“Mi piacerebbe che Michele Serra bardato in mimetica, il buontempone di Fazio, i vari intellettualini, certo un po’ canuti, ma veementi e pregni di orgoglio e indignazione, facessero un gesto: arruolarsi”. Inizia così il post, pubblicato sui social, dalla scrittrice Veronica Tomassini. Una provocazione, ritratto di quella che si potrebbe definire ipocrisia di un certo mondo intellettuale L’autrice dipinge un quadro impietoso degli “intellettualini”, come lei stessa li definisce, “pregni di orgoglio e indignazione”. “Sostituire con i vari coraggiosissimi scrittori e comunicatori fautori di pace giusta i giovani stremati, costretti al fronte, stanchi di dover morire comunque. Questa guerra non la vuole nessuno. Ma se proprio deve essere mandiamoli al fronte. Solo nella mia bolla Facebook se ne possono reclutare qualcuno stando alle loro vibranti proteste” continua nel post Tommasini. E conclude: “Eh mica dovete fare la cura col c… degli altri. Avete paura? Ma nooo. Su, siete tanto bravi e indignati con quel cattivone di Trump. Siete coraggiosi lo so. Avanti march!”.

Ma perché Veronica Tomassini parla di Michele Serra? La scrittrice potrebbe fare riferimento all’appello dello scrittore, che a Metropolis de La Repubblica ha invitato a scendere in piazza il prossimo 15 marzo “nel nome dell’unità del vecchio continente”. “Trump sta accelerando lo scombussolamento degli assetti mondiali e uno smarrimento comune europeo. L’Europa o si fa o siamo fregati. In una piazza ti senti di appartenere ad una comunità, per questo mi rivolgo ugualmente a progressisti e conservatori. Non siamo abituati a pensare agli Usa come a un possibile antagonista, ma dobbiamo prendere atto di quello sta accadendo: un ‘way of life’ europeo fondato su democrazia e diritti esiste, e le armi politiche e culturali non ci mancano. Facciamoci valere”.
