Il mondo di Hollywood lo scorso 28 ottobre si è svegliato di soprassalto per la notizia della morte di Matthew Perry, noto per aver interpretato il ruolo di Chandler Bing in Friends, trovato senza vita nella vasca da bagno nella sua villa a Pacific Palisades, vicino Malibù. Perry da tempo soffriva di depressione e da tempo seguiva una terapia basata sull'induzione di ketamina. L'ultimo somministrazione risaliva alla settimana prima del decesso. Tuttavia, sembra che la quantità di anestetico ritrovato nel corpo dal medico legale fosse talmente alta da aver comportato “la sovrastimolazione cardiovascolare e la depressione respiratoria” della star di Friends. Ma perché gliela avevano prescritta?
In realtà, secondo diversi studi, fra cui quello della Columbia University, la ketamina consisterebbe in una valida alternativa per il trattamento della depressione. Approvata per la prima volta dalla Fda nel 1970 per l'anestesia durante gli interventi chirurgici, la ketamina con il tempo si è rivelata una valida alleata per combattere il disturbo dell'umore, grazie agli effetti antidepressivi e ansiolitici ad azione rapida che ha sui pazienti. La sostanza agisce su diversi sottoinsiemi di neurotrasmettitori cerebrali rispetto agli Ssri convenzionali, motivo per cui i pazienti che non hanno trovato effetti terapeutici con gli antidepressivi tradizionali potrebbero avere più fortuna con la terapia di ketamina, ammesso che non abbiano altre condizioni mediche, come crisi epilettiche, abuso di sostanze o problemi epatici o renali e non stiano assumendo farmaci che potrebbero interagire con il farmaco analgesico-dissociativo. Persino l’uomo più ricco del mondo, Elon Musk, ne fa uso (in microdosi). Il Ceo di Tesla in un tweet ha dichiarato che la ketamina assunta occasionalmente sarebbe l'opzione migliore rispetto ai farmaci standard per la depressione, citando anche “l'esperienza di alcuni suoi amici”. Ma allora, se gli effetti di questa sostanza per uso terapeutico sono così promettenti, che diamine è successo a Matthew Perry?
Il medico legale ha dichiarato che nel sangue dell’attore americano “sono stati trovati livelli elevati di farmaco corrispondenti a 3,54 microgrammi per millilitro” aspetto che lo avrebbe portato a concludere che la causa del decesso di Perry non fosse legata alla precedente terapia infusionale somministrata dal suo medico la settimana prima della scomparsa - l'emivita (il tempo che occorre perché la concentrazione di una sostanza farmacologica nel sangue si riduca alla metà del valore iniziale) del farmaco è di sole 3-4 ore - ma piuttosto alla ketamina assunta in altro modo. I fattori che avrebbero contribuito alla sua morte, come riportato dal Dme (Department of Medical Examiner), oltre agli effetti della sostanza, includono (oltre che l'annegamento) la malattia coronarica e gli effetti della buprenorfina (usata per trattare il disturbo da uso di oppioidi).