Da diversi mesi il Nepal è alle prese con una spinosa faccenda sanitaria: la diffusione della febbre dengue, nota anche con il poco raccomandabile nome di “febbre rompiossa” a causa dei forti dolori alle gambe e alle articolazioni provocati. I bollettini parlano di più di 39mila persone contagiate da questa malattia virale e di 20 vittime dall’inizio dell’anno. Altre situazioni delicate si registrano in Bangladesh, con 239.614 casi e 1.169 morti da gennaio, e India, con più di 11mila infezioni nello stesso lasso di tempo. Ora che il Covid sembrerebbe essere un dossier archiviato, i riflettori sono puntati sulle zanzare, i nuovi nemici pubblici numeri uno. La dengue, infatti, si trasmette agli esseri umani attraverso la puntura di zanzare femmine infette del genere Aedes Aegypti e si trova soprattutto nei climi tropicali e subtropicali. Perché interessarsi a simili epidemie localizzate nel sud-est asiatico? Primo: il cambiamento climatico - unito ad altri fattori come gli spostamenti delle persone, l’urbanizzazione e i problemi igienico-sanitari - ha contribuito alla diffusione della popolazione delle zanzare portatrici del virus. Secondo: complice l’aumento delle temperature, i Paesi che prima avevano a che fare con virus del genere solo in determinati momenti dell’anno adesso non possono più dormire sonni tranquilli, mentre quelli che non ne avevano mai sentito parlare iniziano a conoscere le nuove minacce. Insomma, non solo le zanzare vivono più a lungo, per più mesi, ma specie sconosciute fanno capolino in latitudini impensabili.
I “virus delle zanzare”
A giugno, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha spiegato che quasi la metà della popolazione mondiale si trova teoricamente a rischio dengue, e che i casi di questa malattia sono aumentati di otto volte tra il 2000 e il 2022. È vero, circa il 70% dei casi si è verificato in Asia, ma le prime avvisaglie che qualcosa si sta spostando verso ovest sono già arrivate. Secondo gli ultimi dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), la specie di zanzara Aedes albopictus, un noto vettore di virus chikungunya e dengue, si sta affermando a nord e a ovest dell'Europa, così come un’altra specie, la Aedes Aegypti, nota per trasmettere dengue, febbre gialla, chikungunya, zika e virus del Nilo occidentale, è stata rilevata a Cipro dal 2022 e potrebbe continuare a diffondersi in altri paesi europei. In Italia, è stato rilevato a Trieste il primo caso di dengue. C’è il rischio di ritrovarsi alle porte una nuova epidemia, o peggio pandemia, causata dalle zanzare e favorita dal cambiamento climatico?
Il rischio di nuove epidemie
“Una delle frontiere delle prossime pandemie coinciderà con le malattie trasmesse da artropodi. Quali malattie? Impossibile prevedere se si tratterà di chikungunya, Nipah, West Niles o altro”, ha spiegato a MOW Emanuele Montomoli, responsabile scientifico di VisMederi srl e professore ordinario di igiene e sanità pubblica presso l’Università di Siena. Per artropodi intendiamo quel gruppo di animali invertebrati che comprende circa i 5/6 delle specie finora classificate, compresi insetti, zecche, ragni, acari. E zanzare, ovvero il vettore che al momento è finito sotto i riflettori. “Complici i cambiamenti climatici, esistono zone del mondo dove è in corso l’adattamento all’ambiente di nuove specie di zanzare. Non serve fare esempi troppo lontani. Il fatto che in Italia, e in Europa, siano stati rilevati casi di infezione dal virus del Nilo occidentale, dipende dall’arrivo e dall’adattamento nella regione della cosiddetta zanzara tigre, che prima era del tutto inesistente alle nostre latitudini”, ha proseguito Montomoli, sottolineando, nel caso italiano, il clima decisamente più umido e l’aumento dei mesi caldi. “È in uno scenario del genere che si creano le condizioni che consentono a vettori artropodi prima sconosciuti di trasmettere malattie nuove per una popolazione vergine. Prendiamo il West Nile virus. Viene dall’Egitto, e la popolazione locale è abituata a contrarre questa specifica malattia. I rischi sono dunque ridotti. Ma il discorso cambia notevolmente se questo stesso virus dovesse agire in Francia o in Finlandia dove, appunto, incontrerebbe una popolazione pressoché vergine”, ha chiarito ancora l’esperto.
Cosa fare?
La domanda più importante, dunque, è una: che cosa fare per evitare, o meglio prevenire, una possibile emergenza sanitaria scatenata da malattie pressoché inedite per la popolazione europea? “Vede, l’epidemiologo ragiona con tre tasselli: il serbatoio, la sorgente e l’ospite. Di Sars-CoV-2 conoscevamo l’ospite, e cioè l’uomo, ma non serbatoio e sorgente. In questo caso sappiamo che la sorgente coincide con le zanzare o altri insetti, il serbatoio con l’ambiente e, ancora, con gli stessi artropodi, mentre l’ospite con l’uomo. Possiamo quindi lavorare su più fronti. Il più logico: effettuare interventi di disinfestazione ambientale per reprimere le zanzare e render loro la vita più difficile. Una volta che sappiamo che il virus è trasmesso dalla puntura di un insetto, è fondamentale effettuare una campagna contro quell’insetto”, ha aggiunto Montomoli. Tornando nel sud-est asiatico, gli insetti vettori si stanno spostando lungo l’Himalaya a causa dell’aumento del riscaldamento, e così anche le malattie che trasportano. Non solo dengue: da un momento all'altro si possono così verificare epidemie di chikungunya, di encefalite giapponese e di Zika. Quanto può impiegare questo virus a diventare endemico anche da noi? “Ci sono già dei casi di dengue anche in Europa, certo, ma la loro espansione è nulla perché da noi non c’è ancora una presenza importante del vettore, così come mancano le condizioni climatiche ideali per favorire lo sviluppo di certe zanzare. Attenzione però, perché in caso di improvvisi cambiamenti climatici si creano ambienti favorevoli per il loro stanziamento e la loro riproduzione. Allora sì che potrebbe crearsi un cluster importante, con annessa epidemia di dengue”, ha aggiunto Montomoli. Ma dove potrebbe verificarsi, nello specifico, qualcosa del genere? “Considerando le condizioni climatiche, l’Italia, tra i Paesi europei, è uno di quelli che rischia di più, così come Spagna, Grecia e tutte le altre nazioni dell’area mediterranea”, ha risposto l’esperto. Esistono vaccini per combattere malattie del genere? “Ci sono, ma nel caso dei virus trasmessi da vettori artropodi la prevenzione è fondamentale”. Meglio prepararsi in tempo.