Il giorno dopo la cattura dell’ultimo padrino storico della mafia siciliana, Matteo Messina Denaro detto ‘U siccu, il suo borgo natìo, Castelvetrano in provincia di Trapani, è ancora lungi dal metabolizzare la notizia. Almeno questa è l’impressione che si ricava parlando con Elio Indelicato, direttore del giornale online Castelvetrano News, che ha un buon seguito sul territorio. Indelicato, che di professione fa l’avvocato e dal 199 collabora con il Giornale di Sicilia, ha fondato la testata una decina d’anni fa con un editore locale, e con quattro cronisti, lui compreso, ogni giorno fa quel giornalismo sul campo che si avvale molto dell’apporto citizen, dei cittadini che inviano messaggi con le indicazioni e le foto di notizie. “Con la pubblicità ci sosteniamo, ma ovviamente non ci viviamo. Diciamo che andiamo a mangiarci la pizza il sabato sera”. Una pizza a volte dal retrogusto amaro, visto che non gli sono mancate le intimidazioni, come ci racconta in questa intervista che dà un po’ il termometro del day after nella cittadina in cui è nato ed è vissuto da giovane il boss arrestato sotto il falso nome di Andrea Bonafede.
Che aria tira a Castelvetrano, Elio?
C’è un aria un po’ strana. Una parte dei giovani avevano mitizzato il personaggio Matteo Messina Denaro: per loro è una sconfitta. Poi c’è un’altra parte, soprattutto di studenti, che invece inneggia alla cattura, ma non troppo, per paura.
Le nuove generazioni sono divise, quindi.
Sì, c’è la bassa manovalanza criminale, i tossicodipendenti, gli spacciatori, i ladruncoli che non l’hanno presa bene. Per loro è la caduta di un mito.
Questa percezione si sente chiacchierando con la gente, immagino.
Si avverte nel silenzio, in realtà. Finora c’è stata molta paura di parlare di Messina Denaro, già pronunciarne il nome incuteva timore. Però bisogna dire che è grazie ai social media, dove si può dire di tutto e di più, che qualcuno ha cominciato a scagliarsi contro, scrivendo cose tipo “se hai coraggio fatti vedere”. Ecco, diciamo che la gente ha iniziato a farsi coraggio grazie ai social, dibattendo online. A poco a poco, una porta si è aperta, non sta più solo alla finestra.
Questo vale sempre per i più giovani. Ma i più anziani?
Loro preferiscono sempre non parlare, fedeli a un timore reverenziale nei confronti del grande latitante e, prima di lui, del padre. Ora si spera che questo ciclo si interrompa.
Per lo meno ora è crollato un aspetto del mito, quello dell’imprendibilità.
Certo, e infatti questo ha creato anche confusione, disorientamento. E infatti per il momento la tendenza è di aspettare gli eventi per salire poi sul carro del vincitore, che dovrebbero essere le forze dell’ordine e le istituzioni. Siamo in una fase di standby, e anche di preoccupazione da parte di ambienti criminali.
Devono capire chi comanda ora, no?
Esattamente, se ci sarà un successore, o un “rompete le righe”.
L’omertà insomma è ancora forte?
Guarda, nell’immediato, per risponderti ti direi di aspettare domani, mercoledì 18. Ci sarà un sit-in organizzato dall’amministrazione comunale invitando l’intera città a essere in piazza per celebrare la vittoria dello Stato. Una prima risposta la vedremo domani, quando vedremo quanta gente parteciperà.
I parenti presenti in paese e in zona (la madre, due delle tre sorelle, il fratello che sta a Campobello, i cugini), da quel che si evince dai racconti dal posto, si sono trincerati dietro un glaciale silenzio.
Sì, loro hanno messo un cordone di cemento attorno a loro. Se devono andare a scuola per i figli parlano con l’insegnante e basta, per il resto sono molto riservati, non sono avvicinabili. Se sanno poi che sei un giornalista, figuriamoci.
Che reazioni ci saranno nella malavita locale? In genere quando salta il vertice di una struttura di potere c’è il rischio che saltino anche certi divieti. Al Corriere della Sera hai detto che un commerciante ti ha confessato il timore che comincerà il fenomeno del pizzo. Un bel paradosso, stare peggio dopo una buona notizia come quella di ieri.
Speriamo ovviamente che non vedremo un pizzo organizzato dai successori, persone che vogliono intestarsi l’attività malavitosa, oppure potrebbe essere opera di “scanazzati”, che hanno bisogno di soldi e perciò potrebbero andare a ricattare i commercianti minacciandoli, per esempio, di bruciare il negozio se non dovessero pagare. Finora c’è stata questa “pax mafiosa”, una calma apparente per cui, che ne sappia io, il pizzo a Castelvetrano non si paga, per evitare soprattutto di richiamare l’attenzione e i controlli delle forze dell’ordine. Se qualcuno ci provava, uno, tramite un conoscente, un referente, si informava, cercava di capire a chi apparteneva, e vedere come farlo smettere.
Che differenze ci sono fra il “paese”, come si dice, e il capoluogo Palermo, nella mentalità comune, rispetto alla mafia? Alcuni palermitani hanno gioito con i carabinieri, subito dopo la cattura.
A Palermo, dopo l’arresto di Totò Riina e Bernardo Provenzano, c’erano ali di folla, ora ho visto solo qualche persona complimentarsi, perché probabilmente l’operazione è stata così veloce che non c’è stato il tempo per assembrarsi. Riguardo alla mentalità, Palermo è Palermo: è il centro degli affari. Noi siamo a 150 km, una cittadina di 30 mila abitanti, che è sempre rimasta “soffocata” dal nome di Messina Denaro, anziché parlare di Castelvetrano come paese natale di Giovanni Gentile, il filosofo autore della famosa riforma della scuola sotto il fascismo. A molti chiaramente dà fastidio l’equazione Castelvetrano-Matteo Messina Denaro, anzi, ci siamo proprio rotti le palle. Anche perché è trent’anni che non lo vediamo. Io ho avuto difficoltà a riconoscerlo dalle immagini, lo conoscevo negli anni ’80, non bene ma lo conoscevo, quando lui frequentava il circolo della gioventù, quando non era latitante, era un rampollo della famiglia che non si faceva mancare niente. Noi comunque ci auguriamo che il fenomeno mafioso un giorno venga sconfitto definitivamente, anche se per ora è difficile cantare vittoria.
Si cita sempre la famosa frase di Giovanni Falcone sulla mafia fenomeno umano che come tutti i fenomeni umani ha avuto un inizio e avrà una fine. Quali sono le condizioni ideali perché finisca, a tuo parere?
Lavoro per tutti e il rinascimento culturale, che deve partire nelle scuole. Poniamo che uno abbia una famiglia con cinque figli, per dire. Se non hanno lavoro, e se lo Stato non dà loro da mangiare, non possono morire di fame. Per farti capire, con il reddito di cittadinanza, sono finiti i furti e furtarelli. Quando non ci sarà più, i ladri di polli torneranno a scassinare le porte e rubare nelle case o razziare i fili di rame nelle strade, lasciando i quartieri al buio.
Mi hai sottolineato l’atteggiamento omertoso che resiste. E la parte sana di Castelvetrano, invece, come si manifesta?
La parte sana c’è eccome, ma c’è anche la paura di dire che lo è, e quindi a volte non si capisce... Ci sono persone che scappano dai microfoni, da noi giornalisti. Cose assurde, guarda.
È sempre in certa misura pericoloso fare il giornalista sul campo, in Sicilia?
Anch’io ho subìto il taglio delle gomme, i chiodi, mi hanno fatto trovare un sacco con la merda davanti a casa. I più pericolosi comunque sono gli scalzacani, che appena pubblichi la notizia del loro arresto prendono a odiarti, ti insultano. La cosa che ci fa andare avanti è la passione. La passione e l’onestà intellettuale.