Marco Travaglio si siede (finalmente) di fronte a Peter Gomez alla scrivania de La Confessione, programma televisivo di Rai 3. I due, amici e colleghi al Fatto Quotidiano, dandosi categoricamente del lei, hanno dato vita a quasi una seduta di analisi che ha portato alla luce avvenimenti, episodi e ideologie più segrete della vita privata e professionale del giornalista (e direttore) che nelle ultime settimane è diventato, ancora di più, protagonista delle discussioni di attualità e cronaca, anche rosa; causa la sua ospitata al podcast di Fedez (o di Luis Sal?) Muschio Selvaggio. Negli ultimi vent’anni Travaglio ha sempre rappresentata una figura ambigua per la realtà editoriale italiana, soprattutto per i suoi difficili rapporti con la classe politica, e per i legami di amore e odio prima con Silvio Berlusconi e poi con Matteo Renzi, ma anche con Beppe Grillo. Gomez comincia così a scavare nella storia di quello che è di fatto il suo direttore al Fatto, partendo dagli inizi della carriera, prima a Torino e poi a Milano, come collaboratore de Il Giornale di Indro Montanelli, e poi ancora a La Voce quando Montanelli lasciò la direzione del quotidiano edito da Berlusconi, dopo il discusso ingresso in politica di quest’ultimo. Sull’iconico (e controverso) giornalista fiorentino Travaglio ha detto: “Il mio maestro è stato Domenico Agasso, che era direttore de Il nostro tempo, che era il settimanale cattolico torinese dove ho iniziato. Perché mi spiegava come si fa il giornalista, Montanelli non mi ha mai spiegato come si fa il giornalista. Me lo ha insegnato facendolo”. Poi il passaggio sulle varie vicende televisive che lo hanno visto protagonista: il famigerato “editto bulgaro” del 2001, e la lite, anche piuttosto grottesca, con Berlusconi a Servizio Pubblico di Michele Santoro nel 2013. Ma le grandi confessioni fatte da Travaglio a Gomez sono specialmente due, una di carattere religioso, e una di sfondo politico.
“Sono cattolico, peccatore, praticante quando riesco. Sì, sono credente”, ha rivelato Marco Travaglio, passando poi “alle cose profane”, come le ha chiamate Gomez, ovvero Mario Giordano e un altro tipo di fede, quella politica. Alla domanda: “Ma lei è di sinistra?” del conduttore, Travaglio risponde con un categorico: “No, mai stato”. Ma allora come si definisce? “Quando la destra era appunto Montanelli, era una destra liberale e conservatrice pensavo di essere di destra. Poi ho visto la destra italiana e quindi ho scoperto di non essere nemmeno di destra”. Comunque Travaglio ha anche ammesso di essere stato anticomunista viscerale, almeno “finché c’è stato il comunismo, fino al muro di Berlino”, e che “oggi come oggi penso di essere un po’ tutto e un po’ niente”. Ma il credo inconfessabile di Travaglio rimane sempre il giornalismo: “Io faccio il giornalista soprattutto per rompere i coglioni”. Infine, i suoi rapporti con i politici, su tutti Beppe Grillo, e a questo proposito ha dichiarato di essere un “proto-grillino”, visto che sono stati i grillini a seguire lui e non il contrario. Poi ha parlato dell'attuale presidente del consiglio Giorgia Meloni. Con la Premier ha rivelato di averci condiviso un particolare viaggio in auto: “Una volta ci siamo visti a pranzo”, ha confessato Travaglio, “lei era ministro della gioventù di Berlusconi, tra l’altro non credo di farle un danno nel dire che le sue imitazioni dei dibattiti in consiglio dei ministri tra Berlusconi e Tremonti sono quanto di più divertente io abbia mai sentito, perché fa proprio le voci uguali. […] Alla fine del pranzo mi fece: ‘A Marché che c’hai bisogno di un passaggio?’, e allora sulla sua Smart mi ha accompagnato. E ho scoperto che la sua passione musicale è Van De Sfroos”.