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ll sogno di Orcel (UniCredit Jp Morgan italiana?), Mediobanca e Generali: a che punto siamo? Dal governo Meloni nessuna risposta, ma Nagel vuole convincere Delfin e Caltagirone. Come?

  • di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

4 maggio 2025

ll sogno di Orcel (UniCredit Jp Morgan italiana?), Mediobanca e Generali: a che punto siamo? Dal governo Meloni nessuna risposta, ma Nagel vuole convincere Delfin e Caltagirone. Come?
Alberto Nagel di Mediobanca avanza un'Ops su Banca Generali usando il 13% delle azioni Generali possedute, cercando un incontro a Palazzo Chigi mentre tenta di convincere i principali azionisti Delfin (19,7%) e Caltagirone (6,8%). Dal Governo e dal Tesoro nessun commento ufficiale. Andrea Orcel di Unicredit, invece, valuta la rinuncia all'Ops su Banco Bpm per le restrizioni del Golden Power. Ma il suo sogno potrebbe essere la creazione di una piccola Jp Morgan italiana. Ecco il punto

di Domenico Agrizzi Domenico Agrizzi

Nel panorama bancario italiano si stanno intrecciando vicende complesse che modificano equilibri consolidati. L'annuncio dell'offerta di scambio avanzata da Piazzetta Cuccia sulle azioni di Banca Generali entra nella fase cruciale. Fonti accreditate riferiscono a Repubblica che il prossimo passo prevede un colloquio a Palazzo Chigi tra il ceo di Mediobanca, Alberto Nagel, e rappresentanti governativi, probabilmente con Gaetano Caputi, che ha seguito tutti i fascicoli bancari in coordinamento col Mef. L'incontro servirà a sondare la posizione dell'esecutivo riguardo l'operazione appena presentata. Mediobanca conferma questa intenzione dichiarando che “spiegheranno l'operazione a tutti gli stakeholder, azionisti, istituzioni, dipendenti”. L'esecutivo non era stato preventivamente informato dell'iniziativa di Mediobanca su Banca Generali, anche perché la normativa impone assoluta riservatezza per evitare asimmetrie informative sul mercato. Da Palazzo Chigi e dal Tesoro non è pervenuto alcun commento ufficiale, diversamente da quanto accaduto lo scorso 26 novembre quando Unicredit lanciò l'Ops sul Banco Bpm. L'intenzione è favorire una conciliazione degli interessi in gioco. Il possibile recesso dal legame cinquantennale tra Mediobanca e Generali sembra essere stato accolto favorevolmente a Palazzo Chigi. Per l'Ops lanciata dal Monte dei Paschi sulla stessa Mediobanca, che coinvolge il Mef come azionista diretto di Siena, permangono interrogativi. Nagel intende generare consenso intorno alla sua operazione, illustrandola dettagliatamente anche agli azionisti di riferimento: Delfin (holding della famiglia Del Vecchio con il 19,7% di Mediobanca) e Francesco Gaetano Caltagirone (6,8%). Entrambi hanno apprezzato il primo allontanamento da Generali, ma prima di esprimere pieno sostegno desiderano comprendere gli sviluppi successivi.

Alberto Nagel di Mediobanca
Alberto Nagel di Mediobanca
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Il piano proposto da Nagel prevede che Mediobanca corrisponda il prezzo con azioni Generali già possedute (13%), per un valore di 6,3 miliardi. Metà andrà agli azionisti di mercato aderenti all'offerta, mentre l'altra metà (6,5%) tornerà a Trieste come azioni proprie, cruciali per il futuro controllo della compagnia. Capire in quali mani finiranno queste azioni risulta fondamentale per gli equilibri finanziari. Il capo di Piazzetta Cuccia ha ideato una strategia difensiva rispetto all'Ops avviata da Montepaschi. Secondo indiscrezioni, se l'offerta superasse gli ostacoli che deve affrontare, Nagel vorrebbe fondere le due entità designando Gian Maria Mossa, attuale guida di Banca Generali, come amministratore delegato, riservando per sé la presidenza del nuovo gruppo, che aspirerebbe a diventare protagonista nel settore del risparmio gestito unendo le reti di Mediobanca Premier e Banca Generali. L'operazione presenta una logica industriale, tanto che gli analisti di Barclays hanno innalzato il prezzo obiettivo di Banca Generali a 60,6 euro dai precedenti 52,2 euro, raccomandando agli investitori di “sovrappesarla” nei portafogli. Gli esperti di Barclays pongono l'accento sui benefici del rinnovo del 17 aprile scorso – appena prima dell'OPS di Mediobanca su Banca Generali – della partnership con Generali Italia. Per loro rappresenta “un punto di svolta” che consentirà al gruppo di “raggiungere un bacino di clienti più ampio e creare opportunità di cross-selling”. L'entusiasmo degli analisti solleva tuttavia perplessità sulla valutazione riconosciuta da Mediobanca a Banca Generali. La separazione dalla controllata guidata da Mossa causerebbe a Trieste una voragine di centinaia di milioni di utili, a fronte di un 6,5% di azioni proprie, bloccate per un anno, destinate a svalutarsi proprio per effetto dello scambio con Mediobanca.

Il Ceo di Unicredit, Andrea Orcel
Il Ceo di Unicredit, Andrea Orcel

L'operazione, vantaggiosa per Piazzetta Cuccia nel preservare Nagel ai vertici, costituirebbe una minaccia per la joint venture sul risparmio gestito tra Natixis e Generali, fortemente difesa dall'amministratore delegato del Leone, Philippe Donnet. È probabile che in Francia non vedrebbero più con favore la collaborazione, specialmente se venisse meno una rete di migliaia di consulenti nella distribuzione dei fondi, o se questa comportasse il pagamento di commissioni a Mediobanca. Nel frattempo, Andrea Orcel di Unicredit sembra orientato a rinunciare all'Ops su Banco Bpm piuttosto che proseguire, frenato dal mancato sconto sull'operazione Anima (del valore di 1 miliardo) e dalle rigide prescrizioni del Golden Power. Prima di desistere, Orcel tenterà ogni strada possibile, specialmente attraverso il dialogo con le autorità competenti per attenuare gli aspetti più controversi delle prescrizioni, escludendo la problematica russa sulla quale il Golden Power risulta irremovibile. Unicredit si prenderà tutto il tempo necessario, potendo legittimamente ritirarsi fino al 30 giugno, quando il quadro sarà finalmente chiaro. Attualmente, le adesioni all'Ops procedono molto lentamente. Per Orcel sarebbe una grave battuta d'arresto dover rinunciare, non esistendo nel mercato italiano un'altra preda contemporaneamente aggredibile dimensionalmente e appetibile per quanto riguarda fondi e assicurazioni. Unicredit si ritroverebbe improvvisamente con undici milioni di clienti e una quota di mercato nel credito del 15%, concentrata soprattutto nelle regioni più ricche del Nord Italia. Bpm possiede inoltre i fondi d'investimento di Anima, le assicurazioni di Bpm Vita, una quota significativa nel credito al consumo di Agos e nella società di pagamenti Numia, oltre a Banca Aletti e Banca Akros. Bpm punta a realizzare entro il 2027 il 50% dei propri ricavi (stimati complessivamente a circa 5,9 miliardi per quell'anno) attraverso le sue fabbriche prodotto – opportunità imperdibile per una banca ambiziosa che deve trovare modalità per conservare e incrementare le sorprendenti performance degli ultimi anni. Non esiste nei mercati principali (Italia e Germania) un obiettivo capace di garantire prospettive analoghe, risultando ancora più indigesta l'eventualità – dopo una possibile rinuncia di Unicredit – di un matrimonio tra Bpm e Mps, potenzialmente esteso a Mediobanca e Banca Generali. Ne nascerebbe un gruppo integrato, una piccola Jp Morgan italiana, progetto accarezzato da Orcel fin dai tempi da merchant banker. La prossima settimana sarà dedicata alle trimestrali dei principali istituti bancari: martedì inizierà Intesa Sanpaolo, mercoledì sarà il turno di Bpm, giovedì di Bper e infine Mps. Unicredit ha programmato un consiglio d'amministrazione per domenica 11 e pubblicherà la trimestrale il giorno successivo. Mercoledì 7 maggio è prevista la riunione del consiglio di amministrazione di Generali, con all'ordine del giorno la composizione dei Comitati interni, a partire da quello sulle Parti correlate, fondamentale rispetto all'Ops di Mediobanca su Banca Generali, poiché avrà il compito di istruire la discussione, che successivamente spetterà al board. I consiglieri valuteranno, probabilmente in seguito, anche l'opportunità di passare attraverso l'assemblea dei soci.

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