Silvio Berlusconi è ancora tra noi. Fa votare gli italiani con il proprio nome sul simbolo di Forza Italia alle elezioni europee, fa incazzare Marco Travaglio che gli dedica una prima pagina (anche) per questo motivo, ricordando i bei tempi degli scontri con Michele Santoro e ora fonda anche una casa editrice. I suoi obiettivi sono rimasti gli stessi e forse fa rumore più ora, a un anno dalla sua scomparsa, che quando era ancora in vita. O forse ha sempre fatto ugualmente casino. Intanto perché la figlia Marina ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera proprio in merito al nuovo progetto editoriale. Non stona con il fatto che ci sia già la Mondadori? Che cosa differenzierà il colosso dell’editoria dalla Silvio Berlusconi editore? “Avrà un’unica parola d’ordine: libertà. Non sarà solo un omaggio a mio padre, ma un progetto editoriale che vuole dare più forza al pensiero liberale e democratico, contro ogni forma di totalitarismo, nel nome di quella libertà che finisce solo dove comincia quella altrui”. Marina, presidente della Mondadori, dopo aver categoricamente escluso la sua discesa in politica, sottolinea come “oggi nasce una casa editrice tutta nuova, che ruoterà attorno a un solo, grande tema: parlare di libertà è tornato terribilmente attuale”. Il suo, però, nonostante lei escluda di mettere piede in politica, è proprio alla politica che parla.
O meglio, a una certa parte della politica. Lo fa attraverso diversi modi di esprimersi: il primo è la scelta del quotidiano, che dovrebbe chiarire molti aspetti. Decidere, infatti, di parlare al Corriere, notoriamente centrista e non a Il Giornale, diretto da Alessandro Sallusti e Vittorio Feltri, due storici uomini del Cavaliere, dovrebbe far riflettere. È vero che ora la proprietà è degli Angelucci, ma è altrettanto incontestabile che i due nomi sopracitati siano stati molto molto vicino al padre. Come mai non affidare a loro le proprie dichiarazioni in un momento storicamente così importante? Il secondo segnale è il mettere subito in chiaro il concetto di “liberale” e “libertà”. Sono le prime parole che ha usato e che ha ripetuto durante il corso dell'intervista. Come mai ribadirlo, proprio ora, proprio con questo governo, proprio dalla bocca di una donna che raramente parla? E, ricordiamoci, che quando Marina Berlusconi si era espressa, era stato per contestare il premier Giorgia Meloni sulla vicenda degli extraprofitti delle banche, per ovvi motivi di interessi legati alla loro presenza in Mediolanum. Quando il giornalista le fa notare che quella della libertà è una “campagna delle opposizioni”, lei decide di fare un giro di boa: “Ma no, è una riflessione che va ben oltre la dialettica tra governo e opposizioni. Mi sto riferendo a un problema più ampio, che riguarda la nostra civiltà e i nostri valori. In quasi 80 anni di pace abbiamo avuto la fortuna di poter considerare la libertà una conquista acquisita. Non è più così. Due guerre dilaniano i confini dell’Europa, mentre si sta coalizzando un inquietante fronte antioccidentale, dalla Russia alla Cina. Ma dobbiamo fare i conti anche con un nemico interno, non meno insidioso. Il successo alle Europee di movimenti con idee antidemocratiche non può non allarmare. Le preoccupazioni sulle conseguenze del prossimo voto negli Stati Uniti aumentano”. Si riferisce all’eventuale vittoria di Trump?
Ma no, non risponde e si parla di un “problema di fondo: il nostro mondo, l’Occidente, sta vivendo una terribile crisi d’identità”. Che abbia imparato la dialettica dal padre è indiscutibile, perché lascia intendere senza dirlo apertamente, come quando le si chiede di Putin, uomo che storicamente è sempre stato appoggiato dal padre, ma che la linea dell’attuale governo non sta assolutamente sostenendo: “Mio padre cercava di fare entrare la Russia di Putin nell’asse occidentale. Era un uomo di pace, che mirava al rafforzamento e addirittura all’allargamento dell’Occidente e della democrazia. Per questo trovo inaccettabile che qualcuno lo accosti ai filo-putiniani di oggi, che l’Occidente e la democrazia li disprezzano. E comunque capitava anche che mio padre e io avessimo opinioni diverse. Ma ha sempre ascoltato e rispettato il mio punto di vista, anzi mi ha sempre spinto a dire tutto quello che pensavo. Non è forse una gran bella lezione di libertà?”. In una sola frase si ha ammirato il padre per la sua capacità di non avere un pensiero unico, ma ha preso le distanze dai filo-putiniani, pur essendo conscia che Berlusconi e Putin avessero un rapporto stretto, che in molti hanno contestato. Ma che cosa ne pensa Marina di questa destra? C’è o no un’emergenza democratica? “Io proprio non la vedo. Questo governo ha sempre rispettato pienamente le regole della democrazia e in politica estera ha mantenuto la barra dritta su posizioni europeiste e filoatlantiche. Poi, per carità, ci sono anche temi su cui si può essere più o meno d’accordo”.
Quali? “Come sui diritti civili. Se parliamo di aborto, fine vita o diritti Lgbtq, mi sento più in sintonia con la sinistra di buon senso. Perché ognuno deve essere libero di scegliere. Anche qui, vede, si torna alla questione di fondo, quella su cui non credo si possa arretrare di un millimetro: la questione della libertà”. Marina Berlusconi si è mossa in modo strategico, non ha fatto attacchi frontali ma ha parlato tra le righe riportando a sé e quindi al padre, e quindi a Forza Italia, i valori liberali di cui Silvio si è sempre fatto portatore. Ma non bastava una figura come Antonio Tajani? No, perché di cognome non fa Berlusconi, pur avendo svolto appieno quelle che erano e sono le volontà della famiglia in questione. Lei ha scelto di rimarcare l’identità del brand, perché sì, Silvio Berlusconi è un marchio vivente. E questo tipo di operazioni si fanno quando c’è bisogno di parlare al pubblico, agli elettori. Bisogna scendere in campo e non far parlare il proprio miglior attaccante, il capitano, colui che porta la fascia, ma il Presidente. Ecco, Marina Berlusconi è andata davanti alle telecamere nel momento del bisogno, all’indomani di un 10% ottenuto a Bruxelles, ma anche all’indomani di un 28% di Giorgia Meloni. Il lancio della casa editrice è un bellissimo pretesto per rilasciare un’intervista, avrebbe potuto dire tutto ciò in un comunicato stampa congiunto con i fratelli, ma no, non avrebbe avuto una valenza politica. Ora però quella valenza politica la ha e il messaggio è chiaro: “Mio padre non è mai morto e noi rispetteremo sempre la sua volontà in politica e non solo”. A chi è indirizzata la lettera? A Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Il primo la prenderà meno bene, vista la parità di peso specifico dei due partiti. La seconda, se abbiamo imparato a conoscerla, andrà dritta per la sua strada.