Non è la prima volta che il critico televisivo Aldo Grasso si esprime sul crime in televisione. Violenza, omicidi, fatti di cronaca nera hanno ormai invaso ogni canale. L’esperto parla chiaro: gli verrebbe voglia di gridare “basta con il crime in tv”. Non se ne può più. “Secondo me questo eccesso di crime in tv sta inquinando i processi veri”, fa sapere l’esperto nella sua rubrica Televisioni. Grasso ha un pensiero anche per Milo Infante. Piuttosto preciso e forte. “Ho persino letto che Milo Infante, pensate Milo Infante, dalle due del pomeriggio passerà in prima serata. Questo vuol dire che siamo proprio alla fine dell'impero”. E procede con parole ancora più critiche quando si sofferma su un caso di cronaca che ha segnato profondamente l’opinione pubblica. Sul Corriere della Sera, Grasso: “Vi faccio un solo esempio senza fare nomi perché poi le querele volano. C'è un avvocato difensore di uno di questi processi di Garlasco l'ho visto in tv la mattina il pomeriggio e la sera. Ora, perché va così in tv? Direte voi, beh perché era nessuno, un signor nessuno andando in tv lo conoscono tutti. Sì certo questa è una ragione ma l'altra è che influenzi l'opinione pubblica cioè la indirizzi”. Il critico non fa nomi, ma solleva una questione spinosa: la sovraesposizione mediatica della cronaca giudiziaria.

Troppa cronaca nera in una vita che è già parecchio insanguinata e afflitta, la nostra, da mille problemi giorno dopo giorno. I rischi di questa presunta spettacolarizzazione sarebbero molteplici. E Grasso, lo sappiamo, aveva già fatto una riflessione parlando, tra gli altri, anche di Belve Crime, il nuovo programma di Francesca Fagnani. Sempre sul Corriere, in quell'occasione riportava alla mente le parole profetiche di Garapon. Garapon che discuteva di un processo continuo, al quale la società sarebbe andata inevitabilmente incontro: “Grazie ai programmi televisivi, ormai esistono processi senza fine, che debordano dalle aule del tribunale e finiscono nelle spire dei media assumendone le modalità espressive”, aveva aggiunto l’esperto. Tornando alla sua più recente riflessione, il critico televisivo ha una spiegazione precisa e concreta sul perché è il caso di dire basta al crime in tv. Questo, a suo dire, ci “farebbe regredire allo stato arcaico”. A una duplice e secolare questione: quella determinata persona è innocente o colpevole (“il problema principale - di una generica, ndr - trasmissione”)? “Noi siamo sempre alla ricerca del capro espiatorio cioè una vittima che debba pagare per tutti quindi torniamo allo stato arcaico del pensiero”. Conclude così il suo intervento, rivolgendo una bella porzione di colpa proprio a chi la tv la guarda: gli spettatori. Affondando ancora una volta nel suo vasto sapere e nel passato, Grasso contrappone la rivoluzione francese a quello che vediamo sul piccolo schermo. Cita il fenomeno delle Tricoteuses, “le signore che andavano sotto la ghigliottina a sferruzzare in attesa che la testa di qualcuno venisse tagliata”.“Noi siamo esattamente in quella situazione. Siamo delle Tricoteuse che seguono la trasmissione televisiva per vedere se qualche testa cade”.
