La domanda è: davvero bisognava aspettare il ritorno in Rai di Massimo Giletti per risolvere il mistero della tragedia di Ustica? Ovviamente no, anche perchè lo speciale andato in onda su Rai 3 non risolve nulla. Però in qualche modo è utile, fosse anche soltanto per ricordare a tutti che il 27 giugno sono ormai 44 anni che la verità viene volutamente nascosta. Il problema è uno, e tutto il dibattito gira intorno a questo: le indagini furono depistate. Partiamo dalle sentenze. Questo perché sono l'unica cosa oggettiva che abbiamo in mano, al momento, ma anche perchè una sentenza emessa da una Corte è il risultato di perizie, studi, documentazioni e dibattiti. E ciò che emerge dai tribunali è che i militari fecero delle tarantelle sulle documentazioni, come se la verità dovesse essere nascosta fin da subito. Questo è appurato. Le altre ipotesi, dal missile al contatto fortuito fino alla bomba interna, rimangono incerte a causa della mancata documentazione. I protagonisti, da Giletti, sono gli stessi che si sono occupati del caso, da una parte e dall'altra. C'è il generale Leonardo Tricarico a difendere l'Aeronautica Militare, c'è l'avvocato Daniele Osnato, difensore delle famiglie delle vittime ai processi. Giletti sostiene apertamente la tesi di Osnato, contro la reticenza dei militari, e porta in aggiunta una moderna comparazione dei tracciati radar, fatta dal Politecnico di Milano, e le testimonianze di alcuni militari sull'insabbiamento delle prove.
Ecco i punti salienti della trasmissione. Osnato attacca il Generale Tricarico sul depistaggio: l’aeronautica militare non avrebbe mai fornito i dati completi del personale che aveva seguito il volo del DC9. Il Generale lo accusa di essere un bugiardo, e che i dati sul controllo del traffico civile e militare vengono costantemente incrociati e monitorati in maniera reciproca. Poi aggiunge che, per la Giustizia ordinaria, non c’erano voli militari in atto quella sera. Le mappe incrociate dagli studenti del Politecnico di Milano, presentate da Giletti, sembrano evidenziare il contrario, cioè la traccia di probabili aerei militari che intersecano il volo dell’aeromobile Itavia. Osnato sostiene che l’Aeronautica non ha mai fornito dati utili, e che ciò che è stato trasmesso è sempre risultato manchevole, tagliato, appositamente rimaneggiato, con buchi nei punti di maggior interesse. Pagine strappate, nastri riutilizzati, bobine sparite e cose del genere. Giletti ricorda che gli atti riportano il fatto che molti verbali, relativi al personale in operatività nella sera della tragedia, furono fatti sparire, e che sulla questione intervenne anche Paolo Borsellino, precisamente sulla base di Marsala, scoprendo che c’erano molte più persone in servizio rispetto a quelle dichiarate.
Giuseppe Dioguardi, ex maresciallo dell'Aeronautica Militare, conferma a Giletti che la base di Lamezia Terme, che geograficamente avrebbe potuto fornire delle informazioni utili sul caso, fu smantellata nel gennaio 1981. Sulla tracciabilità dei dati incrociati tra aviazione civile e militare, Dioguardi smentisce Tricarico: all'epoca della tragedia i controllori del traffico aereo erano tutti sottufficiali dell'esercito. Non c'era nessun civile. Questo il Generale lo dovrebbe ricordare bene, aggiunge. Il Maresciallo Mario Sardu, in servizio quella sera a Marsala, viene intervistato di persona da Giletti, e conferma la presenza di voli militari in atto. Aerei amici, della Nato. Nell’ipotesi del missile, dev’essere per forza partito da uno di loro.
Dalle registrazioni delle telefonate intercorse tra il pilota del DC9 e la torre di controllo di Ciampino si evince un’altra stranezza. Dopo che il volo Itavia parte da Bologna si nota una coppia di F-104, jet militari italiani, di ritorno da una strana missione, che si avvicina pericolosamente alla traiettoria del DC-9. Ciampino li avvisa, e quando i due jet si accorgono di essere vicini al volo civile mandano un avviso, logicamente incomprensibile, di emergenza generale. Il dialogo tra altri due controllori, Martina Franca e Licola, parlano del cosiddetto “salto di canguro”, un’altra stranezza che renderebbe plausibile l’ipotesi di un jet militare la cui traiettoria si interpone a quella dello sciagurato aereo, proprio in prossimità della caduta, all’altezza del “punto condor”. Poi la testimonianza dell'agente segreto francese, a cui lo stato maggiore del suo Paese avrebbe chiesto di trovare una scusa per negare alle autorità italiane i tracciati radar della base in Corsica.
Il Generale Tricarico insiste sulle sentenze emesse fin'ora. Emblematica quella di assoluzione del generale Ferri, pronunciata in secondo grado dalla Corte di Assise di appello di Roma, e puntualmente citata da Tricarico, per cui l'accusa di aver nascosto un ipotetico attacco aereo “non è altrimenti dimostrabile se non affermando come certo quanto ipotizzato (dall’accusa e dall’opinione pubblica), ma non vi è chi non veda in essa la trama di un film di spionaggio ma non un argomento degno di una pronunzia giudiziale”. In parole povere: l'ipotesi del missile, secondo i giudici, andrebbe bene per la sceneggiatura di un film, ma non per una sentenza. Le perizie su cui si basava la sentenza erano quelle effettuate dagli undici esperti scelti dal giudice Priore e capitanati da Aurelio Misti, preside della facoltà di ingegneria alla Sapienza. È utile ricordare che due di questi periti furono allontanati dal collegio peritale per gravi irregolarità, ma che i nove rimasti, tranne due, concordarono sull'ipotesi dell'esplosione interna. Una bomba, insomma, come viene ripetutamente proposto da Maurizio Gasparri ed Ermanno Giovanardi. Il missile, suggerito anche da Giuliano Amato in un'intervista dello scorso anno, rimane escluso dalle perizie. È interessante però osservare che il giudice Priore, in un provvedimento, sostenne la tesi per cui l'aeronautica avrebbe insabbiato i tracciati e la documentazione su ciò che avvenne veramente quella sera. E i militari, anche su questo, furono sì assolti, ma soltanto perché il reato andò in prescrizione in quanto derubricato. Non fu alto tradimento, ma turbativa sì. Non riferirono i risultati dei radar di Ciampino né le altre informazioni richieste, proprio come sostiene l'avvocato Osnato in trasmissione da Giletti, e se il Mig libico, sempre secondo i giudici, non cadde la stessa sera del DC9, è vero però che ci fu “una forte determinazione ad orientare nel senso voluto dallo Stato maggiore dell’Aeronautica le indagini a qualsiasi livello svolte su Ustica”.
La documentazione prodotta dallo stesso Osnato, come parte civile al processo conferma quanto riportato da Giletti, che “il giorno della tragedia di Ustica erano sicuramente in corso dei voli aerei militari, in assetto operativo, oltre che esercitazioni militari aero-navali nel medio e basso mar Tirreno. Ciò si deduce facilmente da una serie di considerazioni tra di loro concatenate: le dichiarazioni dei radaristi di Ciampino che dicono di aver visto “razzolamenti” sugli schermi radar, il comportamento del controllo aereo civile (che chiama l’Ambasciata Americana e si allarma sin da subito, la presenza di documentazione radaristica che certifica la presenza di voli non identificati, le registrazioni delle telefonate intercorse tra i vari siti radar”. Dunque, per rispondere alla domanda iniziale: non ci voleva Giletti, ma se ormai i documenti tali da provare la verità sono stati distrutti, sarebbe ora che qualcuno dica la verità. Passati 44 anni, non è il tempo che rimargina le ferite, ma la verità.