Giuseppe Calì è l’ultima persona ad aver visto e parlato con Mirella Gregori, la quindicenne romana scomparsa il 7 maggio del 1983. Calì al tempo lavorava al bar della famiglia di Sonia De Vito, la migliore amica di Mirella. La ragazza, prima di scomparire, passò a salutare l’amica al bar, che si trovava proprio sotto casa della famiglia Gregori. Le due si intrattengono un po' a chiacchierare, poi Mirella esce senza fare più ritorno. Poco prima aveva ricevuto una citofonata da parte di un “fantomatico” Alessandro, così disse alla mamma, che l’aveva invitata ad uscire. Chi sia questa persona, dopo quarantuno anni, ancora non lo sappiamo. Giuseppe Calì è stato ascoltato dalla Commissione d’inchiesta che indaga sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Dopo l’audizione è uscito sul Corriere un articolo in cui viene riportato un virgolettato di Calì: “Fui licenziato perché mi rifiutai di dire la versione concordata”. Noi di MOW abbiamo contattato immediatamente Calì per chiedergli conferma di queste parole, conoscendo come sua unica versione quella riportata nel libro di Fabio Rossi “Mirella Gregori, la ragazza inghiottita dalla terra”, in cui racconta di aver lavorato al bar dei De Vito fino al 1985.
“Ho raccontato le stesse cose che dissi in commissariato quarantuno anni fa. Non sono stato licenziato, sono andato via io, ma nel 1985. Erano passati due anni dalla scomparsa di Mirella. Smentisco ciò che è stato scritto sul Corriere. Ho specificato davanti al presidente della Commissione (Andrea De Priamo ndr) che non mi hanno licenziato, io avevo bisogno di lavorare, non è che me ne andavo perché davo torto a loro e ragione a Mirella. Sono dovuto andare via per cose mie, mi sono sposato e poi è nata mia figlia. Loro hanno chiuso il bar e hanno aperto un ristorante a Setteville dove si erano comprati casa, mi avevano chiesto di andare e io l’ho fatto”. E sulla versione concordata che stando a quanto riportato sul Corriere non avrebbe voluto raccontare: “No, non è vero niente. Quando sono andato a raccontare ciò che sapevo ho detto le stesse cose che sto dicendo adesso e che ho detto in Commissione. Io non ho mai cambiato versione”. Mirella, quando uscì dal bar si diresse verso il monumento del Bersagliere: “Sì, andò verso destra. Io in quel momento ero al telefono con la mia ragazza e l’ho vista uscire. Mi disse “ciao” dandomi una pacca sulla spalla. È andata verso Porta Pia, non verso Villa Torlonia che uscendo dal bar era a sinistra”. Anche perché il primo appuntamento era a piazzale della Croce Rossa, che uscendo dal bar si trova a destra.
Sonia De Vito, la sera della scomparsa, raccontò a Maria Antonietta, sorella di Mirella, che l’amica era andata a Villa Torlonia a suonare la chitarra. Ricordiamo però che Mirella non suonava. “Io in quel momento non c’ero, quando attaccai a lavoro Maria Antonietta con la mamma erano già passate dal bar”. La famiglia di Sonia dopo la scomparsa di Mirella assunse un atteggiamento di chiusura, circostanza che ha sempre fatto pensare che potessero essere a conoscenza di qualcosa di più. Ma Calì ha sempre sostenuto di aver lasciato il bar solo per sua decisione, come racconta anche nel libro di Fabio Rossi: “I De Vito avevano una paura incontrollabile che potesse accadere qualcosa di brutto anche a Sonia. Si chiusero in un mutismo apparentemente incomprensibile e che non fu ben accettato dai Gregori i quali avrebbero voluto più collaborazione. Ma, ripeto, la paura era tanta e Cosmo (il padre di Sonia) era molto determinato a tenere fuori la figlia da qualsiasi situazione pericolosa. Ho lavorato con loro per altri due anni, fino al 1985 quando mi sono sposato”. Ricordiamo anche la frase di Sonia, in cui farebbe riferimento proprio alla persona che potrebbe aver rapito Mirella: “Lui ci conosceva, contrariamente a noi che non lo conoscevamo... quindi poteva fare quello che voleva. Come ha preso Mirella poteva prendere me”. Era questo a spaventare il padre di Sonia?