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Giorgia Meloni, Andrea Giambruno e il mistero della Porsche (quasi) rubata. Ecco cosa non torna nella spy story del Presidente e del giornalista Mediaset (suo ex)

  • di Lorenzo Fiorentino Lorenzo Fiorentino

7 giugno 2024

Giorgia Meloni, Andrea Giambruno e il mistero della Porsche (quasi) rubata. Ecco cosa non torna nella spy story del Presidente e del giornalista Mediaset (suo ex)
Un (o una) presidente, un giornalista (suo ex compagno) e un’auto quasi rubata. Ma chi sono i due uomini che sono stati trovati vicino alla Porsche di Andrea Giambruno sotto casa di Giorgia Meloni? Due semplici ladri o degli 007 in incognito? Un furto come qualsiasi altro oppure una vera e propria spy story a sfondo politico? Ecco tutto ciò che non torna in questa vicenda

di Lorenzo Fiorentino Lorenzo Fiorentino

La storia è ormai nota agli addetti ai lavori, anche se con mesi di ritardo. Verso le tre di notte dello scorso trenta novembre, due uomini sono stati beccati vicino alla Porsche del giornalista Andrea Giambruno parcheggiata sotto casa della sua ex compagna, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in quel momento in viaggio di lavoro a Dubai per la Cop28. A riportare alcuni passaggi della storia, i più misteriosi, è Valeria Pacelli su Il Fatto Quotidiano. “Siamo a Roma sud, zona Torrino - scrive la giornalista - […] davanti casa sua (della Premier, ndr) la vigilanza è sempre attiva […] finché una poliziotta in servizio vede due uomini avvicinarsi alla macchina di Andrea Giambruno”. Insomma, due semplici ladri d’auto, no? A quanto pare no, “la poliziotta interviene - continua il racconto di Pacelli -, ma si sente dire che sono due ‘colleghi’. E li lascia andar via. La notizia terremota Palazzo Chigi”. Secondo quanto riportato anche su MOW pochi mesi fa, il sospetto cade su due 007 dell’Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna), forse un piano segreto, una congettura alle spalle del Presidente. Alla fine, però, è la stessa agenzia a smontare la tesi “doppiogiochista”. Eppure i dubbi non sono risolti…

Giorgia Meloni e Andrea Giambruno in auto
Giorgia Meloni e Andrea Giambruno in auto
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Già, perché nemmeno la storia del “furto mancato”, come definita sul Fatto, convince del tutto; e attualmente su questa vicenda è aperta un’inchiesta della Procura di Roma. Comunque sia, riprendendo quanto scritto dalla Pacelli, “qui entra in scena l’uomo che la stampa ha già definito come ‘ricettatore’ che non risulta indagato […] - però, continua la giornalista - quella notte erano in due, innanzitutto, ma deve ancora essere identificato il secondo uomo. Inoltre sono ancora in corso le verifiche sulla deposizione del ‘ricettatore’ identificato e sentito dalla Digos”. A tutto questo si aggiunge anche un altro dettaglio sospetto: “La poliziotta del servizio di vigilanza - rivela Pacelli - è stata spostata altrove”. Così, il mistero si fa ancora più fitto. E, come se non bastasse, occorre chiarire come (e perché) i due uomini fermati vicino alla Porsche di Giambruno si siano definiti colleghi dell’agente. A questo proposito, si legge ancora sul Fatto, “la donna (la poliziotta, ndr) riconosce due agenti dell’Aisi che, però, avevano fatto richiesta di trasferimento al reparto ‘cugino’, l’Aise. I due - riporta sempre Pacelli - sono diventati operativi all’Aise il 12 dicembre 2023, ossia dopo l’episodio, ma la loro richiesta di trasferimento sarebbe precedente. Secondo alcune fonti - continua la giornalista - erano già in ferie da giorni, dunque il loro trasferimento potrebbe essere slegato da questa vicenda. Ma è realmente così?”. Stando alle analisi sulle celle telefoniche, i due agenti quella sera si trovavano altrove, un elemento che non dà poi troppa sicurezza, visto che, sottolinea Pacelli, “basta spostarsi senza cellulare”. Comunque sia, “gli agenti segreti - continua il Fatto - analizzano tutte le celle telefoniche di zona e identificano una persona che avrebbe la disponibilità di una Mercedes con le stesse caratteristiche riportate dalla poliziotta. È il presunto ‘ricettatore’”. Insomma, per l’Aisi il caso è chiuso, ma nella realtà bisogna ancora fare chiarezza, visto che le varie versioni sulla deposizione dell’uomo, riporta Pacelli, “non collimano. Secondo alcuni, l’uomo avrebbe ammesso che era lì perché rubare le gomme dell’auto. Secondo altri non avrebbe ammesso nulla, se non la sua presenza in quella zona, senza indicare il nome del suo compagno”. Insomma, in assenza effettive di prove, come evidenzia il Fatto, “i due non possono essere indagati per un furto neanche tentato”, però ci potrebbero essere gli estremi per un altro reato, scrive la giornalista, “quando i due hanno dichiarato una falsa identità qualificandosi come ‘colleghi’ e mostrando addirittura una sorta di tesserino”. Insomma, la spy story del presidente è ancora lontana dalla soluzione.

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