Che ci faccio qui, Rai 3, Domenico Iannacone. Un esempio virtuoso, raro, di come dovrebbe essere la televisione. Quasi un atto di resistenza intellettuale, contro una programmazione fatta di reality, trash e ogni altro genere di bruttura, come se la serietà fosse necessariamente qualcosa di noioso. Lo spettro autistico, la neurodivergenza, l’alto funzionamento: Iannacone racconta la storia di Carlo Di Bartolomeo, la cui tipicità è quella di essere dotato di una memoria fuori dal comune. Un racconto fuori da ogni retorica, che il rischio di mitizzare Carlo, o di trasformarlo in un fenomeno da baraccone, era latente. Ma il documentario riesce a evitare ogni forma di compatimento o di esaltazione. È un incontro con Carlo, con la sua mente, con l'idea in sé deviata che abbiamo di normalità. La sua mente è capace di trattenere e richiamare con impressionante precisione testi, date, avvenimenti, titoli di film, battute teatrali e versi di canzoni. Ma il suo talento non è solo una capacità mnemonica: è un modo di stare nel mondo, di interpretarlo, di combatterlo.

Carlo ha recitato a teatro, è un attore. Da Iannacone lo si sente recitare Leopardi, Pirandello. Uno, nessuno e centomila. Ha preso parte al film Amleto è mio fratello, diretto da Francesco Giuffrè, accanto a Paola Gerini. Racconta di essere stato colpito da una paralisi cerebrale infantile, che gli ha causato problemi alla memoria. Incredibile a dirsi, visto che si ricorda veramente tutto. Per circa 13 anni, però, ha avuto seri problemi a memorizzare “tutto ciò che accadeva intorno”. Lo spiega lui stesso: l'incredibile memoria che è in grado di sfoggiare ora non è che il risultato di un allenamento continuo. Anche grazie alla recitazione, la sua grande passione. Gli si dice 1980, e recupera tutti gli eventi accaduti in quell'anno. Gli si cita la frase di un film, e subito snocciola il titolo. Lo stesso con un pezzo di canzone: è in macchina con Iannacone sul Grande Raccordo Anulare, e appena il conduttore glielo nomina lui parte con l'Ottavo Nano e la parodia che Guzzanti faceva di Venditti, compreso er distributore che te frega er resto. Scene intere del Marchese del Grillo e di altri film, anni di uscita nelle sale e cast. “Tengo sempre la mente allenata. Mi arricchisco con la memoria, a livello di esperienza e personalmente.” Altro che Chatgpt.

Tutto il contrario di disabilità, Carlo è un invito vivente a guardare l’autismo da un’altra prospettiva, come un'intelligenza che oltrepassa i parametri convenzionali. Comunica senza eccedere nella parola, ma con profondità. Il caso di Carlo si inserisce in un contesto di crescente attenzione scientifica nei confronti dell’autismo ad alto funzionamento. Studi condotti nell’ambito della neuropsicologia, come quelli di Francesca Happé e Uta Frith, hanno messo in luce come alcune persone nello spettro autistico possano presentare profili cognitivi specifici, con abilità superiori alla media in ambiti circoscritti, come la memoria, la percezione dei dettagli o la competenza logica, accompagnate però da difficoltà nella comunicazione sociale e nella flessibilità comportamentale. In particolare, la cosiddetta sindrome del savant, che interessa una piccola percentuale di individui nello spettro, descrive casi in cui emergono abilità eccezionali in settori ristretti. Sebbene non sia il caso di generalizzare, episodi come quello di Carlo Di Bartolomeo aiutano a mettere in discussione lo stereotipo dell’autismo come condizione esclusivamente deficitaria. Ecco perché una trasmissione come Cosa ci faccio qui fa bene alla televisione. Allenare la mente, come fa Carlo.

