno nuovo, quasi impensabile fino a pochi anni fa. Le città meridionali, da Napoli a Palermo, da Bari a Catania, stanno vivendo una rinascita che Milano sembra incapace di replicare. I giovani tornano al Sud non solo per il costo della vita più accessibile, ma perché lì trovano comunità, autenticità, un senso di appartenenza che Milano ha smarrito. Le città del Sud stanno riscoprendo i loro modelli mediterranei: spazi pubblici vissuti, mercati rionali, una socialità che non si piega al ritmo frenetico della produttività. Milano, al contrario, si è chiusa in una logica di profitto che ha svuotato i suoi quartieri di anima”. Forse non il Sud del marianesimo e folklore, o forse sì. Sta di fatto che i giovani, per Caffo, cercano un via di fuga da quel sistema individualista e altoborghese incarnato dal capoluogo lombardo. La domanda, a questo punto, è: ma davvero al Sud lo trovano?

Ha risposto sul Foglio Camillo Langone, che prende a pretesto l’articolo di Caffo su MOW per decostruire la narrazione filomeridionale proposta nel pezzo, sottolineando come in realtà di quel Sud “naturale” resta forse solo la ricostruzione (falsa) nelle pubblicità, quella dei luoghi comuni. Che oltre a essere comuni, però, sarebbero anche passati, morti e superati dall’espansionismo turistico: “Il caro Leonardo Caffo è di Catania e io a Catania non ci sono mai stato ma il Sud peninsulare lo conosco eccome e questo rinascimento meridionale di cui scrive su Mow, in contrapposizione alle grane milanesi, non lo vedo proprio”. E rispondendo proprio alla tesi dell’autenticità del Sud, aggiunge: “Dico io: tanti giovani meridionali che non sono ancora saliti al Nord intendono farlo al più presto perché lì troveranno un reddito”. Il problema, però, è un altro. E non riguarda solo le possibilità materiali del giovane meridionale (“Al Sud la vita costa meno, ci mancherebbe, ma non essendoci lavoro se non sei ricco di famiglia rischi comunque di morire di fame”). Ma lo sfregio spirituale, l’invasione cosmopolita: “Autenticità? Ma dove? Il Sud costiero è turistizzato e dunque falso. A cominciare dalla ristorazione: io trovo più facilmente un risotto alla milanese a Milano che le orecchiette alle cime di rapa in Puglia”.

Se Caffo sostiene: “Le città del Sud stanno riscoprendo i loro modelli mediterranei: spazi pubblici vissuti, mercati rionali... Milano al contrario si è chiusa in una logica di profitto”. Langone risponde: “Al Sud vedo piazze spelacchiate, marciapiedi a pezzi, supermercati più che al Nord e tanta voglia di guadagnare con poche possibilità di riuscirci. La logica della perdita non appartiene a nessuna regione italiana: la depressione economica è una fatalità, non una scelta. E un rinascimento piacerebbe a tutti, ma non c’è”. Vexata quaestio, quella dei modelli depredati, che già altri avevano intuito, soprattutto riguardo proprio al turismo balneare (basti pensare a La linea dell’orizzonte di Christos Vakalopoulos, pubblicato in Italia dalle edizioni Medhelan). Che l’idea di un Meridione autentico sia, semmai, un’idealizzazione fuori tempo massimo?
