I mercati azionari di tutto il mondo sono in preda al panico. Sanno quali sono le cause che hanno scatenato la “tempesta perfetta”, la stessa che ha bruciato miliardi e miliardi di dollari, tra perdite e tracolli clamorosi che hanno interessato le principali Borse del pianeta, ma non sono ancora sicuri che il peggio sia alle spalle. Certo, oggi il risveglio è stato migliore del "lunedì nero" che ha spinto guru, esperti e analisti della finanza a dividersi in due schieramenti: da una parte chi invocava l'avvento di una nuova crisi economica sul modello 2007-2008, dall'altra chi tranquillizzava i comuni mortali, spiegando che no, non serviva andare nel panico. Dove sta la verità? E, soprattutto, cosa diavolo è successo? In termini per niente tecnici e molto colloquiali, iniziamo col dire che la Borsa funziona come un grande Bazar. Solo che, acquirenti e venditori, non si scambiano piatti o souvenir bensì titoli di aziende, ovvero le quote di proprietà che contraddistinguono quelle società “quotate in Borsa”, appunto. La merce coincide insomma con azioni ma anche obbligazioni, fondi, certificati e materie prime. Il funzionamento è altrettanto intuitivo: se ci sono tante persone – investitori privati, banche o grandi gruppi - che vogliono acquistare un certo titolo azionario, e queste sono più numerose di quelle che vogliono venderlo, allora il prezzo di quell'azione sale alle stelle. Al contrario, quando l'offerta supera la domanda, il prezzo scende, i titoli perdono valore, i listini piangono, i miliardi vanno in fumo. La Borsa, in sostanza, è un grande gioco con le sue regole.
Il crollo delle Borse può arrivare dal niente o essere conseguenza di più fattori giudicati negativi dagli investitori. Ed è questo che è appena accaduto. La scossa numero uno è arrivata dagli Stati Uniti: il timore più evidente è che l'economia Usa sia in condizioni molto peggiori di quanto non si potesse pensare, come dimostrerebbe l' inaspettato aumento del tasso di disoccupazione registrato dai dati diffusi lo scorso venerdì. Il Bureau of Labor Statistics ha riferito che l'economia statunitense ha creato solo 114.000 posti di lavoro a luglio, molto meno del previsto, e che il tasso di disoccupazione è balzato al 4,3%. Sebbene non si tratti di per sé di un tasso di disoccupazione malsano, la sua improvvisa impennata è allarmante. Se consideriamo, poi, che gli economisti di Goldman Sachs hanno aumentato le probabilità di una recessione del Paese nei prossimi 12 mesi a una su quattro, ecco che tutto questo ha spaventato i mercati. Arriviamo alla causa della scossa numero due: ci si aspettava che la Fed, ovvero la banca centrale americana, abbandonasse la serie di aggressivi aumenti dei tassi per iniziare a tagliarli, così da spingere verso l'alto i profitti aziendali. Ebbene, la Fed non ha tagliato i tassi e la Borsa ha “punito” la sua decisione. Scossa numero tre: negli ultimi due anni le azioni erano salite alle stelle anche a causa delle grandi scommesse sulle aziende tecnologiche coinvolte nell'intelligenza artificiale. Era un'idea diffusa che l'intelligenza artificiale avrebbe dato vita a un'altra rivoluzione industriale globale. Ma i profitti dell'AI sono sostanzialmente inesistenti, e la tecnologia è ancora indietro. I trader stanno iniziando a "srotolare" le grandi operazioni su Apple, Nvidia, Microsoft, Meta, Amazon, Alphabet e altri titoli hi-tech, e - scossa numero quattro - persino Warren Buffett, CEO di Berkshire Hathaway e notoriamente una forza calma quando i mercati impazziscono, sta abbandonando la tecnologia. Buffett, per la cronaca, ha appena venduto metà della quota Apple di Berkshire, lanciando l'ennesimo segnale preoccupante.
Nel frattempo, la Banca centrale giapponese ha aumentato i tassi sulla valuta nazionale, lo yen, per la prima volta da 15 anni. Dal momento che, quando si aumentano i tassi sulla valuta, questa si apprezza, la mossa di Tokyo ha messo nei guai il mercato nipponico che si è sempre notoriamente affidato all'export. Risultato: tonfo pure per le Borse asiatiche, ancoratissime al dollaro. E allora? Gli investitori mondiali hanno fatto un paio di calcoli e hanno iniziato a vendere petrolio, criptovalute e soprattutto azioni tecnologiche, per riversarsi in porti sicuri come le obbligazioni. Pochi, al momento, parlano di crisi alle porte. Anche se è fondamentale monitorare cosa accadrà da qui ai prossimi mesi, in primis capire chi vincerà le elezioni presidenziali Usa. “Una cosa da non fare: farsi prendere dal panico. Questo non è un crollo del mercato. Non ancora, comunque. Gli investitori sono nervosi, ma non in preda al panico. La disfatta di lunedì, se finisse ai livelli attuali, non entrerebbe nemmeno nella top 100 dei peggiori giorni nella storia del mercato”, ha scritto la Cnn. C'è però una domanda alla quale nessuno sa rispondere: quanto durerà questa paura prima che gli investitori percepiscano un'opportunità di acquisto?