La politica trapanese torna a far parlare di sé. E senza nemmeno scomodare il capoluogo, i cui elettori sono stati chiamati alle urne. Dopo i casi di Campobello e Petrosino, invischiati tra massoneria e criminalità organizzata, ora tocca a Mazara del Vallo. Qui, da mercoledì scorso, la nuova vicepresidente del Consiglio comunale è Valentina Grillo. 36 anni, avvocato, capogruppo del gruppo misto all’interno della giunta civica di centrosinistra guidata da Salvatore Quinci. È stata nominata in seguito alle dimissioni di un collega, con 9 preferenze su 11 presenti in aula – una scheda nulla, una bianca – mentre l’opposizione non ha partecipato al voto. E tutto è filato liscio. Per capire il fulcro della vicenda, riavvolgiamo il nastro a settembre 2022: il sindaco Quinci nomina Grillo assessore in seguito a un rimpasto di giunta. Ma lei si dimette dopo appena un giorno, con la seguente lettera: “Terra bella quanto dannata destinata a non crescere mai”, scrive. “L’incarico affidatomi, lontano da banali logiche politiche, è legato alla meritocrazia. Ciononostante, il senso di responsabilità mi porta a rinunciarvi. La bufera mediatica che in queste ore ha investito la mia persona non deve e non può avere ripercussioni sul benessere della città e sulla serenità dell’azione amministrativa”. La bufera si riferisce al blitz effettuato pochi giorni prima dalla Procura antimafia di Palermo. Decine di sequestri, perquisizioni e indagati. Tra questi c’è Luca Burzotta, già al centro dell’azione investigativa e finito in carcere una ventina d’anni fa: è il suocero di Valentina Grillo.
All’epoca il designato assessore – va sottolineato, estranea a qualsiasi indagine – fece quel che l’opportunità politica richiede. E cioè compiere un passo indietro, seppur a malincuore ma a tutela della propria immagine pubblica. “Il nostro paese”, continua Grillo nella lettera, “non è in grado di guardare avanti, di accogliere gente onesta e trasparente perché le colpe devono necessariamente ereditarsi”. E ci mancherebbe. Da Peppino Impastato in poi, la Sicilia conta innumerevoli esempi di emancipazione da una situazione famigliare malavitosa. A questo punto però va meglio approfondita la storia dei Burzotta, ben raccontata dalla testata locale TP24.
Partiamo dal capitolo più recente. Lo scorso marzo la Dia ha confiscato beni per 1,3 milioni di euro a Giuseppe e Andrea Burzotta, “nell’ambito delle attività istituzionali finalizzate all’aggressione delle illecite ricchezze acquisite e riconducibili, direttamente o indirettamente, a contesti delinquenziali di tipo mafioso”. Il primo, detto Pino, di fatto era il ‘paterfamilias’ dei Burzotta: noto imprenditore edile di Mazara, ha avuto dei trascorsi in politica tra le file del Psi. È morto nel 2020 e non ha mai ricevuto condanne giudiziarie legate alla mafia. “Dalle indagini”, si limita a osservare la Dia, “è emerso che avrebbe costantemente fornito supporto economico e finanziario a esponenti della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo”. Andrea è suo figlio, ha seguito le orme del padre in Consiglio comunale e nel 2016, in seguito a un primo provvedimento di sequestro a suo carico, si era autosospeso dal ruolo pubblico per circa un anno. Poi è tornato consigliere fino al 2018, quando ha formalizzato le dimissioni definitive. E in quell’occasione, ha ceduto il testimone proprio a Valentina Grillo.
Un’occhiata agli altri rami del focolare. Tra i fratelli di Pino si annoverano Diego Burzotta, boss locale condannato all’ergastolo per omicidio. E quel Luca, il suddetto suocero della nuova vicepresidente: su di lui indagava già Paolo Borsellino negli anni Ottanta, quando era procuratore di Marsala. Il figlio di Luca, Giovanni, è il marito di Valentina Grillo. Che a questo punto è difficile inquadrare al di fuori delle dinamiche famigliari. Ha avviato la propria carriera politica prendendo il posto del cugino acquisito. Poi, alle elezioni del 2019, ha ottenuto centinaia di preferenze – “tante, per le dimensioni di Mazara”, racconta una fonte a Mow – sospinta dagli sforzi del suocero. Niente di illecito, per carità. Ma questa non è una storia di affrancamento.
Da qui la domanda: che cosa è cambiato in questi nove mesi, per far cambiare idea a Grillo? Perché ha rinunciato alla nomina ad assessore, per poi accettare di buon grado l’incarico del Consiglio comunale? Difficile dirlo. Certo è che la “bufera mediatica” si è tutt’altro che sgonfiata. Nel frattempo infatti è stato catturato Matteo Messina Denaro e i Burzotta continuano a essere al centro delle indagini giudiziarie, anche per quanto riguarda il favoreggiamento della latitanza del superboss. Altro interrogativo: come si giustificano le forze politiche che in aula hanno votato Grillo? In questo senso, la situazione nel comune di Mazara è piuttosto spuria, con pochi simboli e molti movimenti civici. Ma comunque riconducibili ai principali partiti. Il sindaco Quinci era stato eletto con il sostegno del Pd, venuto meno in seguito al rimpasto dello scorso settembre. A gennaio Quinci è passato tra le file di Azione. Dei nove consiglieri comunali che in settimana hanno appoggiato Grillo, la maggior parte invece rientra nel civismo di area dem. Soltanto uno (forse la scheda nulla?), Antonino Gaiazzo, milita nella Lega: il padre Vito era stato arrestato durante lo stesso blitz che ha coinvolto Luca Burzotta. Per Gaiazzo senior, i pm di Palermo hanno chiesto 12 anni di condanna in rito abbreviato. Certi intrighi di famiglia non hanno bandiera. Ma a quanto pare, per chi fa politica a Trapani e dintorni non sono nemmeno un problema.