Miss Italia è maschilista? L'indiscrezione a maggio del 2023 di un possibile ritorno dello storico concorso in Rai, poi non avvenuto, aveva scatenato una pioggia di critiche. Sessista, anacronistico, vetusto, inadeguato a trasmettere un’idea di donna contemporanea. Frutto di un concetto “patriarcale” di bellezza femminile oggi ampiamente superato. Esclusivamente estetico: “Tu sei più bella, tu hai un bel sorriso, tu hai gambe più lunghe, tu hai un seno più prosperoso e un bel nasino alla francese”. Punto. La ex presidente della Camera Laura Boldrini già nel 2014 aveva accolto benevolmente la decisione di non mandare più in onda Miss Italia sulla rete nazionale: “Mancherà a pochi”, aveva detto. L’argomentazione: “Le ragazze italiane devono poter andare in tv senza sfilare con un numero. Hanno altri talenti”. Giusto. Facciamo un salto temporale e arriviamo all’ultima edizione, quella andata in scena a Salsomaggiore a novembre scorso, e alle polemiche scatenate nell’estate precedente da due persone transgender che avevano chiesto di partecipare alla kermesse tramite agenti regionali ma erano rimaste escluse. Il regolamento parla chiaro: bisogna essere donne dalla nascita. E non è certo una stranezza per un concorso nato nel 1946. Trasmesso in radio dal 1950, approdato in tv nel 1979 prima attraverso un gruppo di emittenti locali e poi, dal 1981 a 1988, su Canale 5, sbarcato infine su Rai 1 per i successivi venticinque anni. A Miss Italia, ricordiamolo, sono esplose le carriere di molte attrici divenute icone del cinema, da Gina Lollobrigida a Sofia Loren e, in tempi più recenti, quelle di Anna Valle e Miriam Leone. È una kermesse storica, nata in un’epoca in cui le donne erano ancora considerate una “bella presenza”. Ma poi i tempi, per fortuna, sono cambiati. Sebbene sia stata abolita dalla patron Patrizia Mirigliani (che ha ereditato la manifestazione dal padre nel 2003), la prassi di segnalare le “misure” delle ragazze (seno-vita-fianchi), i limiti di età e quelli imposti dal loro stato civile, sebbene sin dai tempi del fondatore Enzo Mirigliani sia stata istituita la fascia di “Miss Coraggio” destinata a donne che si siano distinte per meriti non attinenti la bellezza fisica, il concorso è stato bollato tout court come uno show lontano dalla sensibilità moderna. Una sfilata di corpi. Qualcosa che poteva avere un senso nel Dopoguerra quando alle donne veniva insegnato che il loro felice destino sarebbe stato un buon matrimonio. Gonne a palloncino, sorriso smagliante, capelli cotonati e dolcetti profumati nel forno. Mirigliani ribatte così alle accuse: “Il concorso è talmente noto da essere amato e conosciuto nel mondo come concetto di italianità, di glamour, di stile e di storia del costume. Vive di luce propria e nelle epoche ha attraversato tutti i governi. La gente lo ama e lo segue riempiendo le piazze italiane per sei mesi l’anno. La sua storicità dovrebbe essere già un fatto importante per salvaguardarlo”. E aggiunge: “Non strumentalizzate politicamente Miss Italia a fini di consensi. Il femminismo è una questione trasversale e riguarda la libertà di scelta delle donne”. Prima di chiedere un parere a politici di destra e di sinistra, prima di scandagliare i casting destinati alle “veline” e figuranti di sigla di note trasmissioni televisive per capire quali siano i requisiti richiesti, prima di chiedere all’Intelligenza artificiale, che copia le dichiarazioni esistenti sul web e le assembla, vogliamo porre proprio a lei, la patron, una domanda chiusa.
Patrizia Mirigliani, Miss Italia è femminista o maschilista?
È femminista. Non ho dubbi. Io stessa lo sono. C’è più femminismo da noi che in tante trasmissioni televisive dove la donna è ancora considerata solo per la sua avvenenza e non ha altra espressione. Per fare un esempio: sulla violenza di genere Miss Italia garantisce da anni, con il Codacons, un numero verde contro la violenza sulle donne in tutte le 400 selezioni del territorio. Ma se parliamo di stereotipi, allora questo tema dovrebbe coinvolgere tutte le donne femministe che oggi ricorrono alla chirurgia estetica per contrastare i segni del tempo e ricoprono ruoli in molteplici settori: dalla politica alla cultura allo spettacolo. Non è questa una contraddizione? La libertà di una donna per me è scegliere per sé stessa. Riguarda anche la scelta di partecipare o meno a un concorso di bellezza o a un casting televisivo in cui conta l’aspetto esteriore.
Dai tempi di Sophia Loren a oggi come è cambiato il concetto di bellezza al concorso?
Miss Italia è nato nel Dopoguerra. Per l’esattezza nel 1946 (ha ereditato un concorso del ’39), l’anno del voto alle donne e della Costituzione. Fondato da Dino Villani, è stato diretto da mio padre, Enzo Mirigliani, dal 1959 fino alla mia direzione nel 2003. Negli anni di boom economico è stato vetrina di molte artiste poi diventate star del cinema: Silvana Mangano, Lucia Bosè, Gina Lollobrigida, Sofia Loren. Enzo Biagi disse che Miss Italia era una conquista della democrazia.
Ma il concorso allora era basato su un unico requisito: le misure.
A quell’epoca era rappresentativo di un canone di bellezza femminile stereotipato, equiparato alle kermesse internazionali. Misure “perfette” e donne formose. Tanto che Sophia Loren, per fare un esempio, arriva a Miss Italia nel 1950 ma vince solo il titolo di Miss Eleganza. Era alta e con un viso molto particolare. Non rappresentava certo la bellezza canonica. Fino agli anni Settanta il concorso è rimasto fermo su requisiti legati ai concetti di femminilità che esprimeva la società dell’epoca.
Con gli anni Settanta cosa è successo?
Che mio padre si è messo in discussione. L’ideale femminile era cambiato. Il corpo delle donne anche: meno prorompente, meno materno anche se non androgino. Si stava imponendo non solo nella fisicità una figura di donna nuova, anche nell’impegno professionale. Pensi che nel ‘76 a vincere il titolo di Miss Italia fu Paola Bresciano, una calciatrice di Serie A. Una Miss Italia del calcio femminile non si era mai vista. Mentre erano in corso le battaglie femministe per la parità della donna, anche contro la nostra kermesse giudicata stereotipata, Miss Italia lanciava un’idea di completezza fatta di talento. Il concorso, inoltre, era una grande vetrina per mettersi in gioco, un trampolino di lancio nel mondo del lavoro.
Ma perché una donna dovrebbe necessariamente passare dalla vetrina della bellezza per mettersi in gioco? E le “brutte” allora?
Non esistono donne “brutte”. Partiamo da questo concetto: i canoni di bellezza sono cambiati. Oggi la perfezione è noiosa: non te la ricordi nemmeno. La bellezza è qualcosa che invece ha a che fare con l’identità. Pensiamo al caso della campagna di Gucci con una modella non certo perfetta ma capace di rappresentare l’originalità. A questo ideale ci siamo arrivati anche noi nel tempo. Il concorso è stato lo specchio di questo cambiamento ed è servito a sdoganare il tabù che la bellezza femminile, sempre intesa come fascino e non come misure, sia sinonimo di stupidità. Vogliamo parlare di questo binomio che rende ancora difficile in un mondo dominato da maschi le relazioni professionali sottoponendole a ricatti?
Sul vostro palco sono passate ingegnere, future politiche e persino un’agente segreta.
Abbiamo avuto tante partecipanti che poi sono diventate politiche, fra cui Michela Vittoria Brambilla, Mara Carfagna, Brunella Tocci, Miss Italia 1955, che ha una bella storia: da Miss a valletta a figura di spicco del giornalismo televisivo italiano, impegnata nel sociale e nella difesa dei diritti delle donne e paladina dell’ambiente. Ha contribuito alla nascita del Tg2 insieme ad Andrea Barbato. E tante donne che sono diventate poi giornaliste e conduttrici come Monica Maggioni, che ha partecipato a Miss Liguria ma non ha vinto, Caterina Balivo e Roberta Capua, Roberta Serra, volto di Al Jazeera, Barbara Capponi. Non facevano certo le modelle quando si sono iscritte.
I settori professionali rappresentati?
Le partecipanti arrivavano da tutti i settori professionali e avevano un buon background culturale alle spalle. A metà degli anni Ottanta un sondaggio sulle loro preferenze letterarie dimostrò che leggevano Shakespeare, Freud, Italo Calvino, Oriana Fallaci, Elsa Morante, Cesare Pavese. Fra loro c’erano anche casalinghe e mamme a tempo pieno (per le quali abbiamo cambiato il regolamento), coniugate o conviventi e single. Mai nessuna discriminazione.
È rimasta esemplare nella storia del concorso la risposta che diede Giovanna Arco a Fabrizio Frizzi.
Nel 2000 Giovanna Arco all’allora conduttore Fabrizio Frizzi esclamò ‘non voglio che mi si facciano domande così banali. Stasera parlo io!’, creando un imbarazzo per cui la ricorderemo per sempre. Si stupì delle sue domande troppo semplici e gli disse che era lì anche per dimostrare quello che aveva dentro. Gli fece capire che il binomio ‘bella’ e stupida è un preconcetto da sfatare. Ma la cosa più importante che abbiamo fatto in direzione del femminismo riguarda la fascia di Miss Coraggio, istituita da mio padre nel ‘91 e data per prima a Pina Siracusa, siciliana, vittima di una violenza di gruppo che aveva denunciato con tutte le conseguenze del caso. Anche Jessica Notaro è una nostra Miss Coraggio. Una sezione che nel tempo si è ampliata fino a inglobare disturbi alimentari come l’anoressia, malattie come il cancro al seno, per cui facciamo prevenzione costante.
Sulla disabilità: anche Annalisa Minetti è stata vostra concorrente.
Annalisa Minetti ha partecipato per la Lombardia ed era ipovedente. È arrivata alle finali. Sognava di cantare e lo ha espresso per la prima volta al nostro concorso. Si è presentato un agente musicale e poi il balzo a Sanremo è stato per noi una grande felicità. “Il concorso mi ha trattato alla pari di tutte, mi ha dato la possibilità di esprimermi”, ha dichiarato. Insomma, oltre al discorso delle taglie, abbiamo lavorato sui contenuti. Per diventare sempre più inclusivi di un’idea di bellezza più ampia possibile.
A proposito di taglie: a un certo punto avete introdotto le “curvy”.
Paola Torrente, taglia 46-48, si è classificata seconda nel 2016. Diplomata al liceo scientifico, studiava ingegneria. Nel 2011 ho confermato l’assenza della condizione taglia per la partecipazione al concorso. Mi sono chiesta perché le miss dovessero essere magre a tutti i costi. Allora ho aperto alla categoria curvy. Per me questo significava istituzionalizzare un cambiamento in atto che anche i brand di moda stavano cominciando ad accogliere.
Perché siete stati attaccati nel tempo come veicolo di contenuti non femministi?
Ci sono pensieri che partono da considerazioni obsolete e non vedono i passi avanti che abbiamo fatto nei confronti delle donne. Un esempio per tutti: abbiamo premiato per primi la ricercatrice sull’epilessia all’estero, Annamaria Vezzani. Ma di casi ne potrei citare a decine. Si tratta solo di preconcetti insiti in chi non conosce la storia del nostro concorso. La manifestazione è stata lo specchio dei tempi e non avrebbe senso disconoscere quelli che sono stati i modelli di un tempo. Ha invece valore guardare avanti e considerare che il peso di una manifestazione storica deve essere da stimolo alla trasformazione e al confronto. Miss Italia è davvero una fotografia dell’evoluzione delle donne nel nostro Paese, uno specchio della società. Tanto che nell’ultima edizione hanno chiesto di partecipare anche i transessuali.
Come è andata la questione della richiesta di partecipazione delle persone transessuali al concorso?
Il regolamento parla chiaro: bisogna essere donne dalla nascita. Da quando nel 2003 ho preso la direzione del concorso mi sono sempre confrontata con le istanze di cambiamento del contesto sociale in cui viviamo. Valuterò con attenzione anche questo aspetto. Sono rimasta però sorpresa perché esistono concorsi dedicati al mondo trans, come Transitalia, e questa richiesta proprio non me l’aspettavo. L’organizzazione di Miss Universo, condotta da una transgender, non ha questa voce di “donne dalla nascita” nel regolamento. Ci rifletterò nei prossimi mesi.
Su quale emittente tv sarà trasmessa la diretta della prossima edizione a settembre?
Dal 1979 le finali sono state trasmesse dalle reti Fininvest fino al 1987, poi dal 1988 al 2012 sulla Rai, poi su La7 per sei anni e poi ancora in Rai per gli 80 di Miss Italia, nel 2019. Dal 2020 abbiamo utilizzato i social per raccontare Miss Italia. D'altronde 28 milioni di italiani scelgono ogni giorno il telefonino e i social per informarsi. Forse il futuro sta lì. E Miss Italia, proprio perché ha un grande passato alle spalle, del futuro non ha mai avuto paura.