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Cari manager, ma quanto guadagnate? Da Tavares (Stellantis) a Elkann e Vigna (Ferrari), fino a Orcel (UniCredit) e Lovaglio (Monte dei Paschi) tra le banche, ecco la classifica dei più pagati. Troppo?

  • di Matteo Suanno Matteo Suanno

18 aprile 2025

Cari manager, ma quanto guadagnate? Da Tavares (Stellantis) a Elkann e Vigna (Ferrari), fino a Orcel (UniCredit) e Lovaglio (Monte dei Paschi) tra le banche, ecco la classifica dei più pagati. Troppo?
Nel 2024 il compenso medio dei top manager italiani è stato di 3 milioni di euro. Nella classifica svetta Tavares con la buonuscita da Stellantis, in compagnia di Vigna (Ferrari) e John Elkann. Ma anche Cimbri (Unipol), Orcel (UniCredit) e Lovaglio (Monte dei Paschi). Intanto gli stipendi degli italiani sono sempre più erosi dall’inflazione…

di Matteo Suanno Matteo Suanno

In Italia solo i salari dei lavoratori sembrano restare al palo. Aumenta il prezzo delle azioni in borsa, – che fa felici banche e società quotate – aumenta l’inflazione e, più di ogni altro indicatore, aumentano gli stipendi dei top manager italiani. E si divarica sempre di più la distanza tra i super-ricchi e i lavoratori. A mostrarlo è la classifica pubblicata da Milano Finanza che ha attinto dalla documentazione resa pubblica dalle aziende in vista delle assemblee degli azionisti per guardare nelle tasche dei manager delle società quotate all’indice Ftse Mib: il loro compenso medio si aggira intorno ai 3 milioni di euro.

Carlos Tavares e John Elkann
Carlos Tavares e John Elkann

A dominare la classifica è l’ormai ex amministratore delegato (ad) di Stellantis Carlos Tavares con 23,08 milioni di euro, a cui si aggiunge una buonuscita da 12 milioni dopo l’addio – o la cacciata – dal gruppo automobilistico di proprietà di John Elkann. Quando è stata ufficializzata la sua separazione da Stellantis, a inizio dicembre dello scorso anno, aveva destato grande scalpore la notizia dei 100 milioni di buonuscita – poi decurtata sensibilmente – a fronte di un anno economicamente disastroso per l’azienda. Se il mercato dell’automotive ha fatto registrare pesanti contrazioni in tutta Europa, per il gruppo che contiene, fra le altre, Fiat, Alfa Romeo, Opel, Peugeot, Citroën e Maserati il 2023 è stato un anno nero: l’ebitda – margine operativo lordo, indicatore di redditività dell’azienda – è calato del 63,5 per cento e i titoli azionari sono crollati del 40 per cento in dodici mesi. Nonostante i pessimi risultati e i numerosi tagli al personale che hanno contraddistinto l’operato di Tavares, l’assemblea degli azionisti riunitasi qualche giorno fa ad Amsterdam ne ha approvato il maxi-stipendio: 35 milioni di euro tra parte fissa e buonuscita, in linea con gli anni precedenti. A seguire la classifica di MF include Carlo Cimbri, presidente di Unipol, con una paga già erogata di 51,84 milioni di cui solo 6 sono relativi al compenso, mentre la parte restante gli è stata versata a conclusione di un rapporto di lavoro durato 33 anni. A completare la galassia Stellantis c’è l’amministratore delegato di Ferrari, Benedetto Vigna, con 7,98 milioni – in aumento rispetto ai 6,69 milioni del 2023 – e John Elkann, che da presidente di Stellantis e, per l’appunto, di Ferrari, ha incassato quasi 5,4 milioni di euro. Citiamo infine anche il settore bancario e Andrea Orcel, ad di Unicredit e protagonista del grande risiko delle scalate agli istituti di credito con l’offerta pubblica di scambio (ops) a Banco Bpm. I suoi compensi ammontano a 3,63 milioni di euro, che diventano però 13,2 effettivi se si contano i bonus legati agli ottimi risultati della banca. Si scende invece a oltre 494mila euro per Luigi Lovaglio, ad di Monte dei Paschi, altra banca molto attiva sul fronte delle ops.

Andrea Orcel, Ceo di Unicredit
Andrea Orcel, ad di Unicredit

A imbottire di moneta sonante le poltrone dei top manager italiani ha contribuito l’ottimo 2024 di di Piazza Affari: “Il Ftse Mib è salito dell’11 per cento, ma per gli stipendi dei manager al vertice delle 40 società quotate sul listino principale della borsa italiana la crescita media è stata quasi doppia: il 21 per cento, rispetto al +1,1 per cento dell’inflazione in Italia nei 12 mesi”, scrive MF.  Per avere un termine di paragone, nel 2024 i salari medi dei lavoratori italiani sono aumentati del 3,1 per cento, registrando un aumento del potere d’acquisto a fronte dell’inflazione tre volte più bassa. Nel 2023 avevano segnato il +2,9 per ceno dopo però che erano stati però fermi per più di 30 anni: tra il 1991 e il 2022, gli stipendi reali in Italia hanno avuto una crescita dell’1 per cento, a fronte del +32,5 per cento in media registrato nell’area Ocse. “E soprattutto – conclude MF citando l’osservatorio Jobpricing – la tendenza di lungo periodo rimane negativa: +11 per cento rispetto a +20,8 per cento dell’inflazione dal 2015 a oggi. In sostanza i lavoratori dipendenti italiani hanno perso dal 2015 circa il 10 per cento di potere di acquisto”.

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