Problema. Un docente con una carriera di decenni in una delle migliori università italiane si dimette dopo anni di pressione e una sanzione per un meme condiviso su Facebook (pagina privata) sulla vicepresidente Kamala Harris. Una docente di sinistra, tra le filosofe più popolari in Italia, saluta la “compagna Barbara Balzerani”, brigatista mai pentita che partecipò, tra le altre cose, all’omicidio del magistrato Girolamo Minervini e al rapimento di Aldo Moro. Qualcuno chiede il licenziamento. Il primo docente è lo studioso Luigi Marco Bassani, uno dei nomi più noti per chiunque abbia avuto a che fare negli ultimi decenni con il pensiero liberale e libertario in Italia. La seconda è Donatella Di Cesare, filosofa della Sapienza, esperta di Olocausto, Hannah Arendt e filosofia politica. Di Cesare dovrà ricevere il trattamento di Bassani?
Svolgimento. Una risposta complessa non implica un metodo astruso. La prima cosa da fare è ripensare alla vicenda di Bassani. Studioso di Touqueville e di Jefferson, professore di dottrine politiche, Fellow del Von Mises Institute, allievo di Gianfranco Miglio, trent’anni di carriera a favore della libertà. Nel 2020 pubblica un meme sulla sua pagina privata di Facebook ironizzando sulla carriera lampo di Kamala Harris, il vero volto vincente dei Democratici alle presidenziali di Biden. Lei, all’inizio della sua parabola politica a ventinove anni, era fidanzata, infatti, con il sindaco di San Francisco, Willie Brown. Nel meme c’era scritto: “Sarà d’ispirazione per le giovani ragazze mostrare che dormire con il giusto uomo potente e ammanicato poi potrai avere il ruolo di secondo per un uomo con la demenza. È in sostanza la storia di Cenerentola”. Parte la bufera social, poi i giornali, poi la catarsi sociale di chi si sente migliore di te e ci tiene a fartelo sapere: misogino schifoso, dicevano. Arriva la sospensione dalla sua università, il post era offensivo e sessista (pur se perfettamente ragionevole). A distanza di tre anni, abbandonato completamente dal corpo docenti e dai giornalisti – quelli che in teoria dovrebbero essere i “cani da guardia” della democrazia (ridere qui) – Bassani ha scelto di dimettersi con una lettera apertura pubblicata da Libero. Il motivo: “Viviamo un incubo prodotto dalla statizzazione dell'intero comparto dell'istruzione: il fatto di avere reso scienza e cultura merci distribuite e prodotte da impiegati pagati (poco) per mezzo della fiscalità generale ha reso gli intellettuali veri e propri funzionari pubblici. Con tanta libertà condizionata quanto i padroni del discorso sono disposti a concedere. L'allocazione delle risorse decide il corso degli studi, la fama, le carriere individuali e ovviamente crea un enorme conformismo al ribasso”.
Ovviamente nessuna democrazia va in crisi da un giorno all’altro, nonostante i suoi cani da guardia riescano a dormire tutto il giorno. Come spiegato da Bassani, “il tutto accade senza alcun tipo di coercizione palese, grazie semplicemente alla vittoria straripante di una polizia del pensiero, che colpisce pochi, spaventa molti ed è, almeno in apparenza, avversata da tutti”. La polizia del pensiero è quella di Orwell, ma se avete bisogno di un esempio concreto potete pensare ai talebani. La tesi è quella della rana bollita (avete presente Chomsky?). Poche gocce di veleno, per diventare resistenti al fascismo, così tanto da essere del tutto in grado di tollerare tutto questo. Ora il professor Bassani diventerà un’eccellenza dell’Università privata Unipegaso e continuerà la sua attività anche grazie alla neonata Free Accademy, insieme ad altri difensori della libertà di espressione, come il professor Carlo Lottieri, il professor Eugenio Capozzi, il professor Bernardo Ferrero e molti altri. La censura, gli avvertimenti, hanno portato esclusivamente a una perdita per l’università. Una perdita non solo economica ma morale. Il professor Bassani potrà continuare a esprimere liberamente le sue opinioni, perché non si è piegato. Chi leggeva Bassani continuerà a leggere Bassani, chi leggeva qualche sterminatore culturale, come Lenin, continuerà a leggere Lenin.
Soluzione. Tutto considerato la censura non funziona. Donatella Di Cesare ha salutato la brigatista Barbara Balzerani così: “La tua rivoluzione era anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna”. Se la via del terrorismo non cancella le idee, quali idee rimangono? “Io, che non avrei più dormito se avessi procurato questo male estremo per tornaconto personale o per scelleratezza, ero in pace con quanto sceglievo di fare e farmi, perché a volte capita che si possa superare l’orrore della morte ma non quello di una vita arresa a un povero presente” (Compagnia Luna). “La portata della sconfitta [del fenomeno della lotta armata, ndr] nulla toglie al suo valore, al contrario dovrebbe essere uno stimolo per riprendere il cammino di liberazione alla luce del suo riattraversamento critico”. Queste? Ci sono molti più motivi per evitare che le idee di Barbara Balzerani si diffondano nelle università che non per interdire un docente accusato di aver accennato a una pista plausibile sulla carriera curiosa di Kamala Harris. Ma la censura non funziona, quindi non può essere una soluzione. Piuttosto si dovrebbe tornare agli autori spiegati da Bassani, a Tocqueville e ai libertari. L’unico modo per combattere le idee di una brigatista è avere idee migliori, non essere brigatisti a propria volta. L’unico modo per salvare Donatella Di Cesare da una reazione draconiana è avere idee migliori di quelle della Di Cesare. E quindi reazioni migliori di quelle della Statale. La libertà batte censura due a zero. Non solo conviene a tutti, ma migliora il mondo.