Donato Ammaturo è stato tirato in ballo da Fedez sulla scia della copertina che L’Espresso ha dedicato a Chiara Ferragni in modalità Joker. Il petroliere e imprenditore dell’energia che guida un importante gruppo, Ludoil, dal 1994, è finito sotto il fuoco del cantante e marito dell’imprenditrice digitale e della moda per una sua presunta ambiguità di fondo. In sostanza: L’Espresso di cui Ammaturo è da fine 2023 editore principale si concentrerebbe su piccole questioni dimenticando le grandi partite in cui il suo titolare si troverebbe coinvolto. Fedez ha postato alcuni screenshot di articoli del Domani, a firma del giornalista Nello Trocchia, finito alla ribalta delle cronache nelle scorse giornate per il famoso “caso dossieraggio” in cui è indagato ma da tempo per i lettori del quotidiano di Carlo De Benedetti puntuale autore di cronache e scoop legati all’attualità politica, economica e giudiziaria, e di Giovanna Tizian. Fedez ha postato passaggi in cui si cita un’indagine della procura di Catanzaro sul clan del boss Luigi Mancuso in cui il nome di Ammaturo viene tirato in ballo in un’intercettazione in cui Giuseppe D’Amico, imprenditore accusato di essere prestanome del clan, condannato con Mancuso a 30 anni a dicembre nel caso “Petrolmafie”, indicava l’imprenditore di Ludoil come un sostanziale prestanome dei casalesi. Fedez pone questi passaggi come simbolo del torbido in cui Ammaturo si muoverebbe e che renderebbe la testata d’inchiesta per eccellenza del giornalismo italiano meno credibile. Bisogna però specificare che Ammaturo non risultava allora indagato e nemmeno, a quanto ci risulta, lo è oggigiorno per alcun reato legato al filone Petrolmafie. Del resto, non è infrequente che le organizzazioni criminali tirino in ballo, con cognizione o meno di causa, nomi noti dell’imprenditoria e della finanza. E un’intercettazione che non è stata ad oggi definita come elemento probatorio o d’indagine non fa testo. Così come non risulta indagato nel filone che vede coinvolto Marcello Minenna, ex direttore dell’Agenzia delle Dogane, con cui Domani ricorda Ammaturo e Ludoil fossero legare. Al contempo, le accuse di Fedez gettano indubbiamente un faro sull’editore de L’Espresso. Figura che a lungo si è tenuto lontano dalla mondanità e dal jet-set pur avendo rilevato definitivamente dal vecchio editore Danilo Iervolino, patron della Salernitana, la testata per eccellenza del mondo dell’inchiesta italiana, quella che fu di mostri sacri come Giuseppe D’Avanzo.
Ludoil ha comprato L’Espresso da Bfc Media di Iervolino, con il quale condivide l’ascendenza campana, tramite la Alga srl. Spiegavano Trocchia e Tizian: “La srl Alga è sempre di proprietà di Ammaturo, che tramite il gruppo Ludoil possiede più di 150 stazioni di carburante e vanta alcune convenzioni con Eni: dal colosso di stato, per esempio, ha acquistato nel 2018, tramite la controllata Sodeco, il deposito di carburante di Civitavecchia e l’oleodotto che lo connette allo stoccaggio destinato al rifornimento degli aeroporti di Roma Fiumicino e Ciampino”. Una figura chiave nel gruppo Ludoil che coordina le operazioni di Ammaturo è Rodolfo Errore, manager vicinissimo all’ex premier Massimo D’Alema che è stato fino al 2022 presidente di Sace, la società assicuratrice del credito estero passata in quell’anno dal controllo di Cdp al diretto supervisionamento del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Errore e un ex partner di Ernst & Young, multinazionale della consulenza, e nel 2021 Dagospia ha ricordato come proprio il management questo gruppo fosse strettamente connesso all’ex premier. Si scriveva nel 2021 su InsideOver: “D’Alema, nota Dagospia, ha inaugurato un nuovo canale di contatto con il mondo di oltre Atlantico assumendo la guida del board di consulenti di Ernst&Young Italia. Ey, società di consulenza britannica, è ben inserita nel contesto finanziario e imprenditoriale statunitense e nel nostro Paese vanta una presenza diffusa. Non è sfuggito a Dagospia il fatto che di recente Donato Iacovone, capo di Ernst & Young Italia, sia diventato il presidente del gruppo infrastrutturale Webuild-Salini Impregilo (partecipata di Cdp), mentre a novembre 2019 Rodolfo Errore, già partner di Ey, è finito in Sace con il ruolo di presidente”, e dopo l’incarico ha assunto la guida della holding Luce, controllata di Ludoil per le rinnovabili, e di direttore generale del gruppo stesso di Ammaturo. Nel cda de L’Espresso, peraltro, Errore risulta vicepresidente da fine 2023, secondo di Gianluca Ianuario, importante commercialista napoletano, già ufficiale della Guardia di Finanza, a lungo ispettore della Covisoc, l’organo della Lega Calcio che verifica le adempienze finanziarie dei club di Serie A, B e C. Un nome “tecnico” per la presidenza. A cui si affianca un amministratore delegato che è nome di peso del giornalismo e della politica italiana: Emilio Carelli, tra i “cavalieri fondatori” del Tg5 berlusconiano prima e di SkyTg24, di cui è stato direttore, poi, deputato dal 2018 al 2021 come esponente dei Cinque Stelle prima e come indipendente centrista poi.
Ammaturo, dunque, appare una figura con legami bipartisan e su cui è indubbia una grande novità, che conferma il trend di Iervolino: sta finendo, o è definitivamente finita, l’identificazione de L’Espresso con la sinistra progressista, identitaria e valoriale. Ora la nuova proprietà unisce e vincola centrali d’interesse bipartisan, diverse e con una linea editoriale tutta da chiarire. Figure come Errore e Carelli ricordano che nella testata simbolo del mondo dell’inchiesta italiana c’è spazio per una convergenza, tutta romana, à la Dagospia, tra sistemi provenienti da aree politiche e culturali diverse. E che anche il settimanale più noto d’Italia è pronto a cambiare. Fedez, prendendo per prove definitive degli stralci d’articolo, si chiede nelle storie “a quando un’inchiesta” sull’editore-petroliere campano. Ci verrebbe da chiedere se L’Espresso che Ammaturo ha in mente sia ancora, per la necessità di compenetrare interessi diversi, potenzialmente capace di essere una testata dedicata alle inchieste o se la linea cambierà. Ai posteri l’ardua sentenza sul futuro di un settimanale che ormai vive di gloria (o di rabbia, come quella del duo Fedez-Ferragni) riflessa. Ed è da anni l’ombra di sé stessa. A prescindere dal nome dell’editore.