La tiktoker Rita De Crescenzo è al centro di un polverone dal profumo partenopeo. Tutto è cominciato con un video‑bomba in cui Rita, giurando sui figli (fantastico tocco drammatico), dichiara che «tutti gli avvocati e i medici fanno uso di droga», perché lei “c’era, l’ha visto, ha partecipato alle feste esclusive”. Insomma, sprizza scoop a destra e a manca, e il risultato è un vortice di indignazione. In prima linea, da Alleanza Verdi e Sinistra, il deputato Francesco Emilio Borrelli non si fa pregare - aveva già battezzato la nostra influencer “la tiktoker della Malanapoli”. Subito dopo, l’avvocato Angelo Pisani — presidente nazionale di “Noi Consumatori” — scatta in piedi come un rinoceronte infuriato: “Querelo”, dichiara invitando avvocati e medici napoletani stanchi di passare per party‑animal spiritosi a coalizzarsi per difendere onore e camici puliti.
È qui che nasce la proposta di legge sul “Daspo digitale”. Immaginate un agente in divisa che sbircia i vostri profili. Se superate i 10.000 follower e vi beccano a sparare fake news o offese, partono le manette virtuali In pratica, chi supera la soglia dei 10.000 follower e usa i social a fini di lucro potrebbe vedersi intimare di rimuovere il post incriminato con un’ammonizione formale. Se poi si dovesse persistere nell’“arte dell’offesa”, ecco scattare una sospensione temporanea dell’account, giusto il tempo di far riflettere sulle proprie azioni. Nel caso in cui il misfatto social fosse davvero da manuale — o da meme — il profilo verrebbe oscurato del tutto, con divieto di aprirne uno nuovo. Tutto sotto l’occhio vigile di Agcom e di un fresco Osservatorio per l’Etica Digitale, che promette di smaltire le segnalazioni in un mese. E come ciliegina, sì, ci saranno lezioni di “galateo digitale” nelle scuole, campagne di sensibilizzazione e veri e propri corsi di alfabetizzazione social: perché sembrare civili su internet non è poi così scontato. Ammesso di credere che possa (o debba) davvero essere messo in pratica un sistema del genere...
