Non conosco niente di Moni Ovadia, non l’ho mai visto in scena né ho mai letto qualcosa scritto da lui. Non si può essere appassionati di tutto, e io, colpevolmente o meno, a Moni Ovadia non mi sono mai interessato (e nemmeno lui a me, peraltro). Tuttavia, se io so chi sia lui, se sono in grado di associare un volto al suo nome, e perché da circa vent’anni, ogni volta che scoppia un casino in Medio Oriente, ho visto comparire la sua brava intervista, dove nei panni dell’ebreo che critica “da dentro”, addossa la responsabilità del fatto del giorno al governo di Israele. Moni Ovadia, insomma, è un po’ come Pippo Civati quando stava nel Pd: un tizio che non si sa bene chi sia e cosa faccia, ma siccome critica “da dentro” allora lo si fa parlare, in modo che chi ce l’ha con Israele - o col Pd, nel caso di Civati - possa usarlo come formidabile argomento in una conversazione al bar (“guarda che lo dice persino Moni Ovadia, e se lo dice lui che è ebreo…”). Ecco, la cosa che trovo curiosa, è che non ho mai trovato un Pippo Civati arabo, un palestinese, cioè, che dica chiaramente e senza caveat che Hamas è il male assoluto, un’organizzazione di assassini che strumentalizza la sofferenza di un popolo per i suoi interessi, uccidendo una valanga di innocenti nel processo. Ero a Londra lo scorso week end, alla manifestazione di solidarietà per i civili della Striscia di Gaza: una massa di gente impressionante, decine di migliaia di persone in piazza. Evvai, mi sono detto, qui un Pippo Civati con la kefiah lo trovo di sicuro. E invece niente. Di bandiere di Israele con la stella di Davide sbarrata ne ho viste a bizzeffe, alcune date alle fiamme: ma qualcuno che dicesse chiaramente che Hamas è una montagna di mer*a no, non ho trovato nessuno.
Ho letto dotti commentatori citare il quotidiano israeliano Haaretz come si trattasse di una lettura per loro consueta – quelle mattine con cappuccino, cornetto e una bella copia di Haaretz – per dire che persino i giornali Israeliani addossano tutta la colpa a Netanyahu. Ma il punto è proprio questo: in Israele ci sono quotidiani che chiedono le dimissioni del Governo, partiti politici e opinionisti favorevoli alla creazione di uno Stato palestinese e persino uomini politici che negano lo stesso diritto all’esistenza di Israele; dall’altra parte, invece, c’è il silenzio. Bisogna essere davvero strabici – o estremamente paraculi – per non vedere l’asimmetria. Anche perché quando qualcuno effettivamente parla, come il Presidente Abu Mazen, per dire che si, è vero, effettivamente Hamas non rappresenta il popolo palestinese, non riceve applausi, ma viene duramente contestato, e non dai terroristi ma dalla gente normale. E allora viene alla memoria che quando le elezioni in Palestina si sono effettivamente svolte, nel 2006, e avrebbero dovuto rappresentare uno dei primi passi per la creazione di uno Stato autonomo, il primo partito risultò essere proprio Hamas, con il 44,45% dei voti. Al primo posto del programma elettorale, l’annientamento dello Stato di Israele: non esattamente un segnale di pace.
Su Israele, insomma, si può dire di tutto, giustamente, e in nome della sacrosanta libertà di espressione occidentale si può persino andare sotto la sua ambasciata a sparare fuochi d’artificio per festeggiare i cadaveri ancora caldi; ma su Hamas non si può dire nulla, nemmeno che “non rappresenta tutto il popolo Palestinese”, perché altrimenti “si legittima la violenza su Gaza”. Bizzarro, no? Capisco chi vive sotto Hamas, e teme per la propria pelle (cosa che però conferma l’argomento di cui sopra, quello di Hamas covo di nemici del proprio popolo, capaci di uccidere senza il minimo scrupolo qualunque “fratello” si azzardi a pensarla diversamente); ma chi vive in Occidente, non prova vergogna che una banda di tagliagole si presenti alla comunità internazionale come loro rappresentante? Basterebbe una maglietta, un cartello, un pezzo di carta con su scritto “Hey Hamas, quei 1300 morti di cui il 60% donne e bambini not in my name, chiaro?” E invece niente. Ed è proprio un peccato, perché così si rischia di dare l’idea di pensarla come quelli - tipo gli studenti benestanti del liceo Manzoni di Milano - che pubblicamente inneggiano ad Hamas dal caldo delle loro camerette in Ztl.
E qui occorre essere chiari, pena la scomparsa di quel barlume di illuminismo che ci è rimasto in saccoccia: chi inneggia oggi a un’organizzazione politica che chiede la distruzione dello Stato ebraico è identico a chi inneggiava ieri ad un partito politico che chiedeva lo sterminio di massa degli ebrei. Non bisogna sorprendersene: l’antisemitismo è un prodotto europeo Doc, come lo champagne o il Parmigiano Reggiano. Esiste da secoli, e come i blu jeans va sempre di moda e sta bene con tutto, sta bene col denaro e con la povertà, con l’ideologia nera dei proletari di Forza Nuova e con l’ideologia rossa dei ricchi frequentatori di centri sociali e collettivi studenteschi. Sicuramente, il popolo palestinese è più evoluto di questi individui: speriamo solo di trovare, prima o poi, un Pippo Civati in kefiah a darcene conferma.