Come conciliare idratazione e recupero energie? Esiste un’alternativa alle bevande zuccherate commerciali? È accessibile e può essere consumata ogni giorno? L’acqua di cocco di Ococo è la soluzione (qui il sito). Ne abbiamo parlato con Rocío Manrique, imprenditrice e ideatrice del brand: “Chi sceglie la nostra bevanda lo fa perché vuole portare nel suo punto vendita un prodotto particolare, che rappresenta uno stile di vita differente”. Sostenibile, etica e con alti valori nutrizionali, l’acqua di Ococo va bene per tutti. Per questo, sottolinea Rocío, berla significa calarsi in un’esperienza, “perché dipende dal tuo stile di vita: se sei una mamma, se sei uno sportivo o una modella che vuole rimanere in forma”. Poi ci ha raccontato di come questo progetto le abbia permesso di incontrare anche Naike Rivelli e Ornella Muti, delle difficoltà di comunicare il concetto che sta dietro al prodotto, l’avvicinamento di una nicchia e smonta un’idea: che la vita sana è noiosa. Ecco Ococo, partner di MOW per la Festa del cinema di Roma.
Rocío, qual è l'idea che sta alla base di Ococo?
L'acqua di cocco è molto comune nei paesi tropicali del Sud America, soprattutto in Brasile, e in Asia, ed è la bevanda più bevuta in quei paesi, perché fa tantissimo caldo, quindi lì il recupero dei sali è un bisogno importante. Diversi anni fa la Fao (Food and agricolture organization) ha fatto degli studi sull'acqua di cocco e sono stati i primi a dichiarare che è l'alternativa naturale alle bevande energetiche.
Questo perché?
Perché l'acqua è molto ricca di sali, soprattutto di potassio e magnesio. Per questo gli sportivi la usano di più, perché hanno bisogno più velocemente di recuperare i sali che perdono con l’attività fisica.
Tu come ti sei avvicinata a questo prodotto?
Il nostro marchio, Ococo, è nato a Roma, a Trastevere. Io sono convinta che l’acqua di cocco porti la persona a compiere un’esperienza. Perché ognuno di noi ha una sua storia, una sua particolarità. Nel mio caso, l’interesse è scaturito da una forte carenza di magnesio quando sono rimasta incinta per la prima volta. E l'acqua di cocco mi ha aiutato molto, mi sentivo meno fiacca, più forte, più energetica. Per questo dico che non è fatta solo per gli atleti, ma anche per le persone adulte. Con l’età il bisogno di bere diventa meno spontaneo, devi forzare un po' il tuo corpo a bere liquidi, e ovviamente l’acqua va benissimo. Però quella di cocco non è soltanto dissetante, ma reintegra i sali che il corpo traduce in energia. In questo senso è un’esperienza, perché dipende dal tuo stile di vita: se sei una mamma, se sei uno sportivo o una modella che vuole rimanere in forma.
E a chi la considera una bevanda grassa cosa diresti?
Quando il cocco è giovane e tenero, il suo liquido è ricco di elettroliti, e non contiene grassi. Man mano che il frutto o la noce matura, il liquido si riduce e si sviluppa una polpa bianca e grassa, da cui si ricavano atri buonissimi prodotti come l’olio di cocco.
Grazie a Ococo hai conosciuto anche Naike Rivelli e Ornella Muti, giusto?
Sì, questa è una storia bellissima. Naike è stata una delle prime persone, dieci anni fa, a chiamarmi quando ancora i social non erano ciò che sono oggi. Lei era appena tornata dal Brasile, perché aveva avuto un'operazione e nell'ospedale dove stava recuperando gli davano tutti i giorni da bere l'acqua di cocco. Lei ha vissuto tutto il nostro processo di crescita.
E con il cinema più in generale che rapporto c’è?
Nel cinema, ovviamente, l'immagine è molto importante. Credo ci sia una differenza tra chi cura il suo corpo con attenzione, invecchiando, per così dire, con responsabilità, e chi invece esagera in certe cose.
Un personaggio che incarna questo concetto?
I miei figli sono molto appassionati del calcio, quindi un po’ lo seguo anche io. Ricordo l’intervista in cui Cristiano Ronaldo ha spostato la lattina ci Coca Cola da davanti a sé. Lì vedi proprio l’attenzione per il proprio stile di vita. Io non sono una persona sportiva, che va a correre tutti i giorni, semplicemente cerco di mangiare sano. In Italia è anche più facile, perché di per sé si mangia più sano, però il mondo delle bevande è molto difficile. Anche chi vende acqua di cocco non sempre dice il vero, perché magari aggiunge lo zucchero, usa claim accattivanti, seguono le mode, quando in realtà dal punto di vista nutrizionale c'è poco.
In cosa è diversa Ococo?
È un prodotto fair trade, che vuol dire che la mia acqua di cocco proviene dal lavoro di persone pagate in maniera corretta. Chi lavora con Ococo, sia piccole che grandi aziende, non guadagnano immediatamente, come accadrebbe con altri brand con marginalità maggiori. Si tratta di sposare un’idea di vita. Questa è la cosa più difficile da trasmettere, ma noi nel nostro piccolo ci stiamo provando.
Adesso non c’è una maggiore consapevolezza, un’attenzione diversa al fitness o alla salute del corpo?
Devo dire che c'è una nicchia più sensibile. Io conosco la famiglia di Ornella Muti: loro sono sensibili a tutto quello che circola nell'alimentazione, perché è la loro vita e non è solo una questione di immagine. C’è poi chi collega l’idea di una vita sana a qualcosa di noioso. Anche questo è sbagliato.
Ococo si vende solo online o si può acquistare in negozi fisici?
Collaboriamo con una varietà di negozi. Il primo cliente è stato un negozio di Trastevere, i cui proprietari avevano anche un bar e il ristorante. Erano tutte donne. Io abitavo vicino a loro ed è lì che è nato il progetto. Dietro casa mia c'era un'azienda che ci ha fatto il marchio, il logo e noi già allora lavoravamo da remoto, una cosa che oggi, dopo il Covid, sembra scontata. Poi c’è stata la Fao e persino un supermercato in Vaticano. Io ho sia piccoli che grandi clienti, però sono le persone che scelgono. Chi lavora con me lo fa perché vuole portare nel suo punto vendita un prodotto particolare, che rappresenta uno stile di vita differente. Poi lavoro con Esselunga, Autogrill: piccoli e grandi, ma sensibili.
Una caratteristica fondamentale, per te, che l’acqua di cocco possiede?
L’acqua di cocco ti conquista lentamente, ma poi diventa parte di te, la puoi bere tutti i giorni.
Quando hai capito che potevi creare un progetto come Ococo?
Per un periodo ho lavorato a Londra, all’ambasciata peruviana, dove ho conosciuto il mondo delle aziende, compresi i loro obblighi nei confronti della società, però non sono un’esperta. Sono brava a trovare persone che mi aiutano a fare le cose che io non so fare; questa forse è la qualità che mi ha permesso di rimanere in questo mercato dieci anni. Con Ococo magari non ottieni lo stesso tipo di guadagno che avresti con una bevanda diversa, però guadagni un consumatore, coinvolgi una nicchia di persone.