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La prossima guerra dell'Occidente sarà contro la Cina? Il riarmo di Taiwan, le mosse Usa in Asia, le fake news su Xi (anche il Corriere ci è cascato): vi spieghiamo perché dopo la Russia di Putin e l'Iran toccherà a Pechino

  • di Federico Giuliani Federico Giuliani

  • Foto: Ansa

19 luglio 2025

La prossima guerra dell'Occidente sarà contro la Cina? Il riarmo di Taiwan, le mosse Usa in Asia, le fake news su Xi (anche il Corriere ci è cascato): vi spieghiamo perché dopo la Russia di Putin e l'Iran toccherà a Pechino
Le esercitazioni militari in corso a Taiwan fanno capire che l'isola si sta preparando a una fantomatica invasione da parte di Pechino. Ma la Cina vuole davvero lanciare un'offensiva per riprendersi la “provincia ribelle”? Ne sono convinti generali, colonnelli e alti funzionari statunitensi, certi che l'apocalisse dovrebbe avvenire entro il 2027, anzi no, forse nel 2030. Ma se questo fosse solo un modo per spingere Pechino in una trappola? Con la Russia bloccata nelle sabbie mobili dell'Ucraina e l'Iran (quasi) silenziato da Israele, l'ultima grande minaccia Usa coincide proprio con la Cina. Attenzione però: se Washington vuole vincere deve fare una guerra adesso. Come mai? Più il tempo passa e più il Dragone si rafforza. E quelle fake news sul leader cinese Xi Jinping...

Foto: Ansa

di Federico Giuliani Federico Giuliani

Fa impressione ascoltare le previsioni di colonnelli, generali e alti funzionari statunitensi: sono convinti, ancor più del passato, che la Cina stia per lanciare un'offensiva militare su Taiwan e che quindi scoppierà presto una nuova guerra. L'ultimo alert, in ordine cronologico, è arrivato da Pete Hegseth, di professione Segretario della Difesa degli Stati Uniti d'America, secondo il quale Pechino “si sta esercitando per il vero scontro” e che l'invasione (sottinteso: a Taiwan) “potrebbe essere imminente”. La fascia temporale da tenere d'occhio, dicono gli Usa, va dal 2027 al 2030. Di questo passo, tuttavia, potrebbe succedere qualcosa di non preventivato molto prima. Già, perché Washington sa che più passano gli anni e più la Cina si rafforza. Il leader cinese Xi Jinping sta infatti gestendo la modernizzazione militare delle forze armate nazionali insieme a una rivoluzione tecnologica senza precedenti. Ebbene, gli Usa sono terrorizzati all'idea di perdere la supremazia geopolitica nei mari e nei cieli dell'Asia, oltre che all'eventualità (niente affatto remota) di assistere alla definitiva ascesa globale del Dragone. L'unico modo per evitare il declino? Sconfiggere la Cina prima che possa crescere ancora.

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Perché nelle ultime settimane una raffica di notizie ha previsto una imminente caduta del presidente cinese Xi Jinping? Ansa

Il dossier Taiwan è senza dubbio una leva che gli Usa potrebbero attivare prima della Cina. Proprio mentre state leggendo queste righe, a Taipei è in corso una maxi esercitazione militare per preparare l'isola a un'invasione cinese. Il presidente taiwanese William Lai è inoltre atteso da un viaggio in America Latina, che potrebbe sfruttare per spostarsi un po' più a nord e raggiungere gli Stati Uniti. Per far cosa? Dimostrare a Pechino di poter contare sull'appoggio di Washington e, chissà, ricevere qualche indicazione strategica oppure chiudere qualche altro contratto militare. Ricordiamo che soltanto nell'ultimo triennio Taiwan ha ricevuto armi Usa per un valore di circa 5 miliardi di dollari, tra missili, tank, veicoli vari, pezzi di ricambio e droni. Dal canto suo la Cina sta “sopportando” lo smacco in silenzio limitandosi a organizzare qualche manovra militare. Non sembrano, invece, esserci ragioni logiche tali da spingere Pechino a colpire brutalmente Taipei, danneggiando la propria immagine in campo internazionale e compromettendo il commercio globale (lo stesso che ha consentito al Dragone di svilupparsi). La sensazione è che gli Usa – ci perdonerete lo scioglilingua - stiano cercando di far cadere i cinesi in una trappola, o meglio, di provocarli per spingerli a fare un passo falso (militare) per poi avere un pretesto da utilizzare per colpirli prima di essere colpiti. Solo che Xi non è Vladimir Putin...

Putin
Con la Russia bloccata nelle sabbie mobili dell'Ucraina e l'Iran (quasi) silenziato da Israele, l'ultima grande minaccia Usa coincide proprio con la Cina

Un ultimo appunto a proposito di Xi. Ci avete fatto caso? I media occidentali hanno iniziato a diffondere strane notizie sulla Cina. Sia chiaro: non che prima non lo facessero, solo che nelle ultime settimane una raffica di notizie ha previsto una fantomatica, imminente, rocambolesca caduta del presidente cinese. Poco importa che voci simili siano emerse più volte nel corso dei suoi 13 anni di governo per altro rivelandosi ogni volta assolutamente false: questa singolare epidemia ha contagiato anche i giornali italiani. Sul Corriere della Sera, per esempio, Federico Fubini ha scritto un pezzo su “Xi Jinping commissariato” per sottolineare la “scomparsa del leader” e il “silenzio dei media di Stato”. “È sparito, all’età di 72 anni. Poi, chiaro, è riapparso. Ma non è normale che Xi faccia perdere le proprie tracce per ben due settimane e per due volte di seguito, fra maggio e luglio”, ha puntualizzato Fubini. Al netto del significato, poche ore dopo lo stesso Xi è apparso vivo e vegeto in compagnia di vari ospiti internazionali. Il New York Post, qualche settimana prima del Corriere, scriveva che “sviluppi senza precedenti hanno fatto presagire la potenziale, e potenzialmente imminente, caduta del presidente cinese Xi Jinping”.Il primo a parlare di “transizione politica in Cina” è stato tuttavia Intelligence Online, un portale francese specializzato in temi di intelligence e sicurezza. Ok, appurato che Xi è ancora in carica e che sta bene, perché mettere improvvisamente in discussione il presente (e il futuro) di quello che fino a qualche anno fa veniva considerato il “leader più forte del mondo”? È successo più o meno così anche con Putin descritto di colpo dai nostri media come moribondo, scomparso, malato, pazzo e sul punto di essere defenestrato da golpe di palazzo. E la Russia? Si è trasformata nella nemica principale dell'Occidente. Questa stessa etichetta potrebbe presto toccare anche alla Cina.  

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