Stellantis, il colosso industriale dell’automotive guidato da John Elkann (presidente) e Carlos Tavares (amministratore delegato), torna ancora una volta a far discutere. Ma no, questa volta non c’entra nulla la delocalizzazione, o la realizzazione di qualche nuovo modello, come la Fiat Grande Panda, che ha generato le critiche degli automobilisti; e non si parla, almeno per il momento, nemmeno di una cassa integrazione. Il fatto è che adesso il Gruppo italofrancese ha deciso di cedere Comau, il suo gioiello dell’automazione. Si tratta di un’azienda italiana nata nel torinese nel 1973, poi inglobata in Fiat trasformandola, scrive Tobia De Stefano su La Verità, in “uno dei fiori all’occhiello dell’industria italiana in Europa e nel mondo”. A dire il vero, come riporta il giornalista, “che ci fosse un piano per cedere parte dell’azienda era risaputo […] – ma – Come questo piano venisse declinato molto meno”. E non è un caso se i sindacati sono insorti…
“Esprimiamo contrarietà alla cessione di Comau a un private equity – ha commentato Gianluca Ficco (responsabile auto della Uil) –, poiché ci preoccupa il rischio di disperdere un prezioso patrimonio professionale e industriale, e chiediamo un intervento al governo”. Insomma, i sindacati chiedono al Ministero delle imprese e del made in Italy, e al ministro Adolfo Urso, di usare il famigerato golden power, così da cambiare le sorti della cessione e soprattutto quelle di Comau; e il Mimit, secondo quanto rivelato da De Stefano, “ha già fatto sapere che sta valutando la possibilità”. La vera motivazione della volontà di vendere da parte di Stellantis è che, si legge su La Verità, “l’automazione industriale non è considerata parte del core business del gruppo”, eppure, commenta ancora il giornalista, “Tavares al momento ha altre preoccupazioni”. Insomma, il primo semestre dell’anno per l’azienda automobilistica non è stata certo un successo, tant’è che “il titolo a Piazza Affari ha perso l’8,7% scendendo a quota 16,67 euro. I ricavi netti – riporta sempre il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro – sono infatti in calo del 14%, a 85 miliardi, mentre l’utile netto è sceso del 48%, a 5,6 miliardi”. Una (scarsa) performance ammessa anche dal Ceo portoghese, “ma la realtà – commenta De Stefano – è che Stellantis invece di continuare a chiedere incentivi a pioggia per l’auto elettrica dovrebbe fare un mea culpa e ammettere il fallimento della strategia del full electric che è completamente da ripensare”.