Tempi bui per l’auto italiana, ma adesso è tempo di festeggiare. Sì, perché la Fiat compie 125 anni, fondata a Torino l’undici luglio 1899, e per l’occasione è festa grande in quel del Lingotto; l’iconico stabilimento della casa automobilistica italiana. Insomma, non è proprio il momento di pensare alla crisi produttiva, alla delocalizzazione, alle basse vendite dei modelli elettrici, e agli operi in rivolta solamente pochi metri più in là, ovvero nello stabilimento, operativo a singhiozzi a causa della cassa integrazione, di Mirafiori. Ora è il momento di festeggiare, e anche di presentare in via ufficiale la nuova Grande Panda, vale a dire l’ultimo modello di Fiat, ehm di Stellantis; che a dire il vero sembra aver lasciato di stucco molti appassionati di quattro ruote. Ma come, l’iconica utilitaria degli italiani diventa un crossover? Ma soprattutto, il mito dell’auto italiana nato nel 1980 davvero non è più italiano? Beh, la risposta è “sì” a entrambe le domande. Infatti, scrive Benedetta Vitetta su Libero, “mentre al Lingotto Elkann e Tavares (rispettivamente presidente e amministratore delegato di Stellantis, ndr) celebrano l’immortalità del marchio di casa Agnelli, dallo stabilimento di Kragujevac escono le prime vetture della nuova serie”. E no, Kragujevac non è una parola in dialetto piemontese, ma il nome della città serba selezionata da Stellantis per spostare la produzione del modello italiano all’estero. Ma a quanto pare questo dettaglio non è poi così tanto drammatico come potrebbe sembrare; anzi, dovrebbe essere addirittura un vanto visto che, ha detto Elkann per l’occasione, “esportare la nostra creatività ha fatto innamorare il mondo dell’Italia […] Grazie a Stellantis, Fiat ha potuto conquistare sempre più clienti”. E forse è proprio questa la ragione che ha portato il brand a spostarsi in Marocco, in Serbia e in Polonia; per esportare la nostra creatività, no?
A pensarla diversamente è uno dei tanti invitati alla festa, tra cui i due fratelli di John, Lapo e Ginevra. Più che un invitato, però, sembra addirittura un infiltrato. Una persona che con il Gruppo italofrancese non ha mai avuto grandi rapporti, e nemmeno questa volta sembra essere venuto in pace. Si tratta del ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso che, non appena ha avuto l’occasione di prendere la parola, ha voluto immediatamente pungere, anzi infilzare, il nipote dell’avvocato Gianni Agnelli e il ceo portoghese, riaccendendo le antiche frizioni tra Governo Meloni e Stellantis. “La Fiat era ed è Torino – riporta ancora Libero le parole del ministro –, il più grande complesso industriale d’Europa: vogliamo che resti a Torino”. Ma la dichiarazione del politico si fa sempre più mirata. “Da più di un anno – ha detto – siamo al lavoro con Stellantis, è arrivato il momento delle scelte e delle responsabilità. L’azienda deve assumersi la responsabilità del rilancio dell’auto nel nostro Paese, nel rispetto di ciò che Fiat ha fatto per l’Italia e di ciò che l’Italia ha fatto per la Fiat”; il riferimento, anche se velato, inevitabilmente va ai miliardi di soldi pubblici dati dallo Stato all’azienda torinese. Inoltre, riporta adesso Ettore Boffano su il Fatto Quotidiano, Urso ha voluto citare anche la Costituzione, riportando il suo primo articolo affermando che “la Repubblica italiana è fondata sul lavoro. Non sul profitto”, lanciando una frecciata sempre a Stellantis e soprattutto a Tavares a cui si è rivolto, e poi l’articolo quarantadue, il quale “recita che l’impresa è un’attività sociale. La sapeva bene – ha sottolineato il ministro – Gianni Agnelli: ‘Tutto quello che ho, l’ho ereditato. Ha fatto tutto mio nonno. Devo tutto al diritto di proprietà e al diritto di successione, io vi ho aggiunto il dovere della responsabilità’. Lavoriamo – ha terminato – insieme perché si riannodi questa storia di successo”. All’attacco di Urso risponde la rassicurazione (l’ennesima) del dirigente portoghese. Infatti, Tavares, riporta Vitetta su Libero, ha “assicurato che Stellantis continuerà a investire in Italia […] sono orgoglioso di ciò che Fiat porta a Stellantis. E non ho dubbi che i successi saranno ancora molti”, anche se, ha voluto evidenziare, “la concorrenza mondiale ‘sta aumentando e si deve fare i conti con un modello produttivo attento ai costi e sensibile all’attrazione dei paesi low cost. Per sopravvivere, insomma, serve cambiare e adattarsi”. Beh, forse a Mirafiori, a Cassino e a Melfi, dove la produzione è calata rispettivamente del 63%, del 38,7% e del 57,6% (dati Libero) c’è poco spirito di adattamento; sarà quello…